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C'era una volta la Multiservizi Una favola molto attuale
15 luglio 2002

Un bel giorno del dicembre 2001, il sindaco di Molfetta si sveglia con brillanti desideri di innovazione, anche se non sa cosa innovare, né perchè. Si guarda intorno alla ricerca di un potenziale oggetto di cambiamento e dopo lunghe peripezie nel nulla, messo a punto in un anno di sindacato, gli viene in mente l'idea risolutiva, la Multiservizi; cambierà la Molfetta Multiservizi. Si siede a tavolino e scrive una lettera in cui chiede alla società in questione di cambiare faccia. La Multiservizi non batte ciglio e, dopo una notte insonne, esattamente il giorno successivo, gli suggerisce di rifare l'oggetto sociale del proprio statuto per poter gestire una sfilza infinita di nuovi servizi, aggiuntivi rispetto a quelli attuali. A questo punto non basta più un consiglio di amministrazione di sole tre persone; le poltrone devono essere almeno cinque. Ma che bell'idea! Avrà pensato il sindaco. Così si fa. Le decisioni importanti vanno prese ad intuito, senza pensarci. Non servono valutazioni di fattibilità, piani aziendali, indagini di mercato. E poi questa iniziativa è perfettamente coerente con l'impostazione di tutte le attività di questa amministrazione: superficialità e incompetenza a livello elevatissimo accompagnate da una consistente dose di clientela allo stato puro, in gergo definita "stabilità". E proprio in onore della famigerata stabilità, il primo obbligo nel progetto di innovazione sarà quello di consentire che tutti gli incarichi affidati alla Multiservizi possano essere da questa affidati ad altre aziende. La legge non lo permette? E altrimenti che innovazione sarebbe! E' un sistema per aggirare le gare? E' la procedura per radicare e consolidare la clientela? Ve li immaginate i circuiti che rapidamente si genereranno: il politico dice all'ufficio di passare, senza gara, il lavoro alla Multiservizi perché a sua volta lo giri, sempre senza gara, all'impresa tizio che ricambia la cortesia… Ma no, queste sono le calunnie dei soliti orchi delle favole che cercano di distruggere i progetti del mago della città. Nei fatti sono in pochi a non aver capito che questa è la bacchetta magica che trasformerà una società sana ed efficiente, considerata in tutt'Italia punto di riferimento da imitare, in un volgare strumento di clientela e di pratiche illecite ad elevati costi per i cittadini. Maria Sasso
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