Cala Sant'Andrea i residenti: no al giardino, sì all'anfiteatro
È imminente la riqualificazione di Cala Sant’Andrea. In linea con il progetto già esecutivo Contratti di Quartiere II, l’amministrazione Azzollini, in persona del direttore dei lavori e progettista, arch. Lazzaro Pappagallo, avvierà la ristrutturazione dell’area nelle prossime settimane. Si tratta di un progetto di particolare portata edilizia e architettonica per riqualificare uno spazio abbandonato alla mercé dell’ormai comune, diffuso e costante scempio che interessa, purtroppo, molte zone di Molfetta. Una necessità corale, voluta da tutte le parti sociali coinvolte, amministrazione e cittadini. Un solo punto di discrasia: una diversità strutturale di vedute, che interessa l’aspetto squisitamente tecnico e sociale. Secondo il progetto, l’area sarà adibita a “giardino pensile”, assumendo i contorni di una sorta di ampia piazza, dotata di panchine, di gradoni in blocchi di pietra, di percorsi di transito pedonale, di ampi spazi di verde, che non occultino la visuale del Duomo, e di una variegata pavimentazione locale che privilegi la bellezza del Duomo da una parte e l’affaccio mare dall’altra (basolato di tre tipologie: acciottolato in prossimità della chiesa e del mare, calcareo nella zona centrale di passeggio e transito, vulcanico ad intersecare le zone di verde). Infine scivoli di massi calcarei come ingresso mare. Ma al Comitato di Quartiere del Centro Storico di Molfetta questa soluzione non aggrada affatto. Quest’ultimo, da tempo, lamenta che proprio questa finalità dell’area come “giardino” stabilita dal progetto Comitato di Quartiere II non assolva l’originaria e naturale funzione della stessa, bensì la snaturi e la limiti, non rispondendo alle reali esigenze dei cittadini, in particolare a quelle dei residenti del Centro storico di Molfetta. Il Comitato di Quartiere caldeggia una semplificazione del progetto che, nell’ottimizzare i costi in corso d’opera e in fase manutentiva, favorisca una diversa fruizione della cala, più semplice, e consenta di usare l’area come una sorta di “anfiteatro”, come luogo per manifestazioni culturali, riunioni cittadine o eventi di vario genere. Secondo il Comitato, questa funzione risponderebbe alla connaturata struttura dell’area, data la sua vasta superficie, privilegiando anche l’uso del mare e la visione del Duomo. Per far ciò, dunque, vorrebbe uno spazio più ampio, non occluso, con la sola chianca locale calcarea. Il Comitato di Quartiere si duole, però, del fatto che «il percorso di partecipazione e condivisione degli abitanti previsto per questa tipologia d’interventi non sia stato compiutamente attivato». Lamenta in sostanza l’inosservanza da parte dell’amministrazione dell’art. 2 del D.M. n. 2522/01, perché al momento di definire la riqualificazione dell’area ha omesso di promuovere la partecipazione dei cittadini alla determinazione degli obiettivi progettuali. Ma questo tavolo di concertazione fra le parti sociali coinvolte, Comune e Comitato, ci sarebbe stato, ha spiegato a Quindici l’arch. Pappagallo, come comproverebbe il contenuto di una serie di verbali redatti nel 2004 proprio dopo questi incontri. Come emerso nell’ultimo incontro del Comitato e poi confermato dall’arch. Pappagallo a Quindici, sembra si fosse deciso di destinare l’area a una “funzione urbana”, genericamente intesa, con l’impegno di stabilirne la fruizione specifica in itinere. Il tutto nell’osservanza del Piano di Recupero del Centro Storico, in cui rientra anche l’odierno progetto di riqualificazione di Cala Sant’Andrea che, in riferimento alla zona retrostante il Duomo, ha sempre parlato di zona da adibirsi ad “attività turistiche”. L’arch. Pappagallo sostiene di aver seguito e rispettato l’intero iter burocratico, amministrativo e tecnico, compresa l’imprescindibile acquisizione del parere favorevole della Soprintendenza. Tutto ciò dovrebbe sanare, quantomeno in teoria, i dubbi sulla validità e la legittimità tecnica del progetto, con particolare riferimento alle fasce di rispetto per il Duomo e per il fronte mare. Qual è la reale interpretazione dell’art. 2 del decreto? Quale la reale portata della interazione tra le parti prevista dalla legge? In sostanza, è sufficiente che la condivisione sulla funzione da attribuirsi all’area si limiti ad avere contorni generici? Oppure anche in fase di determinazione della fruizione specifica dell’area era necessario allestire un ulteriore tavolo di concertazione? Qual è il nodo della questione? È palmare che il Comitato di Quartiere sposi un’idea di riqualificazione di quest’area completamente differente da quella del progetto di prossima esecuzione. Una cosa è adibire un’area a giardino pensile, altra cosa adibirla ad una sorta di anfiteatro. Numerosi sono stati gli incontri tenutesi nei mesi precedenti per tentare di avviare una sorta di contraddittorio fra amministrazione e Comitato, per giungere ad una soluzione condivisa del problema. Dopo l’incontro fra alcuni rappresentanti del Comitato e l’arch. Pappagallo, pare che il Comune abbia palesato la sua disponibilità a valutare le richieste del Comitato di Quartiere, aprendo alla possibilità di apportare varianti al progetto in corso d’opera (modifiche di piccola entità che mai stravolgeranno o muteranno lo spirito di un progetto ormai esecutivo). Ma se la questione nasce da una sostanziale diversità di funzione e fruizione dell’area che inevitabilmente investe la natura del progetto, come può parlarsi di varianti che riescano a soddisfare le esigenze del Comitato? I dubbi e i quesiti permangono. Potrebbe auspicarsi un modo per imprimere su questa zona una funzione che si avvicini alle richieste del Comitato? La comunicazione inviata dal Comitato al sindaco Antonio Azzollini è rimasta “lettera morta”?