Caparezza straordinario concerto per la sua città
La scritta di vernice nera sui muri della secca dei pali da molti mesi si chiedeva, secca e malinconica, “Caparezza dove sei?”, e finalmente, in una domenica sera di marzo coperta di nuvole rosate e rapide, Caparezza, è tornato, a poche centinaia di metri dal luogo del primo concerto del 2004, per un evento completamente gratuito, sostenuto solo dal volontariato. Nel silenzio assordante dell'amministrazione comunale, Molfetta viene scossa dalla musica del suo artista più rappresentativo e dalla folla interminabile che ha invaso la Secca dei Pali e ha gridato, saltato e acclamato colui che è diventato il simbolo della cultura musicale molfettese. Ondate di ragazzi già dalle prime ore del pomeriggio, schieramento imponente e impeccabile delle forze dell'ordine, e il supporto delle principali associazioni culturali ordinate in diligente formazione per ricordare ai presenti che la cultura a Molfetta c'è, o almeno prova ad esserci, pur con i pochi finanziamenti, pur con le poche forze, con una costante e incrollabile forza di volontà. Stretti stretti nelle prime file non solo i molfettesi, ma gente e fan da tutta Italia; a lato del palco un gruppo di bambini sorridenti e eccitati, con le mani aggrappate al ferro delle transenne, scandisce il nome di Caparezza, e le voci limpide si sentono quasi fino al palco; un marito e una moglie cinquantenni si sono guadagnati il posto in prima fila e scrutano il via vai di fotografi e tecnici che si organizzano sotto il palco in attesa dell'inizio; una signora rotonda, con gli occhiali larghi e spessi ride divertita e si tiene il colletto del cappotto con le mani, non fa freddo, ma il vento, col calare della sera, si fa sentire. Di fronte a questa moltitudine variegata, eterogenea, ma unita e divertita, si staglia il palco, interamente a spese dell'artista, così come tutta l'attrezzatura tecnica e l'organizzazione: un segnale potente nella città del “vorrei ma non posso”, del “non ci sono fondi e non si può fare”, uno schiaffo agli immobili, ai pigri, una mano tesa ai giovani di Molfetta, uno stimolo per la loro creatività e la loro voglia di cambiare le cose. Molfetta chiama e Caparezza risponde, dedicando prima il dovuto spazio alla musica molfettese con il rapper Puni, i Distance e Ironique, e poi piombando sul palco, con l'applauso del pubblico assieme alla band di sempre, protagonista assoluta dei siparietti dei live, finto-demenziali, pungenti e corrosivi, in questi anni di perbenismo e lassismo imperante. Apertura con “La mia parte intollerante”, ma ad ogni canzone c'è il cambio d'abito e di scena, e l'artista Caparezza lascia spazio al ragazzo molfettese, al Michele Salvemini (è questo il nome del rapper molfettese) innamorato della sua città, che non la riconosce più,completamente sbilanciata, oramai identificata al suo centro commerciale, resa opaca dalle vicende mai risolte dell'iprite, adombrata dalla memoria labile delle tragedie passate, vittima della politica dei pochi, maledetti e subito. In “Eroe, storia di Luigi delle Bicocche”, Caparezza canta il dolore dei lavoratori e indossa una tuta con la scritta “Truck Center”, dramma cittadino già dimenticato; è poi la volta di “Vieni a ballare in Puglia”, la feroce e sacrosanta dichiarazione d'amore per la propria terra, nostra vittima e nostra carnefice, e poi gli interventi di due ospiti d'eccezione: Bugo e Roy Paci, testimoni oculari della straordinarietà dell'evento. “Ma deve essere davvero importante per Molfetta questo concerto!” osserva lo stralunato Cristian Bugatti, in arte Bugo, cantautore sui generis, talento puro della scena musicale indipendente italiana. E dopo una breve pausa, il bis con “Vengo dalla Luna”: ponte ideale col primo concerto in terra molfettese, cantata a squarciagola in quel settembre sotto la pioggia, cantata a squarciagola adesso, manifesto di chi non si riconosce più in niente e che, nonostante questo, continua a lottare per le proprie convinzioni, continua a vivere la politica come partecipazione civile e che non smetterà di far sentire la propria voce. Molfetta si è scoperta priva di luoghi per la cultura: a parte gli sprazzi di teatro per pochi e danarosi eletti, non c'è nulla per i ragazzi, per le associazioni che lottano per la sopravvivenza e che mal comunicano in questa melma emozionale. Ci sono voluti sei mesi interi di tentativi e bisticci burocratici, ma alla fine Caparezza ce l'ha fatta, e ce l'ha fatta la sua personale macchina organizzativa, ce l'hanno fatta le associazioni che hanno appoggiato l'evento: l'Arci “Il cavallo di Troia”, i gruppi di Amnesty, Emergency, G.A.S., la Casa dei Popoli, Linea 5, Legambiente, Le Macerie Baracchi ribelli, la Lega del cane, Legambiente e l'ANT; ce l'ha fatta il pubblico infinito e festoso; ma ce l'ha fatta Molfetta? Attenzione, allora, a ognuna di queste associazioni, alle loro attività, e arrivederci al prossimo segnale di vita della città.