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Astrazione dal mare, nove artisti in mostra
15 settembre 2017

Successo ha riscosso l’esposizione, presso la Sala dei Templari, intitolata Astrazione dal mare, che ha veduto la partecipazione di ben nove artisti di varia provenienza e sarà nuovamente allestita, a partire dal 2 settembre, nello spazio di 54 Arte Contemporanea. La mostra è stata impreziosita dalla partecipazione, con un elegante e poetico scritto, composto a partire dall’opera di Kahlil Gibran, del professor Gaetano Mongelli e dalla performance di danza di Alessia Lovreglio Wilson, avvenuta in occasione dell’inaugurazione. Già Baudelaire evidenziava come il mare sia “specchio” dell’uomo e adottava il termine abîmes (abissi) a indicare gli inesplorati recessi dell’animo umano. È pertanto evidente quanto le operazioni di estrazione e separazione mentale proprie del processo di “astrazione” finiscano col raccontarci molto dell’animo di chi le ha compiute, ma anche della psiche di chi osserva le tele. Non è un caso che gli artisti abbiano preferito evitare l’indicazione dell’intitolazione delle opere, proprio perché il fruitore potesse accostarsi ad esse senza il rischio di invescamento in percorsi precostituiti. Nell’opera di Vito Brattoli sembra costantemente emergere la tensione all’armonia cosmica, ricercata attraverso una vocazione geometrizzante e la riproposizione simbolica dell’elemento finestra. Essa diviene quinta spalancata sul mondo, perché dal mondo l’occhio possa successivamente volgersi all’io e rivelarne le risonanze interiori. Nei lavori di Pasquale Guastamacchia si rilevano l’attenzione al dettaglio, isolato e ricontestualizzato, e la volontà di stabilire corrispondenze tra le differenti opere. Nel dittico con vela e cetaceo, infatti, non si può non cogliere il dialogo dei cromatismi, tra i grigi e l’arancio che si rincorrono, in una concezione astratta e al contempo unificante del colore. Altamente suggestive le opere di Antonio Schito, che esplora le potenzialità della pittura acrilica su supporto multistrato. Notevole la serie Senza titolo, 30x30cm, con evanescenti sprazzi di figurativismo e improvvise accensioni di colore, che sembrano voler rendere percettibili allo sguardo anche l’impalpabile e il flusso emotivo. Walter Valentini offre visioni del crepuscolo, in cui l’atmosfera si fa ora nebulosa, ora fasciata di azzurrini languori. Il paesaggio urbano talora quasi si smaterializza in un indefinito lontanante di grande fascino, in cui il colore contorna ombre e pennella volumi, suggerisce il senso dell’atmosfera e, con improvvise stratificazioni, genera bagliori. Franco Valente lavora sulla decontestualizzazione, il recupero e la ricreazione di oggetti. Efficace l’accostamento dell’elemento ligneo alla stampa fotografica, in un binomio tra natura filtrata dalla percezione umana e/o rimodellata nella forma della tecnica mista. Ritorna il motivo, caro a Valente, della finestra, che si estrinseca in un modernissimo polittico, di vigorosa astrazione. Paolo Sciancalepore scandaglia con padronanza la dimensione mitica, attraverso il gusto delle rovine, l’assunzione del labirinto come metafora esistenziale e la ripresa di moduli classici. Questi ultimi sono felicemente incastonati in uno onirico slittare di forme oppure sottoposti a stimolanti giochi intellettuali, che conducono a una costante ridiscussione del tradizionale senso della spazialità. Nelle marine di Michele Paloscia si coglie l’acribia dell’artista nel delineare il flutto policromo o la spuma marina, generata dal frangersi dell’onda sugli scogli. Talora, la dimensione del sogno genera tonalità rosate e quasi fonde, attenuando i confini, distesa equorea e orizzonte. La tela diviene partitura in cui i cromatismi si richiamano, come quando un malva di nubi sembra ricomporsi a fior dell’acqua. Paolo Amerini muove dall’elemento marino per esprimere, con sapiente adozione della tecnica mista, un profondo senso della spazialità e la tensione verso l’infinito che connota la sua opera. Particolarmente felice l’uso del catrame, che, se mantiene un legame naturalistico, evocando scenari a noi noti di spiagge impeciate, consente sperimentazioni cromatiche che Amerini sonda con maestria. Natale Addamiano declina il binomio cielo- mare con attenzione al fattore atmosferico, ora dando risalto alle gradazioni della luce, con squilli di giallo tra le nuvole, ora inondando e avvolgendo di un rosso tramonto ogni cosa. Originale la resa della Secca dei Pali alla sera, in cui l’astrazione si traduce in ammiccamenti di nubi e atomi di forme, ma si percepisce chiaramente anche l’elemento sabbioso. Un plauso per l’allestimento, valido equilibrio tra figurativismo e tensione informale, tra mormorii d’onde, luminescenze e orizzonti che si perdono verso destinazioni ignote.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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