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Chi è il comandante della nave mercantile? NAVIGANDO – Al servizio dei marittimi
15 maggio 2004

Continua la nuova rubrica “Navigando” (in collaborazione con il Cedim), che si propone di venire incontro alla esigenza di informazione della categoria dei marittimi. Per rendere più semplice il discorso, come al solito sviluppiamo l'argomento in forma discorsiva, sotto forma di intervista al presidente del Cedim, Mauro Brattoli Sig. Brattoli, chi è il comandante della nave mercantile? “Egli è innanzitutto un componente dell'equipaggio della nave, e come tale gode e soffre quel pacco di obbligazioni attive e passive verso la nave. La nave sempre intesa nella sua completa e complessa figura pubblicistica di persona giuridica in possesso della capacità”. Perché il comandante risulta estrapolato dal resto dell'equipaggio? “Il comandante è l'unico componente dell'equipaggio che deve essere nominato ed arruolato direttamente dall'armatore. Allo stesso poi, la legge conferisce una serie di particolari poteri di cui non è rinvenibile l'equipollenza in altre mansioni e professioni”. Quali sono questi poteri particolari? “Innanzitutto quelli riferibili al capo della spedizione. Egli in tale veste, valida in navigazioni, oltre a rappresentare gli interessi umani e commerciali coinvolti nella spedizione, rappresenta lo Stato della bandiera; e perciò risulta autorizzato ad agire anche contro l'interesse dell'amatore”. In concreto qual è questo potere? “Deviare dalla rotta. Non effettuare scali previsti nell'itinerario. Getto di tutta o parte della merce trasportata. Uso improprio di tutto o parte di arredi e pertinenze della nave. Esercizio di polizia di bordo. Irrorare pene all'equipaggio, passeggeri e trasportati. Celebrare matrimoni. Ricevere testamenti. Registrare nascite e decessi avvenuti a bordo. Esonero di equipaggio dal servizio. Destinare equipaggio ad eseguire servizi diversi per cui fu arruolato. Ed altro”. Praticamente il comandante può tutto? “E quello che si vorrebbe far credere. Un giurista francese, per sintetizzare il potere destinato alla salvezza della spedizione, coniò il brocardo: “Et le Dieu aprè le Commandant”. Qualcuno, opportunamente, lo tradusse in: “E Dio, subito dopo il comandante”. Appare evidente il travisamento ricercato al concetto originale di “Sia fatta la volontà di Dio dopo tutto il potere speso dal comandante per salvare la spedizione”. Tale travisamento non ha mai voluto essere una bestemmia, ma soltanto una comoda malizia, proiettata all'intimidazione degli equipaggi, compresi i comandanti, nei futuri momenti opportuni”. Cosa vuol dire? “Innanzitutto quel potere particolare non è assolutistico. Egli dovrà ben giustificare il getto della merce preziosa anziché quella di minor valore, maggior peso e di facile manovrabilità. Peraltro, non dovrà confondere il getto delle cose con il getto degli esseri umani”. E non potendo gettare le persone, cosa deve fare il comandante? “Il capo della spedizione può e deve ordinare l'abbandono della nave. Pur naufrago, la spedizione continuerà ad esistere fino a quando egli una volta approdato e costituitosi capo-ricuperatore, non sarà rilevato dall'armatore. Una tale circostanza di breve durata, permette al comandante di non procedere a sbarco di equipaggio e disarmo della nave. Infatti, se la nave si salverà, potrà riprendere la relativa navigazione conservando la capacità. Se affonderà, si procederà allo sbarco dell'equipaggio e conseguente disarmo della stessa”. Forse il potere del comandante varia secondo la circostanza? “Sì. Diversamente dai poteri di capo della spedizione, validi nella traversata da un porto all'altro, durante la sosta in porto della nave, al comandante risultano conferiti poteri paragonabili a quelli di un qualsiasi preposto dell'imprenditore della navigazione marittima. Egli infatti, per conto dell'imprenditore riceve e consegna merci, cose o persone trasportate; mentre, per conto di chi ha impreso la navigazione (cioè l'armatore), prepara la futura spedizione. In tale ultima veste e se assente l'armatore