Bufi, il processo dei “non so” e “non ricordo”
Se uno dei punti fermi della riforma dell'ordinamento giudiziario auspicata dal Guardasigilli Castelli, riforma che di fatto è stata respinta dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi era l'abbreviazione dei tempi processuali, sicuramente quello su Anna Maria Bufi, la ragazza che quasi tredici anni or sono fu barbaramente uccisa e lasciata sul ciglio della S.S. 16 bis, non è il simbolo della velocità e speditezza giudiziaria.
Continuano infatti ad alternarsi un numero elevato di testi i quali però tra un “non so” e un “non ricordo” non aiutano di certo la Corte a trovare una soluzione a breve termine.
All'udienza del 15 dicembre è stata ascoltata la cugina della vittima, Maria Francesca Bufi, arrivata direttamente dalle isole Canarie dove risiede stabilmente. La stessa, è stata sottoposta alle domande del PM dott. Bretone e subito dopo dal sostituto dell'avv. Maralfa, avv. Maurizio Altomare.
E' emerso che qualche ora prima dell'omicidio, Maria Francesca ha visto proprio sotto casa sua la cugina che si intratteneva in una macchina color beige con un'altra persona e che subito dopo ha visto la cugina uscire dalla macchina, salire sulla sua, e seguire detta macchina beige.
La Bufi ha anche affermato che era a conoscenza di una relazione tra la povera Anna Maria e l'imputato Bindi Marino, relazione che le fu rivelata da sua sorella, stretta confidente di Anna Maria.
Si è cercato di far luce principalmente sulla macchina dell'assassino: una Polo o una Golf? Di colore beige o giallo? Anche in questo caso si è parlato solo di supposizioni.
Successivamente è arrivato il turno di Saverio Mastropasqua, attualmente investigatore privato ma che all'epoca dei fatti era titolare di una piccola attività e tra l'altro svolgeva la funzione di custode giudiziario. Anche in questo caso si è parlato solo di supposizioni e di un'idea del Mastropasqua, il quale, sapendo che la Bufi lavorava presso la ditta Roscini e, sapendo che il titolare della ditta era proprietario di otto macchine tutte sequestrate, tra le quali anche una Polo sospetta, chiese al magistrato che seguiva l'indagine, dott. Di Donato di poter autorizzare gli organi inquirenti ad effettuare dei rilievi sulla stessa. Nulla di rilevante fu accertato.
Infine, deposizione lampo da parte di Oronzo Sguera, appuntato in pensione, il quale non ha fornito alcun elemento utile per aiutare il presidente Maria Concetta Russi a sciogliere il bandolo della matassa poiché il militare, sebbene in servizio presso la caserma dei carabinieri di Molfetta, all'epoca dei fatti ha svolto solo attività di vigilanza.
Prossima udienza il 9 febbraio.
Alessandro de Gioia