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Comitando: il rischio idraulico sottovalutato dal sen. Azzollini
15 settembre 2016

Sulla mitigazione idraulica e la situazione delle lame a Molfetta, si stanno dicendo e scrivendo un sacco di sciocchezze, da parte di tecnici del bar sport, di esperti del piffero e di politici interessati responsabili del disastro, ma già in campagna elettorale con lo scarica barile su chi si era opposto alle costruzioni sulle lame. Comitando propone una nota, elaborata in collaborazione con il prof. Vito Copertino, esperto conoscitore del fenomeno, che ci permette di capire le responsabilità di chi ha permesso o tollerato questi insediamenti. L’evento alluvionale di sabato 16 luglio conferma lo stato preoccupante di precarietà idraulica in cui versa la gran parte del territorio di Molfetta e svela ancora una volta le responsabilità delle amministrazioni che dagli anni ‘80 si sono succedute fino al 2013. Sono le amministrazioni che hanno collocato l’insediamento dell’area industriale, commerciale, artigianale e della relativa infrastrutturazione stradale in zone agricole, attraversate da un sistema complesso di linee di deflusso idrico, e hanno trascurato di tener conto e valorizzare le lame nelle loro funzioni idraulica, morfologica, naturalistica e paesaggistica, tipiche del carsismo pugliese. Non era scritto che l’esigenza di sviluppare preziose attività economiche dovesse confliggere con la scelta di territori in cui insediare l’area sovracomunale del Consorzio di sviluppo industriale e l’area comunale di attività produttive artigianali insite nel PIP1, nel PIP2 e nel proposto ma inattuabile PIP3. I cittadini sanno che si sarebbe potuto evitare il conflitto della pianificazione comunale, generale (il Piano Regolatore Generale Comunale, PRGC) e attuativa (i Piani di Comparto), con la pianificazione di bacino idrografico già negli ultimi anni del Novecento, e con il Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (il PAI), fino a dopo il 2000, quando l’amministrazione guidata dal senatore Antonio Azzollini prima contestò gli esiti dell’Autorità di Bacino e poi impugnò il Piano Stralcio davanti al Tribunale Superiore delle Acque, con un lungo e ostinato contenzioso, conclusosi con la conferma del PAI. Gli eventi straordinari di piena, esondazione e allagamento a Molfetta sono diventati ordinari, fino a ripetersi ogni anno e in ogni stagione (persino in piena estate), a causa della cancellazione del percorso delle lame, tramite frequenti rilevati stradali, diffuse impermeabilizzazioni, innumerevoli cementificazioni, insufficienti tombinature e larghissime sottrazioni di terreni all’agricoltura, che hanno reso difficile e tuttora impediscono il deflusso a mare delle acque, a volte provenienti dall’entroterra (Terlizzi, Ruvo), a volte derivate da intensi fenomeni locali di precipitazioni zenitali direttamente cadute sul territorio coinvolto. Per nessuna ragione al mondo, e neppure per necessità di nuove edificazioni, si doveva continuare a consumare suolo: l’obiettivo del ‘‘consumo di suolo zero’’, che era nel programma dell’Amministrazione Natalicchio, rimane comunque e a maggior ragione prioritario e irrinunciabile e deve potersi coniugare con la necessaria riqualificazione territoriale, riabilitazione edilizia, recupero delle periferie, valorizzazione paesaggistica, riattivazione delle lame, tutti aspetti contenuti nel Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR). Con una intensa attività amministrativa e scelte qualificanti, delibere e provvedimenti – come l’adeguamento del PRGC al Piano Urbanistico Tematico Territoriale (PUTT), la rinuncia al contenzioso contro l’Autorità di Bacino, l’adeguamento del PRGC al PPTR, l’atto di indirizzo del Piano Urbanistico Generale, PUG, l’attribuzione dell’incarico di progettazione della mitigazione del rischio idraulico in area industriale, la partecipazione alle conferenze di