MOLFETTA – Il Partito Democratico di Molfetta ancora più nel caos. “Quindici” ancora una volta è stato facile profeta. Da mesi avevamo parlato del gioco del segretario del partito Piero de Nicolo della pantomima delle dimissioni annunciate, ma mai rese operative, che ora ha finito per distruggere definitivamente il partito. E tutto questo nel silenzio più assoluto e nella connivenza del segretario Provinciale Ubaldo Pagano, altro artefice della distruzione dell’amministrazione di centrosinistra di Paola Natalicchio nella quale aveva la maggioranza. Silenzio anche da parte del segretario regionale Marco Lacarra, uomo di Michele Emiliano. Anche quest’ultimo ha lasciato che il partito finisse in pezzi e cadesse un’amministrazione a maggioranza Pd, senza muovere un dito, anzi forse contribuendo alla sua caduta.
Del resto il Pd è noto per mettere in crisi le proprie amministrazioni: non dimentichiamo quanto è avvenuto a Barletta dove più volte il sindaco Pasquale Cascella è stato sul punto di dimettersi per la seconda volta.
Dopo aver perduto metà del partito in occasione della candidatura di Guglielmo Minervini alle elezioni regionali, De Nicolo, la cui scarsa propensione al dialogo e al confronto è nota, come è provata la sua intolleranza alla stampa non amica, poco disposta ad accettare le sue veline, ora è arrivato a perdere anche i Giovani democratici, che hanno sferrato un attacco molto duro nei suoi confronti, parlando anche di agonia del Pd e accusandolo di essere attaccato alla poltrona.
Ecco il loro comunicato: «E' sconcertante percepire ancora sensazioni di ordinaria agonia del Partito Democratico molfettese.
E’ da diversi mesi che il circolo PD di Molfetta vive una situazione di precarietà e di inoperosità dovuti alle annunciate, ma mai formalizzate, dimissioni del segretario cittadino che ha diretto il partito in maniera autonoma senza mai convocare un direttivo, senza mai nominare una segreteria, e senza ascoltare le istanze che provenivano dalla base “attiva”. Non a caso, già durante un'assemblea tenutasi a Dicembre 2015, il segretario annunciò le sue dimissioni. Da quel momento in poi solo rinvii al fatidico congresso.
É stato pesante ritrovarsi iscritti ad un partito privo di un esecutivo che facesse da supporto al segretario, scarno nel senso di partecipazione e condivisione, ma soltanto rallegrato da infruttuose assemblee utili a mascherare l’autonomia decisionista del presunto leader, permettendogli di mantenere ben salda la sua posizione.
Basti pensare che prima di tenersi l’ultima conferenza stampa, all'indomani delle dimissioni del Sindaco, il messaggio che De Nicolo ha trasmesso, non è stato condiviso con nessuno degli iscritti. Bensì è stato solo un pessimo "one man show". Pensavamo che ci fosse, in seguito, almeno un’analisi su quanto accaduto a livello amministrativo; invece, il buio totale. Non è possibile però pensare che quanto accaduto sia solo attribuibile ad altri, quando anche lui è stato uno dei fautori principali del fallimento amministrativo del centro sinistra.
Quanto al Congresso Cittadino, la sua fatidica convocazione fu fissata a luglio scorso, con annessi manifesti sparsi in tutta la città, senza sapere che sarebbe slittato, a causa di una proroga proveniente dalla Federazione provinciale del PD; anche in quell'occasione, era stato già deciso il candidato, senza che nessuno ne fosse a conoscenza.
Come giovanile del partito, abbiamo sempre cercato il confronto fino all’ultimo, abbiamo cercato una soluzione che potesse salvaguardare quello che resta del PD molfettese, provando ad invertire la rotta. Abbiamo chiesto al Segretario, per il bene del partito e di questa città, di fare un passo INDIETRO, immediatamente, ma ci è stato risposto no. Un segretario attaccato alla propria comunità, sa in quale momento, per il bene di chi rappresenta, è necessario farsi da parte.
Non è questo il nostro partito e questo modo di vivere la politica non ci appartiene.
Questo è il Pd delle apparenze.
Infatti, come è ben noto alla Segreteria metropolitana tutta, Molfetta è stata scelta come luogo per ospitare la prossima Festa provinciale dell'Unità. La comunità democratica era completamente all'oscuro di tale "riconoscimento"; infatti, la decisione, presa di comune accordo col Segretario locale, è stata comunicata, senza alcun coinvolgimento iniziale, da quest'ultimo agli iscritti con un semplice messaggio su Facebook.
