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Azione amministrativa, la direttiva del Governo: una “ripetizione scolastica” Linee d'intervento dai concorsi al monitoraggio. Necessario garantire la legalità e il corretto esercizio dell'azione amministrativa. Trasparenza, accountability e performance organizzativa per Molfetta
27 gennaio 2013

Una ripetizione scolastica concessa dal professore agli “alunni” distratti da iPad, sms, chiacchiere e dissertazioni sui “massimi sistemi” (ministri e portamonili, sindaci e amministrazioni varie, consiglieri e dirigenze di varia elezione). È la direttiva generale sull’azione amministrativa, emanata nel 2012 dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e per la Semplificazione: una nuova linea strategica, articolata in priorità politico-amministrative che dovranno essere attuate non solo dal Governo, ma soprattutto dalla prossima Amministrazione comunale di Molfetta.

Diverse le linee d’intervento per (tentare di) salvare la stamberga italica. Innanzitutto, l’ottimizzazione delle performance organizzative comunali e la valorizzazione delle diverse professionalità: misure che il Comune di Molfetta avrebbe dovuto già applicare perché semplicemente legate all’ordinaria amministrazione.

Se si escludono la partecipazione di dirigenti e qualche dipendente (soprattutto per i settori Tributi ed Economico-Finanziario) ad alcuni corsi di formazione e la relazione del Nucleo di Valutazione sull’operato dirigenziale, quasi mai a Molfetta sono state adottate misure organiche finalizzate allo sviluppo della professionalità, alla valorizzazione del merito e all’accrescimento della motivazione del dipendente pubblico.

Tant’è che per carenza di personale specializzato (o per iperlavoro) il Comune è stato costretto ad affidare una serie di incarichi a professionalità esterne che, anche se di comprovata competenza, hanno comunque rappresentato uno sforzo finanziario per le casse comunali.

 

La direttiva governativa, invece, prevede l’elaborazione di specifiche iniziative per razionalizzare organizzazione del lavoro ed economie di gestione. Secondo il Governo, sarà necessario rivitalizzare i canali concorsuali e meritocratici nella selezione del personale, adottando atti d’indirizzo per l’accesso agli impieghi, cui si dovranno affiancare percorsi di formazione continua e strumenti per neutralizzare i rischi di una possibile compromissione del principio di imparzialità.

Interesse maggiore alle economie di sistema. Perciò, il Governo ha voluto focalizzare l’attenzione sull’attività di monitoraggio per garantire la legalità e il corretto esercizio dell’azione amministrativa: i controlli si dovranno concentrare non solo sul rapporto cittadino-Comune, quasi sempre sfilacciato e frammentario, ma anche sull’iter procedurale dei provvedimenti e sui fenomeni di incompatibilità e cumulo di impieghi.

Queste misure governative potrebbero essere scambiate come “novità”, ma in sé già scadute come il branzino al sugo della domenica: demoralizzante, ma in linea con i pessimi standard italiani. La stessa azione sistemica di revisione governativa è una minestrina più volte riscaldata, ma mai assaggiata, come anche la razionalizzazione della spesa pubblica e la rifocalizzazione sulle attività di “core”: sono polpettine di mappa che dovevano essere già state digerite dal Governo e, soprattutto, dal Comune di Molfetta già dal 2001 (alcune leggi, cui la direttiva si ispira, sono state emanate dal 1999).

 

Inoltre, il Governo suggerisce la riduzione degli oneri burocratici a carico dei cittadini e anche delle imprese con politiche di semplificazione. Un “consiglio” politico-amministrativo che il Comune di Molfetta dovrebbe applicare per il prossimo futuro.

Occorrono significative misure per agevolare le procedure burocratiche e invogliare l’approdo di industrie nel territorio locale, invece di favorire unicamente centri commerciali e dequalificanti catene di lavoro. Infatti, la zona industriale di Molfetta è in asfissia tra cassa integrazione e disoccupazione, diminuzione delle commesse e difficoltà a sostenere i costi di produzione.

