Centro anziani polivalente, bilancio positivo
Intervista al presidente Pino Maiorano
Nel numero di febbraio ci siamo occupati del Centro Polivalente Anziani di Via Fremantle, gestito dal Comune attraverso la cooperativa sociale barese Gea. Ne abbiamo raccontato la nascita, avvenuta in anni diversi da questi, forse più difficili perché non ancora maturi per affrontare e gestire efficacemente questioni di forte rilevanza sociale come quello degli anziani; ne abbiamo tracciato la storia ed il percorso, alquanto faticoso, di inclusione e di addentramento “reale” nel territorio, affinchè la struttura non rimanesse un’isola all’interno del contesto urbano e civile ma sviluppasse una rete di inter-scambio e solidarietà con altre agenzie educative e di aggregazione ( scuole, parrocchie, associazioni di vario genere ); abbiamo parlato dei servizi e delle prestazioni di vario genere che il centro offre in loco agli iscritti ed a domicilio agli anziani non autosufficienti. Il favore ed i consensi espressi da molti nostri lettori ci hanno spinto a tornare sull’argomento ritenuto di estrema attualità perchè coinvolge ed interessa direttamente una fascia sociale che si allarga sempre di più (al 31/12/2000 risultavano essere 10.000 gli ultrasessantacinquenni del Comune di Molfetta) ma anche tutta la cittadinanza per le importanti ripercussioni socio-economiche e politico-culturali che il forte invecchiamento demografico determina nelle società moderne. La civiltà del terzo millennio va via via configurandosi proprio in un tipo di società “anziana” con precisi bisogni ed esigenze che occorre indagare, osservare e studiare in maniera seria e razionale, così come vanno rivisti e ripensati i concetti di salute e di benessere nonché quello di socialità, coinvolgendo quest’ultimo gli aspetti più intimi e personali della natura umana, specie di quella non più giovanissima. Solo attuando un’analisi qualitativa e quantitativa dei problemi della terza età, operatori sociali e responsabili di enti operanti sul territorio, potranno elaborare chiare e mirate politiche d’intervento programmando l’utilizzo e l’offerta di tutte le forze economiche e sociali necessarie e disponibili per evitarne la dispersione. E’ chiaro, comunque , che finalità ed obiettivi, da parte di un’organizzazione “non profit” quale è la GEA, possono essere raggiunti soprattutto grazie ad un giusto equilibrio tra aspetti tecnici, economici ed umani che curati e potenziati opportunamente riusciranno a trasformare la ricchezza in benessere sociale. Di questo e di altro parliamo con il Presidente della cooperativa dott. Pino Maiorano, quarantasettenne, dipendente di Tecnopolis, laureato in informatica e consulente presso le pubbliche amministrazioni di sistemi informatici.
Una maggiore visibilità e persino il riconoscimento di un ruolo attivo sociale dell’anziano attraverso la valorizzazione di risorse e capacità da lui acquisite durante l’arco della propria esistenza, sembrano essere il principale obiettivo a cui ha puntato la vostra gestione sin dall’inizio. Si può davvero arrivare ad una vera integrazione della terza età nelle società odierne?
“L’integrazione è possibile unicamente nel rispetto della vera dimensione umana e psicologica di queste persone che spesso chiedono solo il modo e le condizioni per poter esprimere vivacità mentale, curiosità, voglia di rapportarsi agli altri attraverso il proprio bagaglio di vita e di esperienze. Noi cerchiamo di soddisfare non solo le loro esigenze di tipo pratico ma di mantenere viva in esse quella sensibilità e quell’amore per la vita che molti credevano di non avere più o di non poter più esternare. La cosiddetta “cultura della terza età” si attua proprio contrastando isolamento, emarginazione, disistima di sé conseguenti all’inevitabile decadimento fisico, attraverso attività formative e ricreative, non solo assistenziali”.
In che modo è possibile offrire servizi sempre più qualificati in quello che sembra essere diventato un vero e proprio territorio di preda da parte di chi tende a commercializzare il mondo degli anziani e dei loro bisogni?
“Noi ci occupiamo attivamente di anziani , di minori e delle loro specifiche problematiche da oltre dieci anni nell’ambito della Regione Puglia e dal 1995 siamo in convenzione con l’università degli studi di Bari per l’aggiornamento, la supervisione e la specializzazione dei nostri operatori. Tempo fa, pur avendo vinto una gara d’appalto nella zona di Rimini-Riccione per assistenza domiciliare a minori con problemi di disagio sociale, abbiamo rinunciato proprio perché ci siamo resi conto che formare il personale, coordinarlo e qualificarlo al meglio, in un territorio di cui si ha scarsa conoscenza e mancanza di riferimenti di ogni tipo, è dispendioso ed improduttivo per noi e per gli utenti. Attualmente siamo presenti a Bari, Mola, S.Spirito, dove gestiamo un piccolo progetto sul disagio minorile finanziato dalla Legge 285 di Livia Turco. A Ruvo, in un centro di prossima apertura, gestiremo , in compartecipazione con il Comune, una serie di servizi sociali (assistenza domiciliare, casa di riposo, ecc.). L’attività della cooperativa è molto ampia ed impegna 70 soci lavoratori, tra diretti ed indiretti”.
E’ azzardato affermare che svolgete un compito istituzionale?
“No, non lo è, perché svolgiamo appunto un servizio di pubblica utilità che competerebbe ad enti locali (Asl, Comune, ecc.) , i quali, pur essendo obbligati per legge , non possono renderlo per carenze organiche e strutturali. La recente legge n. 328 di Livia Turco indica i servizi relativi ad handicap, anziani, minori, senza fissa dimora, che devono comunque essere presenti in ogni territorio. Tali servizi possono essere svolti dalle cooperative sociali (legge 381 del 1991), dalle fondazioni (perché non hanno scopo di lucro) e dalle associazioni di promozione sociale ma non di volontariato (queste ultime hanno un ruolo integrativo e di supporto). Nell’ambito del territorio cerchiamo di rapportarci a tutte le altre realtà sociali (volontariato, parrocchie, scuole, centri di accoglienza e di ascolto) per creare una rete di solidarietà integrata non ideale ma concreta. Ci fa piacere ricevere e dare risposte positive in tal senso: vuol dire che anziani, bambini, disabili, persone non abbienti o toccate, in qualche modo, dalla vita, non rappresentano dei “comparti” umani ben distinti ma possono essere messi in contatto tra loro per produrre nuove sinergie, anzi, forse, non aspettano altro”.
Il vostro contratto di gestione scade il 30 giugno. Se sarà indetta una nuova gara di appalto, vi parteciperete?
“Il nostro obiettivo è che continuino ad essere forniti i servizi agli anziani che ormai li ritengono dei diritti acquisiti. Se questo accadrà, non c’interessa che sia la GEA a svolgerli, purché venga riconfermato il personale che ha ormai maturato esperienza e formazione. Voglio ricordare che l’art. 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro delle cooperative sociali prevede che il personale della vecchia gestione passi alla nuova”.
Progetti futuri?
“Siamo molto sensibili al problema dell’Alzheimer che è diventato una vera e propria malattia sociale e coinvolge, nella sola provincia di Bari, 40.000 anziani con le loro famiglie che ne sopportano tutto il peso 24 ore su 24. Proprio per loro vorremmo creare momenti di sollievo in appositi centri e stiamo tentando di sensibilizzare le istituzioni a livello provinciale e regionale”.
Beatrice De Gennaro