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Balducci: il Pip3 si farà con l'opera di mitigazione su Lama Scorbeto
15 aprile 2012

Quali le intenzioni tecniche del Comune di Molfetta per il Pip3 dopo la sentenza del Pai e il ricorso in Cassazione? Quindici ne ha parlato con l’ing. Enzo Balducci, dirigente ad interim del Settore Territorio. Ing. Balducci, dopo la sentenza del TSAP, a prescindere dal ricorso in Cassazione, quali decisioni assumerà il Comune di Molfetta per il Pip3? «Il Comune sta andando avanti con la progettazione esecutiva dell’opera di mitigazione su Lama Scorbeto che, intercettando a monte la perimetrazione dell’AdB per quella lama, libera dal rischio idrogeologico l’ampliamento del Pip. Il vincolo dell’alta pericolosità sarà rimosso proprio con l’esecuzione dell’opera, la cui progettazione è a un livello avanzato. Lo stesso finanziamento dell’opera è incluso nel Piano delle Opere Pubbliche 2011-13, quindi si tratterebbe in futuro solo di appaltarlo. Intanto, andremo avanti nel ricorso presentato alla Regione Puglia per le infrastrutture. È ferma volontà dell’amministrazione Azzollini rendere sicuro il territorio di Molfetta da un punto di vista idrogeologico con la realizzazione di quelle opere di mitigazione. È necessario trovare ora un momento di sintesi per non bloccare completamente l’attività comunale, anche con la realizzazione delle opere di mitigazione». Ma l’opera di mitigazione comunale è in grado di sostenere un’onda di piena di milioni di metri cubi? Non c’è il rischio che l’acqua si riversi dalla dolina del Gurgo nel Pulo? «Assolutamente. Gli studi sono tali che non prevedono questa eventualità. Ma anche nelle ipotesi che ciò dovesse accadere, gli studi e la progettazione fatta consentono di smaltire quelle acque». Ing. Balducci, l’opera di mitigazione su Lama Scorbeto ha un costo superiore al milione di euro. Spostando il Pip3 nelle zone non soggette a vincolo, si eviterebbe di realizzare quell’opera, con un risparmio per le casse comunali. «È impensabile. È vero che forse ci sarebbe un risparmio se non realizziamo l’opera di mitigazione idraulica, ma subentrerebbero dei costi notevoli per l’urbanizzazione. Infatti, l’ampliamento del Pip ha un senso solo in zone attigue all’esistente, dove sono presenti già tutti i servizi. Nel momento in cui ti sposti nei terreni agricoli a monte dell’attuale zona industriale e Asi, in quei terreni non interessati dalla perimetrazione Pai, è chiaro che bisogna realizzare nuovamente tutte le opere di urbanizzazione, compresi gli espropri». Eseguita l’opera di mitigazione e liberata l’area del Pip3 dal rischio idrogeologico, non si rischia che le fondamenta dei manufatti siano realizzate a profondità maggiori rispetto al progetto esecutivo a causa della poca consistenza di quel terreno, considerato che l’area interessata dal Pip3 è attraversata dalle lame con aste fluviali a rimodellamento attivo? Non si spenderebbero a quel punto più risorse economiche per utilizzare una quantità maggiore di cemento? «È impossibile, perché il sottosuolo locale è prevalentemente di natura calcarea. Ci sono, però, poche zone con delle cavità, ma fanno parte dell’orografia del terreno». Con l’opera di mitigazione su Lama Scorbeto, si dovrebbe liberare la zona dell’area sud del Pip3. Ma per l’area nord, che si colloca sulla confluenza di Lama Marcinase e dei suoi affluenti, proprio a ridosso del comparto 21 (autoporto)? «Intercettando Lama Scorbeto, la zona dell’area nord del Pip3 si libererebbe tutta». Nella Relazione Tecnica Illustrativa del Pip3 si considera modesta la pericolosità idraulica, innocua la Lama Scorbeto che lo attraversa, mentre Lama Marcinase e Lama Pulo avrebbero perso le loro caratteristiche idrologiche. La stessa Lama Marcinase, proprio nel tratto che interessa l’area nord del Pip3, è paragonata a un semplice fosso. Secondo lei, quanto affermato dall’ing. Rocco Altomare, progettista del piano e all’epoca dirigente del Settore Territorio, può essere considerato corretto? «Questo risulta a memoria d’uomo e dagli studi programmati ed eseguiti». E l’onda di piena del 1956? «Io non ho trovato testimonianze di quell’evento. E anche se ci fosse stato, non so quali danni siano stati prodotti. È chiaro che tutto debba essere eseguito dopo studi approfonditi, vista la particolarità del nostro territorio con degli allagamenti puntuali, ma tutto è poi portato a mare. È anche necessario fare quelle opere di mitigazione perché, nel caso la natura dovesse fermarsi un attimo su Molfetta, è giusto non essere colti impreparati».

Autore: Marcello la Forgia
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