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Auguri di pace a tutti i lettori di “Quindici” a Molfetta e nel mondo
Opera di Antonia Bufi
31 marzo 2024

 MOLFETTA – Auguri di pace a tutti i lettori di “Quindici” a Molfetta e nel mondo. A tutti offriamo una riflessione di don Vincenzo Di Palo, parroco di San Pio X, illustrata da un'opera di Antonia Bufi.

 «Gesù risorto da morte, quando incontra gli apostoli nel cenacolo dice: Pace a voi. È il saluto del Cristo; è il segno della risurrezione; è il primo dono alla chiesa. Il Risorto trova uomini, chiusi nel cenacolo perché impauriti e sgomenti per quanto accaduto, increduli e un po’ delusi dalla morte cruenta del loro Maestro. Essi volevano sentirsi dire parole rassicuranti per dare un senso a quei giorni. L’evento della croce infatti, pur vissuto da lontano, li aveva sconvolti e tanto. Avevano bisogno di pace.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi. Nel Vangelo di Giovanni al capitolo 14 al versetto 27 c’è scritto questo. La pace la dà il Maestro ai suoi; è una consegna del divino all’umano; è il dono fatto da chi ha raggiunto le vette del cielo, che prima di ritornarvi definitivamente, sente di affidare agli uomini la cosa più importante: la pace. La seconda parte della frase sconvolge: questa pace che Gesù dà non è come la dà il mondo. La pace di Gesù non è la pace del mondo. C’è una differenza di origine e di fine: di origine perché viene da Dio e non da- gli uomini; di fine perché il fine di Dio è la salvezza mentre il fine del mondo è il male. Va detto, che la parola mondo è intesa dall’evangelista Giovanni come spazio e tempo in cui opera il maligno, come luogo simbolico in cui si sedimenta il peccato.

Il mondo dà la pace in cambio di qualcos’altro e il suo prezzo non è mai la gratuità della croce ma è sempre il sangue di uomini e donne, lo scambio come oggetti tra prigionieri di guerra; un andirivieni di ostaggi nello spazio e nel tempo di una battaglia; gli accordi cosiddetti internazionali, tali perché ogni nazione si accorda con l’altra a partire dai propri interessi. È una pace che partire dai propri interessi. È una pace che non c’entra niente con il ripristino dell’ordine primigenio genesiaco. È invece la continuazione, a volte esplicita, a volte celata, sempre subdola e sotterranea (la chiamano guerra fredda), di quell’odio, di quell’inimicizia, di ogni violenza che ha origine nel fratricidio di Caino contro Abele.

La pace non la si vuole! È fluida come molte cose di oggi; è liquida, non si riesce a tenerla in mano o a conservarla in casa o a trattenerla per un breve tempo. È ingannevole, è una illusione delusa di chi è stanco di sognare. Le vittime delle guerre di oggi come di ieri non hanno tempo e forza di sperare. Non ne hanno voglia. Non vogliono che alcuno pronunci la parola pace. Non ci credono più. C’è qualcuno che non sa più cosa è un uomo (V. Rossi). La guerra, antitesi della pace, non solo uccide e annienta corpi umani, ma così com’è, violenta e veloce, porta consapevolmente ad annientare l’idea della persona umana, la sua grandezza, la sua dignità, il suo valore, la sua sacralità.

È vero: Dio dà la pace. Il mondo non la dà. Oggi non si vede luce, oggi non si sente il suono della festa. È anche vero che la Pasqua di Cristo, come vittoria definitiva sul male, è l’unica certezza che origina una speranza possibile. Non è un invito forzato ad aggrapparsi alla religione come ultima spiaggia. Non è la soluzione facile di credenti poco credibili, persone di chiesa e non di Cristo. Ma è la convinzione che un’altra storia si può scrivere, certi che la rinascita è più bella della nascita. E che l’unica vittoria ammessa sarà la fratellanza tra i popoli.

Auguri.

Don Vincenzo Di Palo»

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