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Cisterna maledetta: cinque morti in una gara di solidarietà e altruismo
15 marzo 2008

Una città abituata al dolore delle morti sul mare lontano da casa, ha vissuto attonita la tragedia dietro l'angolo, quasi in diretta La nostra città non è nuova alle tragedie. Eventi luttuosi, essenzialmente legati al lavoro in mare, fanno parte della storia di Molfetta. Il mare, però, è grande, barche e navi sono lontane, distanze che in qualche modo hanno mitigato l'emozione collettiva. La vicenda della Truck Center è un nuovo capitolo nel macabro romanzo delle tragedie, perché è stata vissuta quasi in diretta. Un lungo choc emotivo, con le televisioni nazionali, regionali e locali, che per 5 giorni rimandavano in onda le immagini dei corpi inermi per terra. Mai la città aveva visto la morte così da vicino, scoperto che di lavoro si può morire, non solo in mare, ma a due passi da casa, in quella zona industriale, nata e cresciuta negli ultimi 10 anni, che tante speranze continua ad alimentare. Là dove c'erano distese di uliveti, ora ci sono decine di capannoni e strutture commerciali di grande rilievo e richiamo Decathlon, Fashion District e La Mongolfiera, quest'ultima inaugurata appena 48 ore prima della tragedia. Con gli insediamenti produttivi e gli spazi disponibili, sono cresciute le opportunità di nuove attività di servizi per le persone e le imprese. Sull'autolavaggio di vetture e mezzi pesanti aveva scommesso Vincenzo Altomare, 64 anni, una vita da autotrasportatore, fondatore della Truck Center. Il sogno di Altomare di lasciare ai tre figli un'attività avviata stava prendendo piede. Oltre al lavaggio, la Truck Center effettuava la pulizia di cisterne, un servizio che svolgeva il più esperto dei 4 dipendenti, l'andriese Gugliemo Mangano di 44 anni. Il sogno di Altomare si è interrotto nel pomeriggio del 3 marzo. Si stava svolgendo il lavaggio di una cisterna di 17 m³, la settima della giornata. Forse Mangano scende nella cisterna. Sul posto sono presenti gli altri tre dipendenti, Luigi Farinola (37 anni), Cosimo Ventrella (67), Michele Tasca (20) e un cliente, Biagio Sciancalepore (22), che da poco aveva portato il suo mezzo. Tutti rimangono colpiti da un assoluto silenzio. Dalla cisterna non si sentono i soliti rumori. La cosa più che insospettire, incuriosisce. Farinola decide di andare a vedere e scende nella cisterna. Di nuovo il silenzio. Un silenzio di morte che come una calamita attirerà Sciancalepore e Tasca. La catena di generosità e morte s'interromperà, quando Ventrella appena si avvicina alla botola, respira qualcosa di malsano e d'istinto tira indietro la testa e cade per terra, un gesto che gli salverà la vita. A questo punto qualcuno dà l'allarme. Viene avvertito il titolare che si precipita in azienda. Chissà cosa avrà pensato durante il tragitto Altomare, lui che ne ha viste tante. Forse l'atroce sospetto in lotta con la speranza di un lieto fine. Saranno questi frammenti di speranza a spingere Altomare a scendere nella cisterna, nonostante le implorazioni di Ventrella di non andarci. Anche per lui sarà l'ultimo gesto di vita. Quando arrivano le ambulanze, i sanitari capiscono subito che nella cisterna c'è una miscela letale. Saranno poi i Vigili del Fuoco, con tute speciali e maschere antigas, ad estrarre 4 corpi inermi. Il giovane Tasca è ancora vivo. Come si dice in gergo, viene messo in sicurezza. Si corre fino a Monopoli. Si spera nella giovane tempra, ma il polmoni erano ormai devastati. Michele Tasca, 20 anni, con il sogno di diventare un grande chef, si spegnerà nella notte. Il fatto che Tasca sia stato estratto ancora vivo, alimenta l'inquietante dubbio che forse per alcuni minuti qualcun'altro o tutti, siano rimasti in stato d'incoscienza, prima che il veleno prendesse il sopravvento. Le inchieste cercheranno di dare le risposte ai tanti perché. Dopo l'emozione e la commozione, arriverà il tempo degli avvocati, delle perizie, delle accuse e delle polemiche. Cose che ora sembrano lontane e irrilevanti. La tragedia del Truck Center, nonostante si tratti una microimpresa di una cittadina del Sud, è l'emblema delle criticità, delle inquietudini, delle sofferenze e dei malesseri, che attanagliano il mondo del lavoro del nostro tempo, senza distinzione di dimensioni e latitudini. La ricerca di commesse e di lavoro, di un reddito vitale da portare a casa e per dare uno straccio di futuro ai figli, spinge tutti, lavoratori e datori di lavoro, a fare di tutto e di più, anche ciò che non si è preparati a fare e che si presume di poter fare. Tutto ciò spesso si traduce nella forzatura di aspetti non prettamente connessi alla produzione, come la sicurezza. Già la sicurezza, un fattore che si scopre importante solo dopo le tragedie. Di questo dolore rimarrà nella coscienza collettiva, l'ingenua e tenera generosità inconsapevolmente spinta oltre il limite e l'irrazionale altruismo, perché tutti i sentimenti sono irrazionali, di cinque persone volate via, in un triste pomeriggio di marzo.
Autore: Francesco Del Rosso
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