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Appello di Marevivo alla comunità: Il mare muore e lancia un grido d'aiuto
22 maggio 2010

BARI - Pubblichiamo il comunicato stampa di Marevivo.
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Il mare ‘bolle’ sotto il peso del surriscaldamento del pianeta. Il mare ‘soffoca’, venendo meno alla sua funzione di polmone del pianeta. Il mare ‘piange’ le sue creature: 145 milioni di tonnellate di pesca  sottratte ogni anno da un esercito-killer di milioni di pescherecci.  Il mare ’affoga’ sotto  il peso di 600.000 tonnellate di petrolio ogni anno nel solo Mediterraneo.    
Un grido che MAREVIVO, che quest’anno celebra i suoi 25 anni dopo un quarto di secolo di battaglie per la salvaguardia dell’ecosistema marino, vuole raccogliere e rilanciare a livello mondiale. Con un appello alla Comunità Internazionale per la convocazione di un Summit sul Mare, accompagnato dal nuovo pay-off – il mare alza la voce - ideato da McCann Erickson Roma per l’associazione ambientalista.    
Un appello lanciato oggi a Roma, con una manifestazione che ha visto gli attivisti dell’associazione, con il braccio listato a lutto, srotolare questa mattina,  su uno dei ponti storici della capitale, un enorme telone che ha coperto quasi completamente l’arcata centrale di Ponte Matteotti: un drappo nero di 360 metri quadrati con la scritta ‘Poisoning the sea is killing the planet‘ – ‘Chi avvelena il mare, uccide il pianeta’ -  per protestare contro l’indifferenza, contro l’ennesimo attentato ambientale della Louisiana. Per chiamare a raccolta tutti nel sostenere il grido d’allarme del mare. Un’opera realizzata dall’artista  internazionale, Andrea Sergio, in arte Mr. Wany Ues.    
I grandi del Pianeta sono accorsi, più o meno compatti, al capezzale dell’economia con interventi  per salvare il mondo dal crack finanziario. Sono arrivati a sedersi a un tavolo –tra mille incertezze e non pochi, finora, fallimenti – per affrontare il tema delle emissioni. Ma del mare, polmone blu del pianeta, fonte di vita e sopravvivenza per la Terra, nessuno si occupa. Se non le cronache in occasione delle ripetute catastrofi causate dall’uomo. Ultima, ma purtroppo solo in ordine di tempo, la vicenda della piattaforma Bp in Louisiana.    
E’ arrivato il momento di dire basta e di chiedere ai Signori del mondo di sedersi ad un tavolo per affrontare, in modo globale, anche il tema dell’ecosistema marino. Per disegnare una strategia di salvaguardia del mare, mettendo a punto politiche concertate e misure di tutela che possano garantire agli oceani di continuare a svolgere il loro ruolo di produzione dell’80% di ossigeno e di assorbire il 30% di anidride carbonica. Numeri questi che se non saranno presi seriamente in considerazione rischiano di veder fallire anche gli ambizioni obiettivi del ’20.20.20’, faticosamente ribaditi a Copenaghen.    
MAREVIVO chiama dunque a raccolta il mondo scientifico, gli esperti, la politica e l’opinione pubblica  per promuovere un incontro a livello mondiale, sostenuto anche dal CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare).     Un summit mirato ad adottare decisioni comuni, ormai improcrastinabili, per la tutela dell’ecosistema marino. E quindi per la nostra stessa sopravvivenza: con una superficie che copre il 71% della Terra, il mare fa da ‘radiatore’, assorbendo il 50% del calore prodotto dal genere umano. Assorbe anche 1/3 dell’anidride carbonica, sostiene una complessa e indispensabile catena alimentare e garantisce la qualità della vita dell’uomo.    
“Il mare, con la sua moltitudine di esseri viventi vegetali e animali, dal fitoplancton alle grandi balene, dalle praterie di Posidonia agli squali, deve essere al centro dell’attenzione. E non essere dimenticato. Se il mare muore non ci sarà più vita neanche per l’uomo nel pianeta” spiega Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, svoltasi oggi a Roma, a bordo della sede galleggiante dell’associazione.    
MAREVIVO lancia così anche la campagna 2010 che in occasione del suo 25esimo vedrà l’associazione ambientalista impegnata nella raccolta delle batterie abbandonate nei fondali. Un’iniziativa, in collaborazione con il COBAT (Consorzio Nazionale Batterie Esauste), presentata nel corso della conferenza stampa a chiusura della manifestazione, declinata sui mezzi tv, stampa ed affissione.
La campagna e’ stata realizzata da McCann Ericksson di Roma  per denunciare l’abbandono delle batterie esauste nelle acque dei porti italiani e lanciare un grande progetto di recupero. Inquinare il mare, anche solo buttando nelle sue acque, una batteria esausta equivale ad un vero e proprio suicidio: questa l’idea forte della campagna che esplode con un linguaggio, visivo e verbale, di grande impatto.