dal luogo in cui si trova la nave, egli può assumere e congedare equipaggio. Per poter ricevere le spedizioni del viaggio da imprendere, solo il comandante della nave potrà chiedere lo sbarco del componente l'equipaggio che ha risolto il contratto di arruolamento, pagando a questi la somma non contestata e, per la differenza, effettuare deposito cauzionale”. E' tutto? “C'è un altro profilo. Quello del comandante della nave “alle catene”. Il gergo, anglosassone, indica la nave fermata in porto ed assoggettata a procedura conservativa. In tale circostanza di fatto la nave, perdendo la capacità, e non risultando proiettata a navigare, non può arruolare equipaggio e godere obbligazioni attive verso tale organizzazione. Di diritto si verifica la risoluzione del contratto di arruolamento di tutto l'equipaggio. Questi però hanno diritto a godere le obbligazioni attive verso la nave anche se non esiste più quell'organizzazione pubblicistica individuata col termine equipaggio. Cioè, hanno il diritto di vedersi interamente soddisfatti prima di sbarcare e lasciare la nave. In attesa di tale intero soddisfacimento, la nave ha l'obbligo di mantenerli a bordo e corrispondergli la retribuzione corrente. Non c'è più l'equipaggio ma ci sono gli arruolati. Ognuno di essi può sbarcare e lasciare la nave, in qualsiasi momento decidesse di rinunciare ad essere mantenuto abbandonando tale particolare tutela a garanzia del credito retributivo. Peraltro, risultando risolti i contratti di arruolamento, nessun arruolato è più tenuto a prestare alcun servizio sulla nave. Se però vogliono godere concretamente la posizione di mantenuti, devono necessariamente organizzarsi fintanto che tale posizione potrà farsi valere. La forma dell'organizzazione risulterà affine a quella della famiglia che per ovvietà indicherà il capo della famiglia in colui che era il comandante”. Sig. Brattoli, dal comandante siamo arrivati al capo famiglia? “Sì. Ma non ho detto che il capo famiglia debba essere il comandante. Egli al pari degli altri ha già risolto il contratto di arruolamento. Non è tenuto a prestare alcun servizio cosi come non può ordinare servizi ad alcuno degli arruolati mantenuti a bordo. Può sbarcare e lasciare la nave quando vuole senza alcun impedimento. La conseguenza è che a capo famiglia può essere chiamato qualunque degli arruolati rimasti mantenuti sulla nave. Per assurdo, a tale incarico può essere chiamato anche il più giovane dei mozzi arruolato per ultimo, cioè quando ancora la nave possedeva la capacità. Il punto è che in tale situazione anche colui che fosse stato il regolare comandante della nave si troverà ad esercitare quei poteri che le usanze marinaresche individuano con il termine di “facente funzioni di comandante”. In questi casi la legge non può impedire che il comandante sbarchi e lasci la nave? “Affinché fosse stato possibile, la legge avrebbe dovuto prescrivere l'estensione del sequestro della nave sulla persona del comandante. Non lo prevede e perciò lo nega. Certe magistrature però ritengono che il comandante, con la notificazione del sequestro conservativo,d'imperio risulta costituito custode della nave, intesa come bene mobile. Per un verso il comandante risulta incarcerato con la nave. Per altro verso egli risulta costretto alla tutela del bene patrimoniale verso i creditori dell'armatore in sostituzione dello stesso. Allo stesso perciò risulteranno non applicabili tutti i diritti che possono far valere gli altri arruolati, per risultare mistificata ed in vita l'organizzazione di equipaggio che non esiste più. E' in queste circostanze che va fatto ricadere quel travisamento di “Dio, dopo il comandante” il cui seguito “che però viene dopo l'autorità costituita a cui deve sottostare”, quel traduttore omise di scrivere. Succede perciò che il comandante per poter lasciare la nave, viene costretto a disarmarla. Deve prima procedere allo sbarco di tutti gli altri arruolati, ancorché a loro insaputa. E solo dopo che questi avranno lasciato la nave, anche con l'opportuno intervento della forza pubblica, potrà vedersi sbarcare e poter lasciare la