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“Appaltopoli”, il sindaco di Molfetta non si dimette, ma il Pd si risveglia e chiede una verifica della maggioranza. Si va verso la crisi?
L'aula del consiglio comunale
20 novembre 2020

MOLFETTA – Il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini indagato con altre 22 persone nell’operazione “Appaltopoli” su presunte irregolarità negli appalti del Comune, potrebbe trovarsi in difficoltà, dopo che il Partito Democratico, sulla spinta degli iscritti, comincia a prendere posizione, dopo il silenzio seguito al tradimento di Emiliano e allo scandalo appalti.

Mentre l’assessore ai Lavori pubblici Mariano Caputo e la consigliera dell’opposizione di destra Sara Castriotta (Forza Italia) si sono dimessi, Minervini ha deciso di restare al suo posto, come gli esponenti del Pd il presidente del consiglio comunale Nicola Piergiovanni, l’assessore Gabriella Azzollini e il consigliere metropolitano Gianni Facchini.

Su queste decisioni la base del Pd è insorta e ha chiesto la convocazione di un’assemblea tenutasi in streaming nella giornata di mercoledì 18 novembre, e ha deliberato di trasmettere al Sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, nonché per opportuna conoscenza anche alle forze politiche e ai consiglieri comunali a sostegno del progetto politico-amministrativo del 2017 la seguente nota.

«Oggi, in ragione delle rilevanti modificazioni dei Gruppi Consiliari cui assistiamo in queste ore e alla luce delle recenti dimissioni dell’Assessore ai Lavori Pubblici, indotte dai noti accadimenti giudiziari, il Partito Democratico molfettese torna a chiedere lo svolgimento di quella verifica  politico-amministrativa, ormai inderogabile, che riteniamo, in tempi brevissimi, debba svolgersi affinché – senza equivoci e incomprensioni – i Democratici molfettesi possano interrogarsi sulle ragioni di un progetto politico- amministrativo che, allo stato delle cose, necessita di una riflessione compiuta.

Una verifica che, partendo dal programma amministrativo, si interroghi su quanto fatto e quanto resti da fare, senza prescindere dalle modifiche politiche da ultimo intervenute.

Appare, quindi, opportuna una “verifica” a tutto campo che ripensando le ragioni politiche e amministrative che hanno dato vita alla attuale compagine amministrativa non si sottragga neppure alla eventuale rimodulazione della Squadra di Governo della Città, anche in considerazione delle recenti dimissioni, in un settore strategico come quello dei lavori pubblici.

Il Partito Democratico molfettese, pertanto, sin da subito dichiara la propria intenzione a che la riflessione che si aprirà nei prossimi giorni riguardi ogni aspetto della amministrazione comunale, nessuno escluso.

Il Partito Democratico invita il Sindaco e le forze politiche che hanno dato vita al progetto amministrativo, ad un confronto da tenersi entro e non oltre il corrente mese di novembre con le modalità che andremo a concordare.

Pur comprendendo l’emergenza sanitaria che (causa Covid) ha colpito la Città, non possiamo più attendere altro tempo per avviare una riflessione strategica sul futuro di Molfetta».

Cosa vuol dire questa verifica, un modo per prendere ancora tempo o la strada per uscire dalla maggioranza e mettere in crisi l’amministrazione comunale, spingendo il sindaco alle dimissioni di fronte alla situazione politica degenerata, con una maggioranza a pezzi, che vede ogni giorno nuovi gruppi che si formano per esercitare pressioni sul sindaco e avere più voce in capitolo?

Ma questi segnali confermano la divisione della maggioranza, che dovrebbe avere ancora i numeri, anche se risicati, grazie alla stampella Pino Amato, sempre pronto ad andare al potere in maggioranza, fiutando l’aria e passato dall’opposizione di destra alla maggioranza “ciambotto”. Ma questa volta Pino potrebbe essere stato tradito dalla sua capacità intuitiva, forse, perché non prevedeva il rovescio giudiziario dell’operazione “Appaltopoli” le cui indagini continuano (anche ieri alcuni uomini della Guardia di Finanza sono andati al Comune probabilmente a prelevare altri documenti).

Se si vogliono salvare le poltrone è un conto, ma significherebbe squalificare ancora di più l’attuale “ciambotto” già ampiamente danneggiato come immagine. Se, invece, si vuole portare avanti un discorso politico, come ha sempre fatto il sindaco Minervini, l’etica vorrebbe che si prenda atto dell’attuale situazione di sfaldamento e si vada alle dimissioni, con la nomina del commissario e nuove elezioni che restituiscano chiarezza alla città. Tra l'altro sarebbe necessario un rimpasto per sostituire Mariano Caputo in un assessorato chiave come quello dei Lavori Pubblici ed è difficile che oggi qualcuno si prenda questo onere in una situazione di pendenza giudiziaria e quindi a rischio, anche per il completamento dei "cantieri perenni" ancora aperti.

In questa situazione compromessa, continua l’imbarazzante silenzio del consigliere regionale Saverio Tammacco, sindaco ombra e deus ex machina di questo “ciambotto”, che ha sempre operato dietro le quinte, non amando troppo la trasparenza politica.

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