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Non io, ma gli autori qi questo articolo tratto e condensato da "Newton"-novembre 1999. (Da considerarsi ipotesi, tutte da verificare con gli anni in avvenire) -. Deforestazione selvaggia, caccia di frodo e riscaldamento eccessivo della Terra sono alcune delle cause che minacciano diversi ambienti del nostro pianeta. La loro fauna e la loro flora rischiano così di scomparire. Degli ultimi decenni si stanno verificando mutamenti ambientali in tutto il nostro pianeta che mettono sempre più in pericolo molti ecosistemi, costituiti dall'insieme di specie animali e vegetali e dell'habitat in cui esse vivono. Le cause sono molteplici e imputabili soprattutto alle attività dell'uomo. Si è infatti stimato che il ritmo con il quale scompaiono le specie viventi è da 100 a 1000 volte superiore a quello che si verificherebbe senza i cambiamenti introdotti dalla nostra civiltà. Il costante riscaldamento della Terra sta diventando una vera minaccia per le regioni polari. Secondo le previsioni formulate dal programma ambientale delle Nazioni Unite, se la temperature terrestre aumentasse ancora di 3°C le conseguenze per l'ecosistema antartico sarebbero davvero pericolose. Il livello del mare si alzerebbe a causa dell'acqua riversata dalle calotte polari, con conseguenze disastrose per la sopravvivenza di tutti i suoi abitanti. Il disboscamento indiscriminato e gli incendi dolosi e non, distruggono gli habitat di migliaia di animali e piante, provocandone l'estinzione. L'inquinamento incontrollato, il surriscaldamento, la pesca intensiva stanno distruggendo le barriere coralline, distruggendo tutte le specie endemiche e insulari. - (f.to Logorroici e Catastrofisti)


I conflitti tra l'uomo e i mammiferi marini sono sempre stati intensi. A parte la caccia delle balene, sono innumerevoli anche le uccisioni delle foche grigie nelle isole Orkney e dei delfini al largo del Giappone, a protezione dei pescatori locali. Negli anni '50 e '60 erano centinaia di migliaia i delfini uccisi nel Pacifico dalle reti per tonni. Ora sono meno, a causa della modifica nelle tecniche di pesca. Ma la strage continua con le focene, che finiscono nelle reti "da posta" per salmoni. Come possiamo operare meglio per arrivare a un'attività peschereccia sufficiente? Finora noi abbiamo seguito un metodo che somigliava a quello dei cacciatori e raccoglitori nei confronti dell'agricoltura: abbiamo cioè sfruttato la natura in modo sconsiderato, con risultati prevedibili. Possiamo però fare subito un enorme passo in avanti applicando quelle misure che, da tempo, ormai sappiamo valide e che pure abbiamo costantemente ignorato. Possiamo, per esempio, metterci daccordo su quote realistiche di pescato, basate sulla nostra conoscienza della dinamica delle popolazioni ittiche, e farle osservare con decisione. Possiamo imporre una moratoria sulle riserve di pesce prima che queste si esauriscono del tutto; è sempre meglio che agire in ritardo come si è fatto con le acciughe peruviane e le aringhe del Mar del Nord. Possiamo stabilire una misura minima per le maglie delle reti (o dimensioni minime per i pesci da pescare) così da permettere ai pesci ancora piccoli e immaturi di vivere e crescere. Possiamo istituire leggi per proteggere le "comunità" dell'oceano e cessare di perseguitare delfini, foche e altri predatori marini e di intrappolarli per incuria nelle nostre reti. La caccia da parte dell'uomo costituisce ormai da lungo tempo una minaccia per i mammiferi marini. Non solo balene, ma anche delfini, manati, dugonghi, lontre di mare della California, leoni di mare, certe specie di foche e orsi polari hanno subito perdite ingentissime. (Questo negli anni '60).

