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Blu Economy: crisi della pesca e sviluppo sostenibile, convegno del Rotary
15 giugno 2012

A Molfetta analizzare i problemi del settore pesca non è mai stato un esercizio facile. E il forum organizzato all’Hotel Garden dal Rotary Club cittadino con i club di Altamura-Gravina, Bisceglie, Bitonto e Corato, ha confermato che la Blu economy lascia trapelare una serie di problemi irrisolti e senza soluzioni concrete. Problemi ancora più urgenti in questo momento di crisi economica globale, in cui tutti i settori produttivi sono costretti a un profondo rinnovamento per uno sviluppo sostenibile legato alla qualità e alla cultura socio-economica dei territori piuttosto che al semplice dato consumistico e quantitativo. Nessuna eccezione per l’economia del Mediterraneo, la cui maggiore difficoltà è creare un dialogo tra popoli e culture differenti, senza il quale uno sviluppo integrato e sostenibile non sarà mai possibile. Questa prospettiva di fondo, che ha animato anche i quattro precedenti forum organizzati dai Club Rotary locali (progetto «Casa del dialogo mediterraneo»), ha trovato concordi tutti i partecipanti al dibattito, politici, ricercatori, amministratori locali e rappresentanti di categoria. Con quali progetti e idee concrete si può avviare questo dialogo? Come creare una volontà politica mediterranea che faccia sentire la propria voce nell’UE e oltre? Secondo Giuseppe Lembo, presidente del COISPA Tecnologia & Ricerca, il problema da cui partire è la scarsa consapevolezza che le risorse del mare non sono infinite: da diversi decenni le popolazioni ittiche del mediterraneo sono sovrasfruttate. Tutti i naselli pescati nel Mediterraneo, ad esempio, non si sono mai più riprodotti: continuare a pescare in questa maniera parassitaria e incontrollata, a fronte di un bacino di consumatori che aumenta costantemente, diventa perciò economicamente insostenibile. Cambiare il modello di sviluppo significa introdurre una nuova etica d’impresa, attenta alle popolazioni e all’ottenimento del massimo rendimento sostenibile dal pescato. Significa introdurre la cultura della legalità e della cooperazione fra le diverse categorie di produttori, lavorando maggiormente a terra e regolando il mercato con norme certe e progetti di sensibilizzazione di produttori e consumatori. Il tutto in un quadro normativo più semplice di quello attuale, che favorisca il decentramento nei progetti e nelle decisioni. Per questo motivo, il dialogo fra i popoli del Mediterraneo è indispensabile, come ha sottolineato Damiano Petruzzella, ricercatore dell’Istituto Agronomico Mediterraneo. L’ente intergovernativo ha condotto in questi anni diversi esperimenti di dialogo e cooperazione con i paesi del Nordafrica, del Medio Oriente e dell’altra sponda dell’Adriatico. Se si vogliono utilizzare al meglio i 6,7miliardi di euro del nuovo Feamp (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) bisognerà procedere proprio sulla via dell’integrazione e della cooperazione fra piccoli produttori e fra popoli mediterranei, in modo da contrastare seriamente la pesca illegale e la concorrenza sleale dei Paesi extraeuropei che non sottostanno alle regole comunitarie. L’obiettivo è un mercato mediterraneo capace di opporre al potere della grande distribuzione la ricchezza qualitativa e culturale dei diversi territori. In pratica, sarà opportuno potenziare le organizzazioni locali di produttori, come ad esempio i Gruppi di Azione Costiera (Gac), sviluppare l’acquacoltura e ripensare tutta la filiera produttiva. Leo Petruzzella, assessore alla Pesca e ai Fondi europei del Comune di Molfetta e presidente del Gac «Terra di Mare», ha annunciato che presto, in collaborazione con i Gruppi di azione locale del settore agricolo (Gal), sarà proposto alla Regione Puglia un «marchio d’area» che unisca terra e mare, promuovendo a livello europeo il lavoro di tutti i produttori agroalimentari della zona. Nel dibattito conclusivo moderato da Felice de Sanctis, giornalista economico della Gazzetta del Mezzogiorno e direttore di Quindici, rappresentanti di categoria e amministratori locali non si sono sottratti al confronto con i ricercatori. Per Corrado Peroni, vicedirettore generale di Federpesca, in un quadro di generale riduzione della forza lavoro nel settore ittico nazionale, lo sviluppo economico può essere conseguito non con inutili politiche di assistenza, ma con i sostegni pubblici a progetti di ricostruzione industriale della filiera. Oggi, però, questa volontà politica di riforma non esiste ancora. «A Molfetta ormai sono attivi solo 70 natanti, compresi i più piccoli. È perciò indispensabile riposizionare il nostro sistema, andando oltre l’ideologia “ambientalistica” repressiva che ha contraddistinto l’approccio comunitario al problema della scarsità di risorse ittiche - ha commentato Giuseppe Gesmundo, rappresentante di Assopesca Molfetta -. Occorre un lavoro a terra che valorizzi la qualità del pescato, a dispetto di un mercato oggi drogato dalla quantità che deprime i prezzi e impoverisce i piccoli produttori». A chiusura del forum, Mario Greco, governatore del distretto Rotary di Puglia e Basilicata, ha lanciato un appello ai politici locali e nazionali: è necessario lavorare ad un progetto comune capace di difendere in sede europea le specificità territoriali pugliesi. Non è ammissibile che le regole siano scritte con parametri favorevoli ai soli Paesi del Nord Europa. Se si vuole davvero lavorare per lo sviluppo economico dell’Italia e non solo, è opportuno richiamare l’Unione Europea alla «dimensione mediterranea».

Autore: Vito Angione
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