 

Tra l’altro, la stessa razionalizzazione delle strutture e degli apparati amministrativi non ha mai avuto a Molfetta un effettivo atto d’indirizzo che sostenesse la realizzazione di strumenti per l’analisi settoriale delle funzioni e dei servizi e per il raggiungimento delle finalità istituzionali con efficienza, efficacia ed economicità. Per il Comune di Molfetta, dove è opportuno riscoprire trasparenza, accountability e performance organizzativa, questa direttiva (che potrebbe restare anche carta morta) è una vera e propria novità evangelica, nonostante l’esistenza di un protovangelo redatto da troppi messia e profeti, predicatori del nulla in terra straniera.

 

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Autore: Marcello la Forgia
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Articolo che mi richiama alla mente una riflessione sui costi della politica, una immonda elefantiasi. Vorrei fare, a questo proposito, due sole considerazioni: 1) le Regioni a Statuto Speciale, risultano, dopo la caduta del muro di Berlino e il consolidarsi dei trattati per l'Unione Europea, un vero e proprio anacronismo. Oltre a continuare ad usufruire di una autonomia legislativa e di un potere amministrativo, fonti soltanto di accumuli improduttivi, infondono propensioni separatiste nelle confinanti regioni con la conseguente erosione e disgregazione del tessuto comunale che faceva da collante culturale e sociale alle stesse; 2) a tempo ormai scaduto per la soppressione-riallineamento delle Regioni a Statuto Speciale a quelle ordinarie, nel 2001 la politica del centro-sinistra allora governante pensò bene di incrementare i poteri e le prerogative di quelle ordinarie nel cinico tentativo di contrastare la crescente ascesa dell'ondata leghista, con il risultato opposto che tutti sapete e con la rinascita politica della piovra faccendiera-affaristica abozzata al suo sorgere del 94-96. Così si sono moltiplicate ed estese le spese e le rendite anche delle Regioni a Statuto Ordinario. Cosa fare??? 1. Abolizione immediata delle Regioni a Statuto Speciale con contemporaneo controllo da parte delle Sezioni territoriali della Corte dei Conti. 2. Riunificazione dell'intera struttura regionale sotto una riformata Camera del Senato della Repubblica, che diventerà un organo elettivo a base regionale senza distinzione di età per diritto di elettorato attivo e i cui componenti dovranno essere eletti nelle singole regioni.

Mi preme sottolineare alcuni aspetti della vicenda, che non dovrebbero essere tralasciati. L'elenco dei principi generali dell'attività amministrativa si ricava dall'art. 97 della Costituzione, dalla Legge n. 241 del 1990, dalla giurisprudenza amministrativa (TAR e Consiglio di Stato). Si tratta, però, di un elenco esemplificativo, perché si possono affermare principi nuovi dovuti alle trasformazioni sociali, all'evoluzione del pensiero giuridico, a nuove concezioni sociali dominanti. Il “professore” si è soffermato sul principio di ragionevolezza che si evince dal sistema giuridico, in particolare dai principi costituzionali di imparzialità e del buon andamento, così come dai principi cristallizzati all'interno della legge sul procedimento amministrativo. Per questo motivo, l'azione amministrativa si deve adeguare ad un canone di razionalità operativa per evitare decisioni arbitrarie ed irrazionali. In buona sostanza, si intende rimarcare che l'operato della Pubblica Amministrazione deve essere immune da censure sul piano della logica, aderente ai dati di fatto ed agli interessi emersi nel corso dell'istruttoria e coerente con le premesse ed i criteri fissati dalla stessa Pubblica Amministrazione. Il rispetto del principio di ragionevolezza impone che la Pubblica Amministrazione utilizzi un provvedimento proporzionato alle finalità da conseguire, supportato da appropriata motivazione e che tenga conto dell'interesse primario, degli interessi con cui questo può venire in conflitto e di tutte le circostanze di fatto. E la violazione del predetto principio, a meno che non si tratti di assente o illogica motivazione, per lo più comporta il vizio dell'eccesso di potere ossia la patologia della discrezionalità.



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