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“Appaltopoli” chieste le dimissioni del sindaco. Minervini: non me ne vado
15 luglio 2021

È stato il festival dell’ipocrisia, l’ultimo consiglio comunale dedicato ad “Appaltopoli” con il sindaco Tommaso Minervini, col volto addolorato, la voce commossa, quasi in lacrime per spiegare i motivi che lo spingevano a rimanere al suo posto malgrado lo scandalo “Appaltopoli”, nel quale è indagato, mentre il suo assessore ai Lavori Pubblici, Mariano Caputo, è in carcere. L’arresto di 16 persone tra amministratori, imprenditori e funzionari del Comune, non è cosa di ordinaria amministrazione, sulla quale si possa soprassedere. Soprattutto per gli effetti politici, al di là di quelli giudiziari che faranno il loro corso. L’ipocrisia di un Pino Amato, politico per tutte le stagioni e per tutte le casacche, che passa spudoratamente da un partito ad un altro, pur di stare nella stanza dei bottoni. Insomma, sempre dalla parte del vincitore. Ieri con Azzollini nell’opposizione di centrodestra, a criticare Minervini, oggi in maggioranza a vantarne le iniziative, criticate ieri. Un politico dalla credibilità zero. E lo ha dimostrato anche nella sua dichiarazione di appoggio al sindaco in consiglio comunale. “Non abbiamo bisogno di ripulire la nostra coscienza, terminando l’esperienza di questa maggioranza, come qualcuno ha voluto fare, prendendone le distanze”, ecco la dichiarazione dei “Popolari per Molfetta” di Pino Amato & C. (Peppino de Nicolò, ex Pd, Carmela Germano, Maridda Poli, Vincenzo Spadavecchia). E via con le solite battute per gli allocchi (“per il bene della città, con passione e dedizione”, “massima solidarietà al sindaco”). Insomma, dal festival dell’ipocrisia a quello dello scaricabarile: tutta colpa di altri, noi non c’entriamo. E vai col capro espiatorio, responsabile di tutti i mali. Ipocrisia anche del Pd che ha fatto dimettere il suo assessore Gabriella Azzollini (riferimento di Piero de Nicolo), ma restano al loro posto il presidente del consiglio comunale Nicola Piergiovanni e il consigliere metropolitano Giovanni Facchini. Dimesso anche l’assessore del gruppo “Noi” delle liste civiche, Francesco De Gennaro, oggi referente solo di Pasquale Mancini, dal quale hanno preso le distanze l’assessore Antonio Ancona e gli altri della lista, che con le altre liste civiche hanno riconfermato la fiducia al sindaco. Poi c’è la cosiddetta opposizione di centrodestra ormai ridotta al lumicino, con l’ex capogruppo di Forza Italia, Sara Castriotta in carcere. Ecco una imbarazzante dichiarazione dell’ex candidata sindaca sconfitta, Isa de Bari, che non potendo attaccare frontalmente i suoi ex amici, passati tutti nelle liste civiche del trasformista Saverio Tammacco, anch’egli principe dei voltagabbana, si è esibita in una noiosa disamina delle cose che non vanno e che, a suo dire, erano state più volte dette da lei in consiglio comunale. Per la verità l’opposizione di centrodestra farebbe bene a partecipare alla trasmissione tv “Chi l’ha visto”. Sic transeat gloria mundi con l’ex senatore e sindaco Antonio Azzollini, ancora intento a leccarsi le ferite procurategli dagli ex sergenti che lo hanno abbandonato vigliaccamente nel momento della sua difficoltà politica e umana. E per questo, al di là delle posizioni politiche, gli andrebbe espressa solidarietà. Imbarazzato anche l’intervento del consigliere Giovanni Facchini del Pd, partito che, suo malgrado è uscito dalla maggioranza, dopo lo scandalo, ma che in consiglio continua a mostrare tutta la propria ambiguità: vorrei ma non posso. Insomma, manteniamo le poltrone, lui e il presidente del consiglio Nicola Piergiovanni, senza sconfessare l’attuale maggioranza dalla quale dolorosamente (e si sentiva) sono costretti ad uscire per volere del partito (precisiamolo). In pratica, se ce ne andiamo è colpa del partito non nostra (che lo abbiamo trasformato in lista civica, ndr). Le opposizioni di centrosinistra da Rifondazione comunista a Sinistra italiana, non hanno fatto mancare le loro critiche (“non basta ripetere la