.......anche solo buttando nelle sue acque, una sola batteria esausta!!!!!!!! .....A tutto ciò non si presta sufficiente attenzione. Ogni anno scarichiamo nei mari centinaia di nuove sostanze chimiche che si aggiungono alle migliaia già presenti, senza avere la minima idea del loro potenziale impatto. Così perfino nelle profonde fosse oceaniche, e addirittura nell'Antardide, si individuano sostanze tossiche create dall'uomo. Questo fenomeno è i risultato dei "sistemi circolatori" globali, processi di cui comprendiamo ben poco. - Eliminazione delle scorie: I rifiuti solidi vengono spesso scaricati nelle palude e mangrovie, già avvelenate da immissioni di liquami di fogna e altre sostanze chimiche pericolose. Attività minerarie: le scorie minerarie possono soffocare le radici delle mangrovie. A Puerto Rico il dragaggio della sabbia e la costruzione di un aeroporto hanno provocato la distruzione di un tratto esteso di palude. L'eliminazione delle paludi e mangrovie per lo sviluppo residenziale e industriale costituisce un rilevante problema, in particolare nei paesi ad alto reddito. Nel Queensland meridionale (Australia) e sull'estuario del fiume Singapore, tratti estesi di paludi e mangrovie sono andati distrutti per la costruzione di centri residenziali e industrie. In tutti i tropici l'esplosiva pressione demografica sta mettendo in pericolo gli ecosistemi delle paludi e mangrovie. La distruzione su vasta scala delle barriere di corallo è una tragedia sia per l'uomo che per l'ambiente marino: queste scogliere proteggono le acque interne delle isole, ospitano un numero enorme di specie e un giorno potrebbero fornirci un ampio numero di nuovi farmaci. Un fattore di distruzione è l'eliminazione del corallo per far posto a edifici; un altro è l'erosione terrestre che porta al soffocamento delle barriere. L'inquinamento, il turismo (con la raccolta di coralli, conchiglie), scorie industriali................
............Le attività pescherecce di tutto il mondo sono dominate da alcune nazioni che, grazie a flotte enormi e efficienti, possono recitare la parte del leone. Ciò porta purtroppo a una rarefazione sempre più grave e frequente delle specie. Il progresso tecnologico nel settore della pesca ha causato diversi problemi, evidenti soprattutto nelle acque dei paesi del Terzo Mondo. La pesca indiscriminata da parte di flotte di paesi lontani è oggi in declino, a causa degli alti costi dei carburanti e degli accordi territoriali, ma il cattivo uso degli aiuti ottenuti per avviare attività pescherecce locali ha portato a identiche forme di sfruttamento, con l'impoverimento delle riserve del pesce, e privando le popolazioni costiere dei mezzi di sussistenza. Le reti vuote. Haddock: A causa della pesca troppo intensa, la cattura dell'haddoch nell'Atlantico nord occidentale è calata da 250.000 tonnellate nel 1965 a sole 20.000 nel 1974. - Sardina sudafricana: Questa specie è stata decimata dalle flotte locali, ma anche da quelle di paesi lontani (Polonia), che dal 1970 ne hanno quasi provocato l'estinzione. - Aringa del Mar del Nord: La pesca su scala industriale nella metà degli anni '60 e '70 ha provocato una riduzione delle riserve da 4 milioni di tonnellate a meno di una. - La crisi delle acciughe: Il pescato globale ha conosciuto un brusco declino nel 1972, soprattutto a causa dell'esagerata pesca delle acciughe al largo delle coste del Perù. E così per lo sgombro e il gamberetto indiano, lo sgombro del Pacifico e il merlango d'Alaska, per citarne alcuni. Oggi i mari sono un vero e proprio "pozzo nero" in cui confluiscono con continuità enormi quantità di fanghi e minerali provenienti dalla terreferma. Noi stiamo chiedendo al mare di accettare anche quantità sempre crescenti di materiali generati dall'uomo, dagli scarichi delle fognature a quelli industriali e agricoli, tutti quanti ricchi di sostanze chimiche contaminanti. Per non parlare delle scorie radioattive.-
Alquanto "tardivi" questi e altri appelli, grida di allarme a difesa degli Oceani e dei Mari. Quanti anni avevamo e dove stavamo quando nel 1970...........da"Gaia Atlas of Planet Manegamentt". - L'oceano offre all'uomo abbondanti risorse per il suo sostentamento, ma per ignoranza e per veri e propri errori, stiamo mettendo in pericolo tutta questa enorme ricchezza, provocando un pericoloso impoverimento di molte attività ittiche, la quasi estinzione delle balene di grosse dimensioni, un diffuso inquinamento delle acque ricche di pesci e il degrado e la distruzione di molti habitat. Perchè il costante incremento del pescato, che tra il 1950 e il 1970 si aggirava intorno al 7 per cento annuo, è venuto a cessare? Oggi noi fatichiamo a mantenere un buon ritmo di crescita e, comunque, per riuscirci dobbiamo ricorrere ad artifizi, modificando sensibilmente la composizione del pescato, che ora dipende in gran parte dai piccoli pesci utilizzati per trarne farina di pesce. Il risultato è stato che il valore alimentare per tonnellata è anch'esso sceso. La triste verità è che la pesca sfrenata sta distruggendo le riserve del pianeta. Mentre negli anni '50 c'erano stati solo rari fallimenti in alcuni settori dell'attività ittica, gli anni '60 e '70 hanno visto un numero sempre maggiore di crolli nelle tradizionali attività pescherecce, alcuni dei quali spettacolari. Nel Nord Atlantico, americani e europei occidentali hanno contribuito per un 40 per cento all'impoverimento delle riserve di aringhe, per un 90 per cento al declino di halibut e di varie specie pregiate come haddock, merluzzi e altre ancora per un totale di 27 su 30. Ma c'è di peggio, perchè queste nazioni, dopo aver male utilizzato e sfruttato le proprie risorse locali, si sono avventurate lontano dalle loro coste per attingere in modo sfrenato alle riserve che si trovano al largo delle coste occidentali dell'Africa, e di altri paesi tropicali. (c'è ancora molto da scrivere) -

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