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Carmen, con l’Alter Chorus, chiude la rassegna “Fuoco Centrale”
15 giugno 2018

Si è conclusa con successo la rassegna “Fuoco centrale” del “Carro dei Comici”, presso l’“Auditorium Regina Pacis”, con la rappresentazione di Carmen di Georges Bizet, per la regia di Francesco Tammacco e la direzione artistica del soprano Marilena Gaudio. Il capolavoro di Bizet è un classico dell’opéra-comique; dopo lo scarso successo della prima rappresentazione nel 1875, con un’accoglienza ipercritica che probabilmente ebbe un ruolo nella morte di Bizet tre mesi dopo (avvenuta quando il compositore aveva solo 36 anni), Carmen ha conosciuto straordinaria fortuna. Più che voler dar risalto alla violenza sulle donne, linea di tendenza interpretativa che si va affermando in tempi di sempre più tragica incidenza dei femminicidi, il dramma en quatre acts sembra racchiudere la sua essenza nella celeberrima Habanera, L’amour est un oiseau rebelle. Carmen è un’enunciazione spietata della legge dell’amore, dei suoi ritmi asincroni, delle sue logiche insondabili. I suoi protagonisti, la bella gitana e il debole don José, sono entrambi vittime e carnefici: l’incontenibile bohème vede la sua gioiosa ed esuberante vitalità recisa dal brigadiere ormai folle d’amore, ma anche José ha lasciato che la propria esistenza fosse irrimediabilmente sconvolta e modellata, per un passeggero capriccio, da una donna volubile, i cui amori, a detta di Escamillo stesso, “ne durent pas six mois”. L’amour fou tutto travolge e consuma, ma dell’opera restano piuttosto le sensazioni positive suscitate dalla debordante energia scenica, che si manifesta nel coro dei monelli come nella seguedilla o nella chanson bohème del secondo atto, nell’Entrée d’Escamillo (la famosa aria del Toreador) come nel gioioso duetto di Frasquita e Mercedes, che fa da contrappunto al canto luttuoso di Carmen della scena delle carte, carico di funesti presagi. Persino l’accoltellamento è puntellato dai canti esultanti che provengono dall’arena e dalle acclamazioni di vittoria. Sono numerosi i fattori convincenti all’interno della rappresentazione realizzata per “Fuoco centrale”; un plauso va al regista e alla direzione artistica di Marilena Gaudio, che hanno dovuto sopperire a numerose difficoltà (si veda anche l’improvvisa indisponibilità del pianoforte che, legato a don Salvatore Pappagallo, aveva per lo staff un valore anche affettivo). Significativi tagli sono stati operati al libretto originario, soprattutto negli atti secondo e terzo, e, come nelle precedenti rappresentazioni, ma, a nostro avviso, con migliore amalgama, è stata inserita la voce recitante dello stesso don José, ben interpretata da Pantaleo Annese. L’Alter Chorus di Antonio Allegretta si è inserito felicemente nel gioco scenico, dando prova di particolare vigore soprattutto nella già citata Entrée, ma, in generale, facendo registrare una performance di buon livello. Notevole ancora una volta è stato l’apporto del corpo di ballo del Liceo Coreutico “Leonardo da Vinci” di Bisceglie e della sua coreografa, Cinzia Daddato, oltre che di Lucrezia Palumbo, Collaboratore del Dirigente scolastico, nelle vesti di presentatrice. Le coreografie della Daddato si connotano per felicità di ideazione, con un estro e una creatività pienamente in linea con l’intentio operis; l’esecuzione delle allieve è stata particolarmente degna di apprezzamento, considerata anche la difficoltà di una partitura caratterizzata da continue variazioni ritmiche. Le giovani ballerine (Elena Pisani, Adriana Pisicchio, Simona Zagaria, Nicole Zonno) si sono infatti distinte per la grazia, l’eleganza, l’armonia e l’accuratezza nelle esibizioni coreografiche. Ancora una volta significativo è stato il contributo scenografico di Damiano Pastoressa. Tra gli interpreti, davvero valida è apparsa la resa di Giulia Calfapietro, nel ruolo di Carmen. Precisione nel canto, intensità della resa, ma anche, componenti indispensabili per il personaggio, efficacia nell’espressività corporea e qualità recitative. Tra l’altro, l’artista ha accentuato la componente gioiosa della gitana, proprio cogliendo e realizzando magistralmente un aspetto fondamentale di Carmen, figura verso cui (si è avvertito chiaramente) ha manifestato un trasporto tale da renderla oggetto di un commosso omaggio, al momento dei saluti. Convincente anche Gianni Leccese nel ruolo di don José: le imprecisioni librettistiche sono state ampiamente compensate dal bel timbro, dall’ottima presenza scenica e dalle notevoli doti interpretative. Anche per Micaela (Angela Cuoccio) si potrebbero avanzare osservazioni affini; un francese da migliorare è stato bilanciato dalla validità nel canto e, direi, soprattutto dalla capacità del soprano di rendere al meglio le caratteristiche psicologiche della giovinetta, sempre oscillante tra fragilità e forza interiore. Qualità che emergono al meglio in Je dis que rien ne m’épouvante, in cui la Cuoccio ha offerto davvero una bella prova. Il ruolo di Escamillo, in virtù dei tagli, è stato decisamente ridotto, ma Antonio Stragapede è riuscito a guadagnarsi un momento da protagonista e mattatore indiscusso, con l’ottima resa del celeberrimo Toreador, en garde. Abbiamo apprezzato molto anche le interpreti di Frasquita e Mercedes, Brigida Catanzaro e Beatrice Mastropasqua, che si sono distinte per la sicurezza nel canto e nella caratterizzazione dei personaggi. Bello soprattutto il terzetto delle carte, che resta uno dei momenti cruciali dell’opera. A completare adeguatamente il cast Paolo Gadaleta (Morales e Dancairo), Dino de Bari (Remendado) e le giovanissime ballerine di “Dance Company” nel coro dei monelli. È doveroso concludere questa rassegna con il Maestro Emanuele Petruzzella. Senza la sua magistrale capacità di sostenere egregiamente e con notevole precisione le difficoltà di un allestimento per pianoforte e canto, non si potrebbe qui, ora, commentare il successo di questo pregevole allestimento. © Riproduzione riservata

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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