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Centro-destra, finita la luna di miele Anno 2° dell'era Tommaso, sintomi di una voglia di “assestamento”
15 settembre 2002

Da quando i sindaci vengono direttamente eletti dai cittadini, le vicende politiche seguono un copione che si sviluppa indipendentemente dal colore politico. Generalmente il giro di boa del primo anno segna la fine di quello che giornalisticamente viene definita “luna di miele” tra il sindaco e i consiglieri che lo sostengono, ossia di un agire amministrativo in scioltezza, in leggera discesa, senza grossi ostacoli, con l'esibizione di un certo spirito baldanzoso, tipico dei vincitori. Anche la prima stagione di Tommaso Minervini sembra rispettare questo canovaccio: approvazione di atti importanti già pronti, il taglio di qualche nastro per opere già realizzate. Adempimenti dovuti, da normale amministrazione, presentati però come se fossero stati concepiti solo nell'ultimo anno. Un clima da “ma come siamo bravi” in cui anche i consiglieri comunali hanno assaporato l'ebrezza del potere: sponsorizzazione di qualche nomina, l'orgoglio di far parte di qualche comitato, la gratificazione di aver organizzato qualche festino e manifestazione ricreativa dal richiamo parrocchiale. Ma dopo un anno i fumi della vittoria cominciano a diradarsi e qualcuno comincia a vedere nel proprio piatto solo lenticchie, in confronto a ciò che è stato serviti ad altri. Non siamo ancora ai ripensamenti o a ricerche spasmodiche di visibilità, questa fase generalmente si presenta a metà mandato, ma solo alle prime insoddisfazioni, più personali che politiche. Chi ha occupato una nicchia di potere ha cercato di consolidarla utilizzando tutte le prerogative e le manovelle consentite dal ruolo. Da qui l'umana invidia di chi sente di aver superato il periodo di apprendistato è quindi pronto per essere valorizzato, anche perché fare solo il consigliere comunale costa fatica e non si gestisce nulla. Secondo questo film già visto, non solo a Molfetta, la tappa del primo anno segna l'inizio di un agire amministrativo se non tortuoso, almeno non più in leggera discesa. E da come sono state accolte le ultime nomine assessorili, musi lunghi e indifferenza (senza neanche uno straccio di applauso che solitamente saluta i nuovi assessori), sembra che il nostro primo cittadino abbia imboccato il primo dosso. In salita l'orizzonte si restringe, non si distingue il culmine, si allenta il piede sull'acceleratore perché non si sa cosa c'è dopo. Ovviamente la tipologia della strada che verrà, dipenderà da alcuni fattori, in primo luogo dalla qualità dell'azione amministrativa. Dopo aver perso punti sulla questione dell'ospedale, in cui il sindaco senza indignarsi si è lasciato trattare dal governatore Fitto alla stregua di un amministratore di un condominio insignificante, Tommaso Minervini ha tutte le opportunità di rifarsi, su due questioni all'ordine del giorno: casa e lavoro. Se su questi temi le risposte non saranno soddisfacenti per calmare i vari “malpancisti” della sua maggioranza, inevitabilmente arriveranno i distinguo e le prese di distanza. Altro fattore più imprevedibile sono le dinamiche nazionali, da sempre un'opportunità politica per rimescolare le carte anche a livello locale. Alla ventilata nascita di un unico soggetto di centro del centrodestra (Cdu, Ccd e i trombati del terzo polo di Democrazia europea) guardano non solo quei politici vecchi e nuovi che per ora rappresentano solo se stessi, per rientrare nel giro, ma anche chi nel giro c'è già e aspira a ruoli di primo piano nell'ambito di un mutato rapporto di forze all'interno del centrodestra. Per realizzare tutto ciò occorre un evento eccezionale (es: un improbabile cambio della guardia a Palazzo Chigi, con tutto ciò che ne deriverebbe), oppure un passaggio elettorale. Il calendario prevede le elezioni provinciale nella primavera del 2004 e quindi per Tommaso Minervini ci sarebbero almeno altri 18 mesi di soli mugugni, eventi eccezionali permettendo. Buon lavoro. Francesco del Rosso
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