La verità è che non c'è nulla da celebrare, se non l’arrogante ostinazione di qualcuno.
Non è assolutamente difficile capire il perché, per tali ragioni, la sede di Corso Margherita sia sempre chiusa. Ed è anche per questo che noi non prenderemo parte a questa kermesse.
Queste situazioni hanno causato la paralisi dell’azione politica del PD e l’allontanamento di molti iscritti e simpatizzanti, per cui adesso ci troviamo di fronte ad un circolo privo di forze ed idee, con un numero spropositato di tessere alle quali non corrisponde una reale partecipazione. Infatti, la maggior parte dei tesserati non è mai intervenuta ad un’assemblea e, forse, non si riconosce nemmeno nelle scelte del partito sia a livello locale che nazionale; probabilmente, saranno gli stessi che determineranno la scelta del futuro segretario privilegiando il rapporto personale all’operato politico.
Con le tessere si possono vincere i congressi, ma non si interpretano i bisogni di una Città. Non si radica il partito sul territorio e non si conquista nemmeno il rispetto, l’autorevolezza e il ruolo di guida in una sezione.
Ad oggi, la straordinaria Comunità che per anni ha alimentato l’attività del Pd non esiste più.
Vogliamo capire se a livello locale ci siano le condizioni per ricostruirla, incastonandola su un preciso progetto politico ed amministrativo. Ci discostiamo da questa deriva lassista e personalista e riteniamo che oggi nel PD non vi siano più le condizioni di agibilità politica per svolgere quella militanza a cui siamo stati abituati negli anni passati.
Qualcuno vive la comunità del PD come un intralcio ai suoi personalissimi piani; forse il segretario ha la presunzione di poter decidere il destino di quella comunità in totale solitudine, anche in previsione degli appuntamenti elettorali dei prossimi mesi.
Ma il destino di Molfetta appartiene a tutti noi ed è per questo che non è più tempo di tacere ma è il tempo di denunciare».
Fin qui il comunicato, al quale De Nicolo non mancherà di rispondere con il suo solito istrionismo politico, magari con un’intervista rilasciata (o meglio dettata) a qualche giornale o giornalista ossequiante.
Che la distruzione del Pd fosse nelle cose, lo aveva già confermato l’atteggiamento dei tre consiglieri comunali (Roberto La Grasta, Sergio De Pinto e Lia De Ceglia, misteriosamente convertitasi da Forza Italia al Pd sulla via di Damasco) tutti eterodiretti politicamente dall’altra consigliera piddina Annalisa Altomare, braccio armato di Lillino Di Gioia. L’ex assessore regionale dall’esterno, in attesa di iscrizione al Pd, manovrava la situazione, con l’obiettivo di provocare la crisi e far arrivare il commissario, lasciando la città ingovernata politicamente per oltre un anno, tempo necessario a comporre la nuova maggioranza di centro-sinistra-destra, quel pasticcio politico che somiglia al Partito della Nazione sognato da Matteo Renzi, un’armata Brancaleone in piena regola.
Un suicidio politico annunciato (ne parleremo ampiamente nel prossimo numero della rivista mensile “Quindici” in edicola alla fine della settimana) che non fa sperare bene nella possibilità di creare un’amministrazione di centrosinistra e con l’obiettivo della spartizione di poltrone, riportando indietro la città di 20 anni, per essere governata dai dinosauri della politica, dai signori delle tessere, come la peggiore Dc della prima repubblica.
La rottura dei Giovani Democratici, perciò, appare ancora più dirompente. A questo punto a Piero de Nicolo non resta che fare veramente le valigie, dopo un bilancio disastroso della sua segreteria, che comporterà per il Pd una perdita secca di voti, difficilmente recuperabili. Si è perduta così, dopo che per tre anni, il centrosinistra aveva avviato un cambiamento radicale rispetto al malgoverno dell’amministrazione di centrodestra di Antonio Azzollini, un’occasione storica di riformismo.
Il quadro politico ora appare più confuso e, forse, non basterà nemmeno l’anno di commissariamento per ricomporre una coalizione ormai in mille pezzi. E il Pd non potrà consolarsi col fatto che a destra, con la fine della leadership di Azzollini, l’orizzonte è ancora più buio.
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