servizi per l’esame della mitigazione in zona ASI – l’amministrazione Natalicchio stava lavorando al ripristino delle lame: prima di tutto evitando nuove offese e precarizzazioni al territorio e alla sua rete idraulica; poi iniziando il difficile recupero del percorso naturale compromesso dagli strumenti urbanistici del passato; infine sostituendo necessari tronchi artificiali con criteri di ingegneria naturalistica ai percorsi non più recuperabili; evitando in ogni modo e il più possibile di concentrare i deflussi in un unicocanale deviatore, impattante e inutile. Per salvare le lame, mitigare il rischio idrogeologico, difendere la città dalle piene e dagli allagamenti, occorre un lavoro di competenze interdisciplinari: idraulica e urbanistica in primis, e poi geologia e storia, agraria ed economia, insieme devono collaborare per abbassare la precarietà di un territorio assai compromesso. Non saranno mai le opere idrauliche da sole (canalizzazioni, deviatori, invasi, arginature, briglie, soglie, tombinature e ripristini delle pendenze) a ridurre la frequenza e l’intensità degli eventi eccezionali. Ed è fuorviante addebitare a una causa lontana, se pur esistente e con cui fare i conti, qual è il cambiamento globale del clima e l’alterazione delle stagioni con la tropicalizzazione del clima, la responsabilità dei disastri che incombono: a volte non sono neppure l’intensità della pioggia o il suo volume responsabili del dissesto idraulico. Questa volta sono bastate le piogge di una giornata, dalla notte tra venerdì 15 e sabato 16 luglio, caratterizzate peraltro da numerosi e brevi scrosci intensi, alternati a intervalli di piovosità nulla. A quanto sembra, ma sarà necessario avere al più presto un ufficiale quadro sintetico di riferimento, l’evento di piena, partito da Ruvo, ha interessato le lame che incombono sulla zona industriale del Consorzio ASI e particolarmente le lame Marcinase, Savorelli, Dell’Aglio. Non si hanno notizie per ora, dell’altra lama di Nord-Ovest (Scorbeto) né di quelle di Centro e Sud-Est (Sedelle, Martina, Cascione e Reddito). I punti critici della lama Marcinase, già segnalati nel PAI, evidenziano tutta la loro pericolosità. Prima di tutto l’invaso che si è formato a ridosso del rilevato stradale di via degli Agricoltori, in prossimità del canile comunale, a causa dell’interruzione del flusso della lama, fino a sfiorare la tracimazione delle acque, dopo il riempimento con profondità di una decina di metri, e fino a provocare un’infiltrazione dal basso che ha allagato i capannoni delle imprese a valle, sfondando muri e causando ingenti danni. Successivamente le strade si sono trasformate in alvei con veloci deflussi pericolosi, fino a raggiungere i territori più depressi. Qui hanno allagato la campagna e, non trovando la via per raggiungere i solchi che portano al mare, hanno stazionato fino al ripristino dell’infiltrazione nel sottosuolo. In una situazione così compromessa e piena di rischi reali, è stata deleteria la sottovalutazione del problema fatta in passato dal senatore Azzollini, quando definiva innocui “ruscellamenti” le lame portatrici di deflussi veloci, per poi convertire la sua attenzione, in direzione di un costosissimo e altamente impattante canalone deviatore, ancora una volta una grande opera. Non è il momento delle sterili polemiche di chiaro sapore elettoralistico, ma è necessario fare scelte rigorose ed efficaci per non ripetere gli errori del passato. Noi intendiamo esprimere la nostra piena e concreta solidarietà alle imprese e ai cittadini che hanno subìto danni enormi dall’evento di piena e sono in attesa dei fondi per l’inizio dei lavori più efficaci e mirati di sistemazione idraulica e mitigazione progressiva del rischio di piena. Saremo attivi nel promuovere iniziative, al fine di contribuire a mitigare il rischio a cui è sottoposto il territorio di Molfetta.

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