nave. Poi potrà chiedere il proprio sbarco. Non va dimenticato che una volta annotato lo sbarco, l'arruolato non può più stare sulla nave: o la lascia o verrà espulso con la forza”. L'espulsione non si verifica per il comandante? “L'espulsione potrà verificarsi anche per lo stesso comandante che avesse deciso di farsi mantenere sulla nave. Anzi, dovendo essere precisi, si deve dire che l'espulsione potrà verificarsi anche per il “facente funzione”, che può essere colui che era stato arruolato con il grado di comandante o con qualsiasi altro grado, funzione e mansione. Ed infatti, per l'appoggio diretto ed indiretto ricevuto dalle magistrature competenti, e per non far pagare alcuna retribuzione dovuta e maturata ai mantenuti, l'autorità marittima del luogo, sul presupposto di dover rendere libera la proprietà della nave, organizza una spedizione militare che provvede ad assalire la nave per espellere gli arruolati ivi mantenuti. Così facendo, l'ufficio marittimo di quel porto evita di provvedere al mantenimento degli arruolati rimasti sulla nave. Se invece la nave viene sequestrata all'estero, l'autorità marittima, cioè consolare, si disinteressa degli arruolati oppure li rilega tutti a bordo, provvedendo per la relativa loro sussistenza. In definitiva, il magistrato può fare l'errore, ma l'autorità marittima che ben conosce la materia della navigazione marittima non fa errori poiché è ben cosciente dell'ingiusto disegno che persegue. In tutte queste situazioni, i comandanti delle navi che in definitiva sono dei marittimi, si ritrovano ad eseguire atti (discutibili) contro la propria volontà”. Qual è l'errore che può fare il Magistrato? “Quello di non indicare nel provvedimento il ritiro del ruolo di equipaggio della nave maggiore o della licenza con annesso ruolino di equipaggio se trattasi di nave minore o galleggiante e di non nominare quale custode di tale carta, il Comandante del porto. Queste indicazioni eviterebbero le proposizione di attività autoritarie relative ad annotazioni di sbarchi da parte dell'ufficio marittimo del luogo. Inoltre e sempre, la Cancelleria interessata ha l'obbligo di dare immediato avviso all'Inps della procedura in corso. E poiché spesso, la procedura conservativa della nave è propedeutica alla dichiarazione di fallimento dell'armatore, tale attività può permette di applicare d'ufficio la garanzia reale al credito retributivo dell'ultimo equipaggio. Del resto, la prescrizione dell'avviso all'Inps persegue lo scopo di vedere applicata alla contribuzione e dunque all'Inps, titolare del diritto soggettivo, il privilegio speciale sulla nave”. Il Codice detta obblighi di mantenimento a cura dell'autorità marittima? “Una norma diretta ed esplicita non c'è, ma nell'indicare i privilegi sulla nave e gradatamente prima dell'INPS ed IPSEMA, esso riconosce all'Amministrazione il privilegio sulla nave per le somme anticipate dalla stessa per il mantenimento ed il rimpatrio degli equipaggi. Però stante che, la differenza tra equipaggio ed arruolati nasce con la notifica, o al più tardi con la convalida del sequestro, e stante che entrando in porto la nave era capace ed aveva l'equipaggio, la disposizione del Codice deve riferirsi soltanto agli arruolati, che avendo risolto il contratto di arruolamento sono rimasti mantenuti sulla nave. Per comodità di linguaggio si dirà il residuo equipaggio… che non esiste più come organizzazione”. Presidente, possiamo dare qualche consiglio ai comandanti? “Non posso dare consigli a professionisti se non chiesti. I suggerimenti sono ben ricavabili da quanto già detto. Mentre, per la consumata esperienza di marittimo mi permetto di aggiungere che in ragione della circostanza di fatto, i comandanti devono decidere se essere componente l'equipaggio, comandante dell'armatore, dirigente dell'imprenditore, rappresentante dello Stato, oppure discepolo dell'autorità marittima. E' pacifico che per “componente l'equipaggio” intendo dire “essere e fare il comandante della nave”. Fabrizio Fusaro fabrizio.fusaro@quindici-molfetta.it 4 - continua
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