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Associazione antiracket: Molfetta città a rischio criminalità “L'indulto rappresenta un pericolo se non si interviene insieme e subito”
02 novembre 2006

MOLFETTA - L'allarme illegalità lanciato per primo e in forma solitaria dal mensile “Quindici” e dal quotidiano “Quindici on line”, successivamente inseguiti con affanno da chi si ostinava a non voler vedere la situazione di emergenza (anti indulto, peggiorata successivamente con il decreto di clemenza), comincia a dare i primi frutti e ad avere le prime conferme ufficiali. Dopo il sindaco Azzollini che in un primo momento aveva ignorato il nostro appello, stigmatizzando perfino l'allarme (salvo a dotarsi di vigilanza armata), ora anche l'associazione antiracket prende posizione e lancia a sua volta l'allarme, dimostrando come noi avevamo visto giusto e come le nostre preoccupazioni a tutela della comunità, fossero giuste sia per quanto riguarda un maggiore controllo del territorio, soprattutto in tema di prevenzione dei reati, sia per l'aspetto repressivo di fronte al proliferare di un bullismo sottovalutato e impunito (vedi l'episodio dei ragazzi sfregiati al lungomare), destinato, però, inevitabilmente a trasformarsi in pericolosa violenza. A questa situazione si aggiungono gli effetti dell'indulto. “L'indulto non può rappresentare per gli ex detenuti una occasione per delinquere ad un livello superiore. Per questo è necessario attivare tutti gli strumenti per giungere alla promozione di progetti finalizzati al loro inserimento nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro. Se questo non dovesse accadere le conseguenze saranno disastrose e a pagare saremo tutti”. Lo sostengono, in una nota congiunta, Giuseppe Filannino, coordinatore provinciale di Libera, e Renato De Scisciolo, presidente dell'associazione provinciale Antiracket Antimafia, vice presidente nazionale della Federazione Antiracket, alla luce di quanto pubblicato oggi sulle pagine de “La Gazzetta del Mezzogiorno” che ospita la richiesta di aiuto di Luigi De Bari, uno dei capi storici delle famiglie del narcotraffico, uscito con l'indulto nelle scorse settimane. “Ora siamo tornati in libertà – dice De Bari alla "Gazzetta" - ma non abbiamo lavoro. Per noi non ci sono speranze. Abbiamo più volte chiesto al sindaco di essere ricevuti. Tutto inutile. Intanto il tempo passa. Noi abbiamo le bollette da pagare, gli impegni da onorare e allora, se le cose non cambiano, non ci sono vie d'uscita, torneremo a fare quello per cui siamo stati in galera per tutti questi anni. Ho quasi quarantanove anni. Ho trascorso metà della mia vita in galera. E non voglio più tornarci. Nessuno però è disposto a dare fiducia a chi ha un passato come il mio. Tutte le porte si chiudono quando sentono il mio nome. Per il nome che portano stanno pagando anche i miei figli. C'è molta diffidenza nei nostri confronti. Eppure io voglio cominciare una vita pulita – aggiunge De Bari -. Voglio un posto di lavoro, anche umile, non voglio vivere di sussidi che non bastano mai. Non voglio essere un peso per la società. So bene che per quelli come me non è prevista una seconda possibilità. Me almeno una è giusta che ci venga concessa. Metteteci alla prova. E non deluderemo nessuno. Non voglio tornare a spacciare. Le tentazioni sono dietro l'angolo. Ma voglio cambiare vita. Fa male incontrare per strada gente che ha paura di te senza che tu gli abbia mai fatto nulla. Ha paura per il passato che rappresenti”. Fin qui il drammatico appello di Luigi De Bari che sta raccogliendo le firme di ex detenuti per una petizione al sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini, con la richiesta di incontro per sollecitare gli organi istituzionali a contribuire a un reinserimento di queste persone nella società, attraverso un aiuto e un posto di lavoro. Dell'appello si è fatta promotrice l'associazione antiracket che afferma: “Molfetta è sicuramente, nella provincia una delle città più a rischio. Su una popolazione complessiva di circa sessantacinquemila abitanti la città sta assorbendo oltre cento ex detenuti, la maggior parte dei quali arrestati negli anni scorsi con l'operazione Reset che debellò una delle più grosse organizzazioni del sud Italia dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti. Per questo è necessario che tutte le forze sane del territorio, associazioni, esponenti politici, organizzazione sindacali, coordinino le loro azioni ed individuino le strategie da seguire senza demandare questo compito ad altri, senza farsi battaglia a suon di proclami e manifesti, questo per evitare che la città torni al passato. Libera e Antiracket sono pronte a fare la loro parte”.
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In relazione a quanto da voi pubblicato precisiamo quanto segue. L'Associazione provinciale Antiracket, l'Ufficio di vice presidenza nazionale della Federazione Antiracket, il coordinamento provinciale di Libera non hanno mai lanciato alcun allarme legato alla emergenza criminalità a Molfetta. Nella nota diffusa nella mattinata di oggi, giovedì 2 novembre 2006, le associazioni Libera e Antiracket hanno voluto porre l'attenzione sulla necessità di inserire nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro gli oltre cento ex detenuti tornati in libertà con l'indulto, proprio per evitare che questi potessero tornare a delinquere. Il rischio per Molfetta è legato proprio al numero delle persone interessate dal provvedimento del governo. Ogni altra “lettura” della nota è strumentale e appare finalizzata a sostenere tesi precostituite che nulla hanno a che vedere con il problema sollevato dalle due associazioni sulla base della richiesta di aiuto avanzata da uno dei beneficiari dell'indulto, uno dei capi storici del narcotraffico a Molfetta. Ci dissociamo altresì dal titolo dell'articolo che non rispecchia assolutamente i nostri intendimenti. In ogni caso cogliamo l'occasione per puntualizzare che i dati in nostro possesso non confermano l'esistenza di una emergenza criminalità in città. Proprio per questo motivo riteniamo che sia ancora possibile attivare tutti i processi e le sinergie necessarie per consentire agli ex detenuti di integrarsi. Il vice presidente nazionale Federazione Antiracket Renato De Scisciolo ----------- Ci meraviglia molto il mezzo passo indietro fatto dall'Associazione antiracket con questa lettera. Ci chiediamo, come mai prima hanno inviato un comunicato in cui dicono che l'indulto rappresenta un pericolo se non si interviene subito perché oltre 100 detenuti stanno per lasciare il carcere e che - giustamente – vanno aiutati per evitare che la loro scarcerazione diventi “una occasione per delinquere ad un livello superiore”? E aggiunge: “se questo non dovesse accadere le conseguenze saranno disastrose e a pagare saremmo tutti”. E prosegue: “Molfetta è sicuramente, nella provincia una delle città più a rischio” (di che cosa, se non di “criminalità”) perché su una popolazione complessiva di sessantacinquemila abitanti la città sta assorbendo oltre cento ex detenuti, la maggior parte dei quali arrestati negli anni scorsi con l'operazione Reset che debellò una delle più grosse organizzazioni del sud Italia dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti”. Forse i dirigenti dell'antiracket volevano dire altro? Forse il vice presidente nazionale non conosce la situazione locale dove è stato convocato un consiglio comunale sull'emergenza criminalità e un sindaco, prima volta nella storia, si è dotato di una vigilanza armata? Se poi leggere che oltre cento detenuti stanno lasciando il carcere per l'indulto, con quello che sta succedendo in Italia, è solo un fatto di ordinaria amministrazione, allora ci siamo sbagliati noi a temere l'emergenza criminalità. Comunque, prendiamo atto di questa precisazione, sapendo fin d'ora che ogni volta che l'Associazione si pronuncerà in un senso, bisognerà leggere in senso contrario. Felice de Sanctis

