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Carabellese e Beltrani: rivali ma amici
15 marzo 2009

“...Mi percuote lo s p i r i t o di quel professore, nato a Molfetta, sede antica di sapienza pugliese, duci Giovene, Poli, Fornari: si chiama Gaetano Salvemini. Valoroso nel sapere, un tempo attaccava brighe con tutti, polemiche rabbiose, schizzava sempre fiele in politica, in lettere, in filosofia. Se combatteva in elezioni, era un moltiplicarsi di colpi di revolver, un infuriare di bastoni, di grida selvagge della moltitudine che lo circondava esasperata. Se parlava nella Camera dei deputati, l'Adriatico istesso diveniva furioso nelle sue onde in procella, l'italianità storica secolare di Dalmazia si tramutava in irruenza slava. Se scriveva libri saturi di verve e di dottrina, fulminava con ingiurie anche i più alti locati. Tutto era una tempesta senza freni, né limiti. Per ora è finito fuoruscito, tipo dantesco degenerato a Parigi, a Londra, in America. E se non cangia metodo inciampa a capo fitto in sciagure ancora maggiori, e di più irreparabile perdizione. L'origine della qual perdizione, non deriva da ostacoli estrinseci, come avere una biscia in manica, perché è insita nella qualità della sua psiche istessa. Ed ha anche influito, con metodi siffatti, nell'indirizzo degli studi storici pugliesi. Narra un suo giovane e valoroso amico, che un giorno a Firenze, dove Salvemini insegnava, non senza merito ed ammirazione, presentò in circolo vivace di intelligenti amici e studiosi, un concittadino molfettese, giovane tanto, di fresco là arrivato, e fu una festa chiassona da non dirsi. Avveniva la presentazione dell'insigne Francesco Carabellese, che era nato appena nel [1873 ndr]. Ebbene il buon Carabellese, calmo, sereno, studiosissimo, sorbì quasi manco a farlo apposta, l'impronta frettolosa del maestro suo iniziatore. La fretta, la fretta, l'impazienza del pervenire non gli dette requie, né pace, sino al punto che insidiò e distrusse, per incontenibile fretta, la sua vita istessa in giovane età. E fu danno in Puglia. Giunse il carissimo Carabellese a tal punto che se studiava codici manoscritti antichi, ne annunciava il contenuto attraverso una scrittura farraginosa così, proprio così: «E' uno zibaldone, parla della storia della città, delle chiese, de' monumenti e simili: vi sono sul riguardo piccoli paragrafi e lunghe memorie di parecchie carte». E non si accorse il valentuomo, solo per la fretta, che tra le mani avea quella che era, come è, una scrittura organica, dottissima, se pur deficiente di critica……… né potè, incalzato com'era per la fretta, identificare l'insigne autor suo……egli non vedeva la necessità di profonda prudenza, che mi aveva coraggiosamente deciso a procedere con calma e pertinacia nella condotta della fatica. E lo stesso avvenne per la storia dei fatti del '99 in Puglia, lo stesso per le relazioni commerciali veneto- pugliesi”. Queste parole sono dell'insigne storico Giovanni Beltrani, nato a Trani nel 1848 e ivi morto il 26 novembre 1932. Provengono dalla sezione manoscritti della Biblioteca Provinciale De Gemmis di Bari, dove giacciono inedite insieme a migliaia di altre sue carte. Non mi è possibile tracciare in questa sede il molteplice itinerario scientifico di Beltrani, che spaziò con grande serietà ed acribia in numerosi ambiti storiografici, relativi però, è bene ribadirlo, prevalentemente alla storia di Trani. Detto questo, cercherò di commentarle brevemente con l'intento di contribuire, dopo i precedenti lavori degli amici Marco de Santis e Pasquale Minervini, a ricordare il nostro Francesco Carabellese, nella ricorrenza del centenario della morte. Innanzitutto la prima parte dello scritto, che ho dovuto comunque riportare, riguarda un altro nostro grande concittadino, Gaetano Salvemini, e, bisogna pur dirlo, non fa onore allo storico tranese. Passino l'esasperazione quasi macchiettistica di alcuni tratti caratteriali, la celebre vis polemica, le posizioni sulla questione adriatica, sempre opinabili, la violenza nelle campagne elettorali, e persino le “grida selvagge della moltitudine”. Non è accettabile invece, che una vita intera dedicata prima alla difesa della causa contadina, e poi a quella della libertà e della giustizia, costata sacrifici, dolori ed esili, venga indegnamente attribuita a “degenerazione psichica”. Quando scrive queste note, databili probabilmente alla fine degli anni '20, Beltrani è ormai anziano, e forse
Autore: Ignazio Pansini
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