trita e ritrita tiritera sulla fiducia nella magistratura”, dichiarandosi innocente dinnanzi al tribunale della sua coscienza, con un finto garantismo di facciata, per continuare a gestire il potere, pur in una situazione al limite del sostenibile, tenendo in ostaggio la città, oltre ogni limite di decenza). Le responsabilità politiche di questo scandalo senza precedenti sono collettive hanno detto i consiglieri Beppe Zanna di Rifondazione e Silvia Rana di Sinistra Italiana. Ma veniamo all’intervento del sindaco che cerchiamo di sintetizzare, essendo gli unici organi di informazione a riportarlo (per questo non lo abbiamo pubblicato prima sul nostro quotidiano on line). Minervini ha ribadito più volte: “tutti coloro che sono responsabili devono pagare duramente penalmente ed essere espulsi dalla vita pubblica a qualsiasi livello”. “Sono responsabili di colpe gravissime che hanno devastato la mia coscienza e la mia storia personale e quella di tutta la città. Hanno devastato le donne e gli uomini che hanno governato questa città. Personaggi falliti (ma non ha mai fatto il nome del suo ex assessore Mariano Caputo, si riferiva a lui?, ndr) e altri misteriosamente apparsi sulla scena, appartenenti alla psico patologia politica, noti folgorati e opportunisti (sindaco, quelli che sono passati ora in maggioranza a quale categoria appartengono? ndr). Il sindaco ha detto che non vuole rispondere agli insulti in quanto questi non hanno la dignità di interlocutori, né sul piano politico, né su quello umano. Quelli che hanno sbagliato, vanno individuati e fatti pagare per aver graffiato a sangue la mia storia personale e come amministratore (ancora una volta il riferimento è a Caputo, capro espiatorio? ndr). Ma non si può iniettare fiele nella cittadinanza accomunando le colpe di singoli a tutti. Non è consentito a nessuno calpestare le vite degli altri. Il PM più importante resta la mia coscienza: ho lavorato 12-15 ore al giorno senza ferie. Forse qualche errore procedurale posso aver commesso, ma mai una fattispecie penale. Devo tutelare oltre la mia persona, anche la carica che rappresento. Forse ho la colpa di fare tante cose e di farle in fretta per riscattare Molfetta da una lunga stasi amministrativa. Ho cominciato a 16 anni a fare politica, quando c’era il confronto duro, ma sempre nel rispetto degli avversari che si battono come te, ma da un punto di vista differente. Oggi è un’altra storia nella politica e nella società, anche per colpa dei social che agiscono come bacheche per screditare gli altri, con un uso violento del linguaggio con odio e rabbia. Ma la maggioranza dei cittadini farà la differenza. A chi insulta non rispondo e non risponderò. Ma non posso abbandonare la città che mi è stata affidata dai cittadini e permettere ai soliti gruppi di fare accordi e alleanze riciclate (ma le liste civiche che appoggiano il sindaco, cosa sono? ndr). Ridarei dignità a un gruppo di iniettori di neri di seppia e a chi conduce campagne denigratorie sui social. Dimettendomi comunicherei un disvalore ai giovani, come padre, sindaco, nonno ed educatore. Voglio raccontare un giorno a mia nipote (si commuove) ciò che è stato fatto da chi ha avuto la schiena dritta, convinto di dover rimanere per compiere il proprio dovere. In 40 anni di educatore nelle carceri ho insegnato che se sei colpevole devi ammetterlo, ma se sei innocente devi gridarlo. Se sei convinto delle tue verità devi gridarlo, come un pazzo malinconico. Non potete non consentire a me di attestare la verità rimanendo al proprio posto e ai consiglieri di maggioranza di dover essere commissariati loro e la città. Non si può attestare il principio della responsabilità collettiva. Gli insulti ci feriscono, ma non ci spaventano, non fanno traballare le coscienze. Vogliamo essere giudicati per le cose fatte, rispettiamo la magistratura, ma fatelo anche voi, non sostituitevi ad essa. Le presunte colpe politiche saranno giudicate dai cittadini. In conclusione, ai posteri l’ardua sentenza. © Riproduzione riservata

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