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Confitti non sconfitti
15 aprile 2020

Non avremmo mai immaginato di vivere giorni come questi. “Si fece buio su tutta la terra”: all’improvviso. Così è stato, così è. La pandemia ci ha fatto vivere il cambiamento. E ora, solo ora, capisco perché mi faceva paura quel “cambiamento d’epoca” che più volte abbiamo ripetuto. Epoca di cambiamenti sì, ma ad un cambiamento d’epoca non eravamo pronti: cambiar pagina, cambiar registro proprio no! Abbandonare le nostre certezze costruite nei secoli, liberarsi d’emblée delle nostre sicurezze. Nuove sfide, nuovi giorni con tanti punti interrogativi. Il vecchio è stato travolto. Davanti ai nostri occhi sfide nuove, ma già annunciate: la fame nel mondo, le guerre, i disastri ambientali. Il primo ventennio del secolo scorso aveva conosciuto il conflitto mondiale e una pandemia, la spagnola. Ci sembrava essere al riparo da tutto ciò. E invece la terza guerra mondiale, a pezzi ma sempre mondiale, ed una nuova pandemia (che solo un vaccino e non altro potranno debellare!) stanno caratterizzando il primo ventennio di questo secolo. Dio sa quanto avremmo desiderato non far vivere ai nostri figli e ai nostri padri questi giorni. Ma Dio sa anche, e noi con Lui, che nulla abbiamo fatto per evitare queste sofferenze: la catastrofe ecologica determinata dalle guerre e dalla economia estrattiva, la distruzione delle biodiversità, lo smantellamento del welfare e della sanità pubblica, un impero della morte sempre più invadente con investimenti tanto ingenti quanto occultati (chi sa oggi che un F35 costa 2.000 posti letto di una terapia intensiva? Chi sa ancora che un solo casco per F35 ha il modico (!) costo di euro quattrocentomila?), risorse sottratte alla ricerca, alla salute, alla istruzione, ai poveri di questo mondo. A pagare il prezzo più alto di questa pandemia ad oggi sono i nostri padri. Se ne va in questi giorni la parte migliore di noi, la nostra memoria e la nostra sapienza. Ma anche nella solitudine, che della morte è l’anticamera, sono sicuro che i nostri padri, le nostre madri, hanno dato significato anche alla loro ultima sofferenza, donando gli ultimi momenti della loro vita per il bene della nostra umanità. Per questa umanità avranno pregato nella loro ultima ora e poi anche in quella piazza, piazza San Pietro, apparentemente vuota, hanno pregato insieme a Francesco. No, non era solo quella sera Francesco. Insieme a lui tutti loro a contemplare il Crocefisso miracoloso: Gesù confitto su un versante della Croce e loro confitti sull’altro versante. Confitti ma non sconfitti! Così ci diceva don Tonino che aggiungeva: “la sofferenza tiene in piedi il mondo”! La sofferenza di quanti senza il conforto dei familiari ci hanno lasciato. Ma con il conforto di Cristo perché su quella croce a soffrire c’era anche Lui! Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendo scenderebbe dalla croce. Lui no. Solo un Dio non scende dal Legno, il nostro Dio. Perché i suoi figli non possono scendere (David Turoldo). Ecco perché la resurrezione in realtà, è un mistero interno alla crocefissione: nella condivisione con Lui di quel Legno vi è lo svelamento di questo mistero. E tu caro don Tonino a noi oggi, reclusi in una cella, ci inviti a cercare il cielo in una stanza: “Cella sit tibi coelum”, la cella sia per te come il cielo! Ci hai detto che il mondo è un “villaggio globale” sicché ciò che accade lontano da noi, “è come se si verificasse dietro l’angolo di casa nostra”. Perchè oggi tutto è interconnesso, tutto è relazionato: salute, ambiente, cultura, biodiversità, istruzione, guerra e pace, e sanità! La pandemia che ci sta travolgendo ci ha detto che nessun sistema economico può reggere senza una buona sanità pubblica, che la salute di tutti dipende dalla salute di ciascuno (la salute del re dipende dalla salute del suo suddito!), che deforestazione, allevamento intensivo, crisi ecologiche sono il terreno fertile per ricorrenti pandemie. Attendiamo a giorni il Risorto. Ma attendiamo anche la Resurrezione! La Resurrezione come irruzione di una nuova vita, di una “seconda creazione”. La resurrezione del pianeta e di tutti noi suoi inquilini. Abbiamo capito che con il cosmo e le sue leggi siamo in debito, che il nostro agire politico ha alimentato solo il caos, che la nostra Europa attende ora o mai più di essere fondata (sic!), che il virus ha creato una emergenza globale che deve essere affrontata solo con una politica globale. C’è nel mondo tanta di nostalgia di futuro. A “Maria, donna del sabato santo” Tonino Bello chiede: “Verranno giorni sottratti all’usura delle lacrime? Esistono spazi di gratuità, dove non smetteremo più gli abiti di festa? Santa Maria, donna del sabato Santo.... ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia”. Queste le nostre speranze e le nostre promesse. Giancarlo Piccinni

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