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Conversazione in Molfetta 10 ANNI 100 COPERTINE
15 marzo 2004

Li ho conosciuti per caso, durante la seduta del Consiglio comunale del 5 luglio scorso. Giovanni di Terlizzi e Damiano Sallustio erano saliti al primo piano di Palazzo Giovene per parlare con il nuovo assessore alla socialità, il preside Damiano d'Elia, approfittando della sua presenza nell'aula consiliare. Mi invitano a partecipare all'incontro con il neo assessore. Si augurano che la mia presenza (hanno inteso che collaboro con Quindici) possa dare una mano al progetto che tanto hanno a cuore, auspicano che la città lo conosca. Giovanni, per gli amici Giannino, introduce subito l'argomento. Il suo parlare è scabro ma essenziale, specchio di una cultura che alle sottigliezze intellettualistiche oppone la drammatica concretezza delle situazioni e la saggezza illuminante delle soluzioni. Riesce convincente, facendo ricorso in giusta misura alla foga della passione e alla lucidità delle argomentazioni. I suoi ragionamenti sono incontrovertibili, si ispirano ai grandi temi della civiltà e della qualità del vivere. Damiano Sallustio è più taciturno, forse anche un po' emozionato, fa quasi da eco, con frasi schiette e semplici, alle argomentazioni sapide di Giannino: “Ci dovete aiutare! Noi stiamo facendo il possibile, ma non possiamo fare tutto”. Gianni di Terlizzi e Damiano Sallustio sono consiglieri dell'Associazione di quartiere Madonna dei Martiri, che si è costituita all'inizio di quest'anno. Sono 38 uomini di buona volontà e di alto senso civico che hanno voluto dare chiara forma giuridica al loro sodalizio, proprio perché intendono fondare su base solida, superando le incerte forme organizzative dei vecchi comitati di quartiere, la loro iniziativa e i loro interventi. Il loro progetto è nobile e ambizioso. Essere la coscienza vigile e critica del quartiere, operare per il suo riscatto civile e culturale. Sono pronti a sacrificare il loro tempo libero, a mettere a disposizione la loro sagacia organizzativa, tutte le risorse umane, e persino finanziarie, disponibili. Chiedono che l'Amministrazione li ascolti, che dia soddisfazione alle loro impellenti esigenze (illuminazione, rete fognante, bonifica e sistemazione dei marciapiedi, regolamentazione del traffico lungo il Viale dei Crociati), e soprattutto che assegni loro una sede, che sia nello stesso tempo sede dell'Associazione e sede di un centro sociale, gestito a spese dell'Associazione e degli abitanti. E anche su questo fanno una proposta concreta. Disporre di un luogo che diventi un ritrovo e un punto di riferimento per i giovani del quartiere è un aspetto essenziale del loro obiettivo di fondo: “operare nel sociale”, offrire ai giovani una valida alternativa all'emarginazione e alla noia. Hanno già cominciato a lavorare in questa direzione, collaborando alla organizzazione, per ciascuna domenica di luglio, dei giochi di quartiere. Sollecitano la mia presenza, perché possa verificare la veridicità delle loro affermazioni. Lungi da me l'idea di mettere in dubbio alcunché, prometto che sarò presente per testimoniare, per quello che può valere, la mia solidarietà alla loro iniziativa. Nel pomeriggio di domenica 7 luglio, appoggiati al muretto di Viale dei Crociati, riprendiamo la conversazione del venerdì precedente. Puntualmente, ritornano al centro dell'attenzione i diversi problemi del quartiere, in particolare quello che in estate è preminente, cioè la necessità di regolamentare il traffico lungo il Viale, per evitare che si ripetano, come in passato, incidenti anche gravi, provocati da irresponsabili che, alla guida di automobili o motocicli, scorrazzano sul rettifilo ad alta velocità. La conversazione si anima, l'attenzione per lo svolgimento dei giochi passa in secondo piano; altri spettatori, richiamati dai nostri discorsi, si avvicinano per dire la loro. Ognuno dei miei interlocutori ha una proposta concreta da suggerire. Infine quasi tutti concordano sull'opportunità di chiudere al traffico il Viale dei Crociati, per farne una passeggiata al mare, come da tempo s'è deciso di fare per il lungomare Colonna. Il piacere della brezza invita a proseguire la conversazione. Si toccano altre questioni, si torna ai principi generali: ”Noi siamo come gli altri, paghiamo le tasse come gli altri, non vogliamo essere trattati diversamente, vogliamo che il nostro quartiere sia vivibile come gli altri”, dichiara perentoriamente Paolo. Intanto i giochi si sono conclusi, e mentre i ragazzi sgattaiolano lungo la spiaggia per un bagno ristoratore, i raggi del sole, ormai al tramonto, delimitano in vivido contorno la sagoma di Pinuccio che si inerpica sulla scala per sciogliere i festoni delle bandierine, visibile richiamo della piccola festa di quartiere. “Mi raccomando, fate un bell'articolo”, mi dice al momento del congedo Damiano. Rispondo che farò del mio meglio. Sulla strada del ritorno, risucchiato dall'afa opprimente delle strade del centro, ripenso alla fierezza di quegli uomini, al loro straordinario desiderio di essere protagonisti di cultura e civiltà, pur non essendo “intellettuali” di professione. E' la risposta migliore per smentire chi ritiene che la cultura in questa città sia morta. E, chissà perché, mi sovviene dei personaggi di “Conversazione in Sicilia”, ad un tempo soavi e fieri, anche se disperati. Va da sé, però, che la pagina più bella che sui nostri amici dell'Associazione potrà mai essere scritta, sarà quella che saprà scrivere l'Amministrazione con i suoi atti concreti. Ora, infatti, tocca al Sindaco dare seguito a questa “conversazione in Molfetta”. Arcangelo Ficco 31.7.1996
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