Associazione antiracket: Molfetta città a rischio criminalità
“L'indulto rappresenta un pericolo se non si interviene insieme e subito”
MOLFETTA - L'allarme illegalità lanciato per primo e in forma solitaria dal mensile “Quindici” e dal quotidiano “Quindici on line”, successivamente inseguiti con affanno da chi si ostinava a non voler vedere la situazione di emergenza (anti indulto, peggiorata successivamente con il decreto di clemenza), comincia a dare i primi frutti e ad avere le prime conferme ufficiali.
Dopo il sindaco Azzollini che in un primo momento aveva ignorato il nostro appello, stigmatizzando perfino l'allarme (salvo a dotarsi di vigilanza armata), ora anche l'associazione antiracket prende posizione e lancia a sua volta l'allarme, dimostrando come noi avevamo visto giusto e come le nostre preoccupazioni a tutela della comunità, fossero giuste sia per quanto riguarda un maggiore controllo del territorio, soprattutto in tema di prevenzione dei reati, sia per l'aspetto repressivo di fronte al proliferare di un bullismo sottovalutato e impunito (vedi l'episodio dei ragazzi sfregiati al lungomare), destinato, però, inevitabilmente a trasformarsi in pericolosa violenza. A questa situazione si aggiungono gli effetti dell'indulto.
“L'indulto non può rappresentare per gli ex detenuti una occasione per delinquere ad un livello superiore. Per questo è necessario attivare tutti gli strumenti per giungere alla promozione di progetti finalizzati al loro inserimento nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro. Se questo non dovesse accadere le conseguenze saranno disastrose e a pagare saremo tutti”. Lo sostengono, in una nota congiunta, Giuseppe Filannino, coordinatore provinciale di Libera, e Renato De Scisciolo, presidente dell'associazione provinciale Antiracket Antimafia, vice presidente nazionale della Federazione Antiracket, alla luce di quanto pubblicato oggi sulle pagine de “La Gazzetta del Mezzogiorno” che ospita la richiesta di aiuto di Luigi De Bari, uno dei capi storici delle famiglie del narcotraffico, uscito con l'indulto nelle scorse settimane.
“Ora siamo tornati in libertà – dice De Bari alla "Gazzetta" - ma non abbiamo lavoro. Per noi non ci sono speranze. Abbiamo più volte chiesto al sindaco di essere ricevuti. Tutto inutile. Intanto il tempo passa. Noi abbiamo le bollette da pagare, gli impegni da onorare e allora, se le cose non cambiano, non ci sono vie d'uscita, torneremo a fare quello per cui siamo stati in galera per tutti questi anni. Ho quasi quarantanove anni. Ho trascorso metà della mia vita in galera. E non voglio più tornarci. Nessuno però è disposto a dare fiducia a chi ha un passato come il mio. Tutte le porte si chiudono quando sentono il mio nome. Per il nome che portano stanno pagando anche i miei figli. C'è molta diffidenza nei nostri confronti. Eppure io voglio cominciare una vita pulita – aggiunge De Bari -. Voglio un posto di lavoro, anche umile, non voglio vivere di sussidi che non bastano mai. Non voglio essere un peso per la società. So bene che per quelli come me non è prevista una seconda possibilità. Me almeno una è giusta che ci venga concessa. Metteteci alla prova. E non deluderemo nessuno. Non voglio tornare a spacciare. Le tentazioni sono dietro l'angolo. Ma voglio cambiare vita. Fa male incontrare per strada gente che ha paura di te senza che tu gli abbia mai fatto nulla. Ha paura per il passato che rappresenti”.
Fin qui il drammatico appello di Luigi De Bari che sta raccogliendo le firme di ex detenuti per una petizione al sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini, con la richiesta di incontro per sollecitare gli organi istituzionali a contribuire a un reinserimento di queste persone nella società, attraverso un aiuto e un posto di lavoro.
Dell'appello si è fatta promotrice l'associazione antiracket che afferma: “Molfetta è sicuramente, nella provincia una delle città più a rischio. Su una popolazione complessiva di circa sessantacinquemila abitanti la città sta assorbendo oltre cento ex detenuti, la maggior parte dei quali arrestati negli anni scorsi con l'operazione Reset che debellò una delle più grosse organizzazioni del sud Italia dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti. Per questo è necessario che tutte le forze sane del territorio, associazioni, esponenti politici, organizzazione sindacali, coordinino le loro azioni ed individuino le strategie da seguire senza demandare questo compito ad altri, senza farsi battaglia a suon di proclami e manifesti, questo per evitare che la città torni al passato. Libera e Antiracket sono pronte a fare la loro parte”.