Recupero Password
Confronto sul lavoro e progettazione del futuro tra il sindaco di Molfetta Paola Natalicchio ed Ermanno Bencivenga
01 novembre 2015

MOLFETTA - L'imprenditore ed editore italiano Carlo De Benedetti, durante un'intervista presso "Che tempo che fa", programma televisivo in onda su Rai 3, ha affermato che nel mondo sono disponibili 2 miliardi e mezzo di posti di lavoro ma sono 4 miliardi le persone che cercano lavoro. Questo significa che oggi bisogna essere sempre più preparati e multitasking per poter essere preferiti ad altri nella corsa all'occupazione, cosa stiamo aspettando per cambiare le cose?

Di lavoro ma anche di molto altro si è discusso nell'incontro tra la giornalista e sindaco di Molfetta Paola Natalicchio ed il prof. Ermanno Bencivenga, ordinario di filosofia presso l'Università della California, scrittore e collaboratore de 'Il Sole -24 Ore', tenutosi nella Sala Finocchiaro della Fabbrica San Domenico, in occasione della ripubblicazione dell'opera di quest'ultimo "Manifesto per un mondo senza lavoro". La promozione di questo dialogo è stata a cura della casa editrice La Meridiana e dell'Associazione Comitando.

Il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1999 ed il prof. Bencivenga ha deciso di ripubblicarlo quest'anno perchè crede ancora nella valenza del messaggio diffuso da questa opera. D'altronde lui stesso ha affermato di non scrivere mai "istant books" ovvero libri dal contenuto applicabili solo in un certo periodo, ma anzi ha sempre pensato di aver scritto libri che predicevano situazioni future e quindi non sempre comprensibili al prima lettura, come ad esempio successe nel 1995 quando ne "Giocare per forza" aveva predetto i rischi dell'utilizzo di Internet.

"Manifesto per un mondo senza lavoro" è l'elaborazione di un utopia politica che ha alla base la creazione di una nuova antropologia, prima ancora di una nuova economia ed una nuova politica. Diverse antropologie nel mondo, infatti, vedono l'essere umano semplicemente come individuo che entra in contatto con altri ed il meglio che ci si possa aspettare è che gli individui in comunità non si facciano troppo male tra loro. Da qui derivano le teorie economiche che influenzano anche quelle politiche: il comprare per forza cose che sembrano indispensabili ma che non lo sono, con soldi che non si hanno, ad esempio. La ricerca dell'equilibrio tra produzione e bisogni è sempre stato cercato nei preriodi di crisi per tornare alla ricchezza, oggi invece vige la sovrapproduzione ma sono pochi ad accorgersi che il mercato non è più capace di assorbire sempre più produzione. Bisognerebbe fare un passo indietro e produrre solo ciò che può essere consumato.

Il tempo libero, in un periodo in cui il lavoro non c'è per tutti, è uno dei temi trattati dal libro. La teoria di Bencivenga vede uno spiraglio di speranza nella creazione di rapporti di comunicazione ed interscambio tramite la libera professione delle proprie passioni. Ciascuno di noi, infatti, è il luogo di un incontro e già questo diventa un problema di ordine politico visto nella comunità. Bisognerebbe pensare all'altro come la forma di più grande ricchezza (più si ascolta e più s'impara) in modo tale da non  perdere di vista l'importanza dell'individuo davanti alla comunità. Se la politica ragionasse in questo modo  potrebbe pensare ad una nuova economia e smetterebbe di essere mera amministrazione.

A questo punto la Natalicchio è intervenuta facendo un'analisi soggettiva dell'opera, affermando che questo viaggio complesso ed affascinante, inizialmente cupo ma che poi sfiora il visionario, richiama un po' la sua storia, dalla candidatura a sindaco alla suo lavoro quotidiano nella politica dell'inconcepibile che diventa possibile, nel forte desiderio di conversione del modello dello sviluppo, teorizzato da Bencivenga. Ha detto di vedere nella parola "piano", presente nel libro, una keyword non solo del'opera ma anche del suo lavoro perche fa pensare ad una progettazione seria e quindi ad un tempo lungo. Il ritornello è che abbia ragione Hobbes quando affermava che l'uomo mangia l'altro uomo, che la competizione è competizione ma lei sta provando con uno sforzo, tutt'altro che romantico, a fare un inversione ad U, non molto semplice. Ciò che ha lasciato perplessa la Natalicchio circa lo scritto di Bencivenga è la difficoltà se non l'impossibilità di tradurre la sua teoria in una simulazione di scenario e quindi in pratica.

Il professore ha quindi affermato di essere appunto un teorico, nonostante nella vita di tutti i giorni si ritenga un uomo pratico, e che quindi non sta a lui dire come applicare la sua teoria politica nel quotidiano. Secondo lui, ha continuato, bisogna soffermarsi sul significato della parola 'lavoro' oggi a suo dire snaturato, come anche quelli delle parole 'libertà' e 'liberismo'. L'opposizione tra gioco-lavoro è per lui sbagliata (concetto affermato sulla base della differenza posta da Aristotele tra poièsis e pràxis). Il gioco ed il lavoro devono essere la stessa cosa e la dignità dell'uomo prescinde dal lavoro perché bisognerebbe smettere di vedere l'uomo solo come una cosa che serve.

In disaccordo la Natalicchio ha affermato che proprio in questo difficile periodo in cui intere generazioni stanno facendo i salti mortali per poter trovare un lavoro dignitoso grazie al quale metter su famiglia, stanno provando a reinventarsi, ad autoprodurre ad autofinanziarsi non sia possibile parlare di scissione dei binomi lavoro-dignità e lavoro-benessere.

Bencivenga ha risposto paragonando il presente agli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale quando i nostri nonni sono stati costretti a ricominciare da zero, così come tocca a noi oggi. Il problema, secondo il professore, è sorto a partire dall'agire di quella generazione di mezzo tra noi ed i nostri nonni, ovvero quella dei nostri genitori (la sua generazione) che nati negli anni del boom economico, sicuri del loro status, hanno peccato di pessima progettazione.

Difficile giungere ad una conclusione di questo dibattito perché significherebbe aver trovato la soluzione a tutti i nostri problemi invece oggi penso che calzi a pennello la frase di Serge Latouche: "Dove andiamo? Dritti contro un muro. Siamo a bordo di un bolide senza pilota, senza marcia indietro e senza freni, che sta andando a fracassarsi contro i limiti del pianeta".

Autore: Daniela Bufo
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet