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Astrazione dal mare collettiva di pittura
15 settembre 2018

Ha riscosso gradimento di pubblico e critica la nuova edizione della collettiva Astrazione dal mare, curata da Natale Addamiano con la collaborazione di 54 Arte Contemporanea, e tenuta a battesimo, presso la Sala dei Templari, il 1° agosto dal Vicesindaco e Assessore alla Cultura, Sara Allegretta, dallo storico dell’arte Gaetano Mongelli e da Michele Vitulano. La manifestazione si è riproposta l’intento di una continuità rispetto all’allestimento dell’anno precedente. Felice la cornice prescelta, come ha evidenziato Sara Allegretta, quella Sala dei Templari che si configura sempre più in città come “luogo di elezione della cultura”. Mongelli ha offerto quelli che ha definito “appunti di un percorso di viaggio”, scandagliando le molteplici declinazioni di un “mare serbatoio di energie assai diverse tra loro”. Gli artisti dialogano con un presente quanto mai inquieto, attraverso la mediazione del mare che, dall’Ulisse di Omero a Joyce ai giorni nostri, ha heideggerianamente alimentato l’Arte, nella perenne lotta tra articolazione e densità. Sono venti gli itinerari antologizzati, ciascuno in sé rappresentativo. In alcuni casi il mare ispira percorsi surreali, attraverso cromatismi che evocano forme che sembrano affiorare dall’inconscio (Laurelli), o magari attraverso una riproposizione in chiave postmoderna di leggende – Colapesce – e miti cristiani – Giuditta e Oloferne –, riproposizione che conserva esili tracce narrative nella forma della sineddoche, in ironica revêrie (Sciancalepore). Una tensione espressionista e astratta connota il dialogo poetico di Simona Capitini, che si esprime validamente in un maestoso 150x155; espressionismo romantico, in cui il segno è forte declinazione di una percezione emotiva intensa, caratterizza l’opera del compianto Antonio Nuovo. Una robusta tensione informale innerva i lavori di Pino Spadavecchia, in cui il colore domina ed evoca forme che il ‘lettore’ dovrà integrare nel suo processo di decrittazione. Se Delaunay leonardescamente considerava le finestre “occhi dell’anima”, Franco Valente con la sue finestre, una spalancata sul mare, sembra voler offrire uno sguardo sul mondo che rivitalizzi ciò ch’è abbandonato, la res inanis, alla luce di una intuizione profonda. Vittorio Valente gioca la carta di un metamorfismo straniante, non privo – a nostro avviso – di ironia, avvalendosi efficacemente dell’acquarello; il mare come poesia per lo sguardo è fulcro della proposta di De Filippi, che coniuga affichismo e moderno dialogo verbo-visivo. Paulucci declina la marina nelle forme dello still life, affollando la composizione di oggetti e bandiere che, al di là di una possibile funzionalità, offrono una pluralità di cromatismi e forme che affascina. Valentini punta sull’atmosfera, avvolgendo di languore indefinito il triste scenario portuale, pervaso da un grigiore azzurrino che ha sapore di rimpianto. Michele Paloscia muove dall’osservazione attenta di una Natura possente, per poi restituire un’immagine delle nozze tra mare e cielo non meramente fenomenica, delineando marine sulle quali le nubi, vagando, offrono chiarori rosa o sfumature plumbee. Un mare scuro e in sofferenza, che si confonde con l’orizzonte, quello di Guccione; di un’eleganza minimal l’installazione di Fracassio, che gioca sull’interazione tra tavola ed elementi scultorei, in una composizione in cui anche l’ombra proiettata sul pannello diventa strumento del dialogo con l’osservatore. L’essenzialità delle forme di Pasquale Guastamacchia denota un bisogno di razionalità, bilanciato dal cromatismo energico delle sezioni superiori. L’arte di Michele Roccotelli è uno scrigno di luce, in cui, nonostante il pittore rifugga dal mero descrittivismo, l’osservatore riesce a cogliere gli aspetti del paesaggio rappresentato, riconoscibili eppure trasfigurati, in una felice declinazione della mediterraneità. Profondo senso della spazialità connota l’opera di Ida Caradonna, che, puntando sulle gradazioni di un raffinato monocromo, suggerisce il senso dell’indefinito ed esalta la regale maestà della Natura. Forza dell’astrazione e inquietudine solitaria, nelle forme di un cielo cruccioso e di una plaga remota e silenziosa, caratterizzano la visione di Ferruccio Marchetti; l’opera di Scaringi, poi, coniuga molteplici aspetti: la liquidità delle forme percepite attraverso il medium acquatico, l’elegia della danza della luce sulle superfici marine, l’atmosfera di trasognato incanto cui tali fattori concorrono. Il colore è protagonista assoluto della proposta di Lo Basso; è al cromatismo ch’è affidato il tenue legame con l’elemento formale, impalpabile come il paesaggio di cui si percepisce il profilo all’orizzonte. Un’Annarita Spezzacatena insolita quella di cui possiamo ammirare un’opera dal gusto neoimpressionista, che suscita ammirazione ed emozione profonda, perché in grado di auscultare i ritmi del paesaggio. Chiudiamo con il curatore Natale Addamiano, la cui produzione conquista per lo struggente senso della luce, figlia del cielo, che si specchia nel mare e ne modella la superficie, come uno scultore innamorato, e del sole e della luna, che disseminano frammenti di specchio luccicanti e lame che non feriscono, accarezzando lo sguardo. © Riproduzione riservata

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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