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Come si vive il coronavirus a Molfetta? Ve lo racconta la rivista mensile “Quindici” in edicola. Ecco la testimonianza della studentessa Valeria Farinola
03 aprile 2020

MOLFETTA – Come si vive il coronavirus a Molfetta? E’ l’inchiesta che la rivista mensile “Quindici” in edicola propone ai propri lettori.

Ecco lo stralcio di una testimonianza della studentessa universitaria di 19 anni, Valeria Farinola:

«Ogni volta che accendo la radio in macchina o digito una "c" su Google mi compare automaticamente la parola "coronavirus". Io cerco di dare ascolto solo a ciò che apprendo dal telegiornale o da articoli che leggo su testate importanti, che sicuramente pubblicano notizie ufficiali. Personalmente, ogni volta che ne sento parlare o che qualcuno mi dà qualche notizia, mi accerto sempre di quale sia la fonte, proprio perché è più facile trovare notizie false e assurde che realmente attendibili.

Sto cercando di stare attenta ai piccoli gesti che si compiono senza pensarci su, come ad esempio l'avvicinare le mani non lavate alla bocca. Del resto, le misure che si possono adottare in questi momenti sono quelle del buon senso che adottiamo tutti i giorni: di conseguenza non credo che questa emergenza modifichi molto le mie abitudini o i miei gesti quotidiani.

Pare che il coronavirus abbia raggiunto la nostra regione, ma anche prima che questo accadesse il panico regnava sovrano un po' ovunque. Da quando il problema si è avvicinato sempre di più si è sentita imminente la paura (un po' egoisticamente, ma direi che è anche normale che sia andata così).

L'allarmismo esagerato e la banalizzazione sono entrambe strade che non portano a nulla di positivo, per cui è importante non perdere la testa e ragionare razionalmente.

Credo che per buona parte le azioni vengano anche dettate dalla personalità di ciascuno: siamo tutti diversi e reagiamo tutti diversamente davanti a problemi del genere, non si può imporre di non provare ansia o paura come non si può imporre il contrario. Credo che gli elementi che non dovrebbero mai abbandonare nessuno siano il buonsenso, la responsabilità nei confronti degli altri e di se stessi e la lucidità nell’attenersi solo a notizie accertate. Il virus è pericoloso per il solo fatto che non lo si conosce abbastanza bene, ciò che può causare non è prevedibile né si conosce una vera e propria cura specifica e questo ovviamente genera insicurezza.

Direi quindi che è un circolo vizioso causato esclusivamente dall'ignoranza. Ho fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale e nelle istituzioni, anche Paesi esteri si sono complimentati con il sistema italiano per la risolutezza delle azioni e per l'efficienza del servizio offerto a connazionali e non.

Credo che le misure possano essere affinate, magari limitando maggiormente gli scambi e gli spostamenti all'interno del nostro Paese e verso l’estero.

Per quanto riguarda la paralisi delle attività, soprattutto quelle produttive, si tratta di un grave danno che, se per certi versi è inevitabile, per altri potrebbe essere limitato, adottando soluzioni telematiche in grado di non arrestare completamente il sistema».

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