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Anziana donna muore in casa a Molfetta. Non dava notizie di sé da tre giorni
30 novembre 2015

MOLFETTA - Dramma della solitudine a Molfetta. Un'anziana signora che non dava più notizie di sé da tre giorni, è stata trovata morta all'interno della propria abitazione in via Isonzo, 11 (foto Gianni Visaggio).

A dare l'allarme è stata la badante dalla signora Ornella Tattoli preoccupata perché l'anziana donna non rispondeva al telefono da tre giorni.

Così sul posto sono andati i carabinieri e anche i vigili del fuoco, che introdottisi nell'appartamento hanno avuto la triste conferma del decesso della Tattoli.

 

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Le culture primitive compensavano gli inconvenienti biologici della vecchiaia con quei vantaggi culturali concessi dalla selezione della razza umana che, nel corso della sua evoluzione, ha privilegiato i fenomeni di encefalizzazione. In linea con questo processo della specie, il vecchio era il depositario del sapere e dell'esperienza e, quando moriva, moriva sazio e non stanco della vita. Oggi scienza e tecnologia possono vicariare con maggiore efficacia il ruolo del vecchio come depositario di informazioni. Dalla fotografia ai media, dai computer a internet, oggi disponiamo di archivi di informazioni che spiazzano la la saggezza senile che perciò diventa superflua, e i vecchi, che non sono più depositari, diventano inutili come gli organismi invecchiati nelle prime tappe evolutive, al punto che la loro sopravvivenza viene affidata alla misericordia sociale o a quegli impeti di benevolenza non dissimili da quelli che si riservano alle foche monache o ai rospi smeraldini. Eppure, se nell'età della tecnica il vecchio è inutile per il suo patrimonio cognitivo, continua a essere significativo per il suo patrimonio etico-affettivo, che si traduce in equilibrio, ponderazione, prudenza, carità, dolcezza, pratiche che difficilmente potrebbero uscire dai terminali di una macchina. E così, per essere accettati, i vecchi devono esprimere tutte queste virtù da cui sono dispensati i giovani: devono far tacere il desiderio sessuale che non si estingue con l'età, devono rinunciare ai contatti corporei che si addicono ai giovani, devono essere allegri ma con misura, devono partecipare alla vita familiare e socialoe senza pretendere di essere ascoltati, devono essere autonomi e indipendenti, due modi per dire “SOLI”. (Devono morire per lasciar liberi e non infastidire le proprie progenie)-

La vecchiaia? Come deve essere un vecchio? Naturalmente mite, dolce, sensibile, perché se commuove troppo “ha l'arteriosclerosi”, se è “gioviale” non accetta la vecchiaia. Deve prendere parte alla conversazione, ma guai se ripete un aneddoto. Deve avere interessi, ma guai se progetta qualcosa come fosse un ventenne. La vecchiaia quindi, prima che un decadimento, è uno stile di vita imposto dagli altri, che ai vecchi concedono uno spazio espressivo molto ridotto, oltrepassato il quale il vecchio o è giudicato trascurato, disordinato, sciatto, o ambizioso, vanitoso, ridicolo. E tra l'essere considerato scialacquatore o avaro, impotente o maniaco sassuale, senza personalità o testardo, imprudente o vigliacco, non si dà via di mezzo. Per i vecchi vale la legge del tutto o nulla. Forse perché la prossimità alla morte, che ogni vecchio segnala, attiva in ciascuno di noi quell'angoscia originaria, inscritta nel nostro destino di mortali, che non trova forma migliore d'esorcismo se non quella di scaricarsi sui vecchi che impudicamente la rappresentano. Che ne è a questo punto della depressione senile? La conseguenza del decadimento biologico o una condizione spesso indotta dasll'ambiente circostante quando non addirittura autoimposta? Le condizioni effettive-emotive incidono più di quanto non si creda sull'inizio dell'invecchiamento e sulla sua qualità. Già la saggezza popolare sa che “il cuore non invecchia mai” ma quante domande del cuore e una certa età ricevono risposta, consentendo quel ricambio emotivo con il mondo, che è poi la prima condizione perché una qualsiasi esistenza si senta giustificata?
Viviamo in un mondo dove non c'è posto per i “vecchi”. A caratterizzare quest'età non è la tristezza, ma una noia sottile perché, per quante novità succedano, scopri che ognuna di essa altro non è che una nuova formulazione di qualcosa già visto. E questa noia disaffeziona dal tempo a venire e ti rende più familiare e quasi unica la fine. Hai imparato che la saggezza, che di solito si attribuisce a chi ha una certa età, altro non è che la somma delle esperienze che hai fatto e che non puoi trasmettere, perché l'esperienza degli altri non serve a nessuno, tanto meno ai giovani che devono fare la propria. A questa età allora capisci che chi ti sta attorno non è lì per chiederti consigli o insegnamenti, ma ascolto. Un ascolto curioso e attento, soprattutto verso quel mondo tumultuoso e spesso incomprensibile che sprigiona la giovinezza. Dal mondo esterno ti ritiri in quello interiore. Meno vacanze, meno spettacoli del mondo, che ti offre sempre meno novità, perché sta diventando in ogni dove sempre più uniforme. E allora prendi a percorrere tutti i sentieri mai frequentati dalla tua anima, e scopri che il mondo altro non è mai stato che la tua visione, la tua interpretazione del mondo. In fondo dal tuo Io non sei mai uscito. E la vecchiaia è un ottima occasione per uscire da sé e, attraverso l'ascolto, scoprire i mondi degli altri di cui mai ti eri davvero incuriosito. Le tue abitudini ti rassicurano e insieme ti incatenano. I tuoi gesti creativi ti appaiono per quel che sono: riprese di antiche e trascorse suggestioni. Solo l'AMORE ti rianima, non perché scopri una “giovinezza interiore”, che esiste solo nei complimenti di chi ti vuol comunicare che oramai sei vecchio, ma perché lo vedi scaturire proprio dalla tua età che, “non avendo più scopi, può capire finalomente cos'è l'AMORE fine a se stesso”.




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