Arriva una fonderia da 100 milioni e 400 posti Rischio inquinamento
L’agglomerato industriale di Molfetta è caratterizzato da importanti insediamenti commerciali. Il manifatturiero, Tac (tessileabbigliamento- calzaturiero), meccanico, legno, trasformazione e produzione di semilavorati, cioè i settori che caratterizzano le aree industriali, sono presenti in numero marginale. La connotazione commerciale, d’intrattenimento e di servizi alle imprese e alle persone, che quasi per definizione hanno bisogno di creare e mantenere uno standard ambientale di qualità, rischia d’essere intaccata, dalla richiesta per l’insediamento di una fonderia per la produzione di acciai speciali in lingotti e tondini. I numeri sono importanti: richiesta di un’area di 25 ettari, investimento ipotizzato di 100 milioni di euro, per un impatto occupazionale di 400 addetti. Per le cifre in gioco sarebbe riduttivo parlare di fonderia, come se si volesse minimizzare la cosa, mentre ci troviamo di fronte ad un progetto di un vero e proprio impianto siderurgico. Certamente non del livello dell’Ilva, ma con tutti gli annessi e connessi di uno stabilimento d’industria pesante. Per ciò che è trapelato sulla stampa regionale, la materia prima verrebbe dai rottami ferrosi di vagoni ferroviari e navi. Come arriverebbe la materia prima nello stabilimento? Proviamo ad immaginare: al porto arriverebbero navi cariche di rottami ferrosi. E’ è difficile immaginare nastri trasportatori in collegamento con lo stabilimento. Quindi la materia prima transiterà sui camion. Poi c’è la questione ambientale, perché uno stabilimento siderurgico o fonderia produce scorie, fumi e vomita nell’atmosfera polveri malsane. Specificare che la fonte di calore per fondere ed amalgamare le materie prime sarà elettrica, secondo il principio di “induzione elettrica” (una sorta di grande graticola alimentata da corrente alternata), non significa nulla. Ogni tipo di trasformazione della materia produce scarti e fumi. Il progetto è articolato perché prevede un centro di raccolta di rifiuti ferrosi e un’apposita discarica per le scorie, già individuata dalla ditta in una cava di Bitonto. Il progetto, per la sua complessità, le ricadute ambientali e la necessità di un’apposita logistica di servizi ed infrastrutturale, per ora è agli atti del Consorzio Asi di Bari. Nessuna decisione è stata presa anche perché il presidente Michele Emiliano, intendere coinvolgere nella decisione tutti gli organismi istituzionali, in primo luogo il sindaco di Molfetta Antonio Azzollini. La richiesta è stata avanzata dalla della “Bleu s.r.l.” galassia del Gruppo Maio, una holding abruzzese con molti interessi nel settore del ciclo dei rifiuti e affari collaterali. La famiglia Maio è balzata agli onori della cronaca sia per la crescita esponenziale del proprio business, sia per il presunto coinvolgimento in alcune inchieste della Magistratura sui traffici illegali di rifiuti. Non c’è da scandalizzarsi: chi opera in questo settore delicato e complesso, fosse anche il più rispettoso di norme, regolamenti o leggi, prima o poi si ritrova coinvolto in qualche inchiesta giudiziaria. Tra incredulità, preoccupazione e speranze, la notizia per ora non ha scatenato la solita bagarre tra favorevoli e contrari. Per quanta ci riguarda non esprimiamo nessun giudizio di valore sulla proposta imprenditoriale, fin quando sarà chiaro di cosa realmente si tratta. Una stranezza però già c’é. Nel visionare il sito della ditta proponente, si legge: “Le attività principali sono costituite dalla progettazione, dalla realizzazione e dalla gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti; parallelo al core business l’Azienda sta sviluppando attività di consulenza e di progettazione per società terze. In questo quadro si colloca il costante potenziamento dell’Ufficio Tecnico che, attraverso un preciso programma di sviluppo, mira all’acquisizione di un know-how tecnico-scientifico d’eccellenza. L’autonomia nella progettazione degli impianti e lo sviluppo sistematico delle conoscenze nel campo dell’applicazione delle più avanzate tecnologie disponibili ha permesso alla Bleu di raggiungere una preziosa versatilità unita a elevati parametri di sicurezza e qualità. Non c’è nessuna attività legata al settore metallurgico. Ci chiediamo da dove arriverà il Know how? Produrre acciai speciali richiede non solo una tecnologia sofisticata, ma anche un’organizzazione e un’esperienza industriale non indifferente. E se l’attività prevalente fosse un’altra?
Autore: Francesco Del Rosso