Egregio direttore, in rappresentanza dell'Associazione Provinciale Antiracket Antimafia di Molfetta, desidero puntualizzare quanto segue. Il contenuto del comunicato inviato alla Sua testata giornalistica è - e rimane - pienamente confermato e rispondente ai nostri pensieri. Ciò che si discosta dai nostri intendimenti è invece il significato che a tale comunicato si è voluto attribuire. L'Associazione Antiracket, infatti, ha voluto sottolineare, traendo spunto dall'appello del sig. De Bari, i gravi rischi cui la città va incontro se non si interviene immediatamente per reinserire i condannati che hanno beneficiato dell'ìndulto. Un allarme per il futuro di Molfetta. Il comunicato, e la susseguente puntualizzazione, vogliono significare che i dati in nostro possesso non ci consentono di parlare di emergenza criminalità a Molfetta. Ciò non significa che non vi siano reati, ma più semplicemente che gli stessi, sia in base ai dati ufficiali che alle segnalazioni informali che pervengono alla nostra associazione, non superano quella che tradizionalmente è stata la fisiologica attività criminale della nostra città. Ciò, si badi bene, non vuol dire che non si debba prestare attenzione o intervenire, ma solo che non siamo in una fase patologica delle attività delinquenziali. Un allarme proiettato sul futuro, dunque, e non sul recente passato o sul presente. Naturalmente la testata da Lei diretta è libera di informare e di commentare come ritiene, purché, tuttavia, non si attribuisca al comunicato diramato un significato non coincidente con il suo contenuto. Quel che rincresce e che lascia stupefatti è quella chiosa, francamente fuori posto, con la quale Lei tenta di screditare la serietà e la credibilità dell'Associazione. La saluto cordialmente, avv. Maurizio Altomare.


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