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Antifascisti molfettesi
15 marzo 2022

A documentare il notevole contributo dei nostri concittadini oppositori al “ventennio” provvede il corposo volume “Antifascisti Molfettesi” recentemente pubblicato da Ignazio de Marco, ex magistrato prestato agli studi storici, utilizzando l’ampio materiale custodito nel Casellario politico dell’Archivio Centrale dello Stato in Roma. Indipendentemente dall’appartenenza alle diverse classi sociali, ben 201 sovversivi (anarchici, radicali, repubblicani, socialisti e comunisti) testimoniarono a Molfetta e in Italia ma anche all’estero (specie nel Nord America, in Argentina e in Venezuela), spesso oscuramente e pagando di persona, l’insopprimibile bisogno di giustizia, libertà e uguaglianza. Concittadini salvati alla memoria, con le loro storie, sicché è ora possibile conoscere tanti episodi, avvenimenti, circostanze, situazioni particolari e avere uno “spaccato” utile a comprendere le condizioni socio/politiche, economiche e ambientali di un passato sempre più lontano. Persone che lasciamo all’individuazione di coloro i quali hanno interesse a conoscere la recente storia locale ritrovando, eventualmente, propri famigliari, amici, conoscenti e via dicendo. Nella dotta prefazione del prof. Marco Ignazio de Santis (autorevole collaboratore di “Quindici”) si legge, tra l’altro, che “il prezioso lavoro (…) appare tanto più utile, in quanto la dolorosa ma esaltante fase epica della Resistenza, (…) ha finito per porre ai margini della memoria civile collettiva le vicissitudini individuali e di gruppo dell’antecedente lotta non armata. Un motivo in più per essere grati a Ignazio de Marco il quale mette a disposizione della comunità e degli studiosi queste pagine che, nonostante il greve linguaggio burocratico poliziesco, prefettizio e ministeriale, palpitano di vita (…) e aprono ora molti sprazzi di luce sulla valenza del sovversivismo e dell’antifascismo molfettese nel quadro delle vicende politiche dell’Italia monarchica e mussoliniana”. Dopo la “premessa” dell’Autore, imperniata su alcuni filoni riassuntivi degli elementi comuni desunti dai fascicoli individuali, il libro presenta le “carte” riguardanti i singoli antifascisti locali (segnalati, talvolta in maniera anonima, per la contrarietà e opposizione al Regime); esse danno contezza dell’attività e del comportamento di ciascuno, peraltro, costantemente vigilato mediante un capillare sistema di informazioni provenienti dalla diffusa rete di sorveglianza, in Italia e nel mondo, attenta e pronta a cogliere dettagli e sfumature per interventi repressivi e/o sanzionatori (confino, internamento, ammonizione, diffide, processi, iscrizione in varie rubriche, perquisizioni domiciliari, pedinamenti, controlli della corrispondenza, ecc.): provvedimenti tali da rendere tormentata la loro esistenza di anticonformisti, con intuibile perdita della libertà. Possiamo ricordare, tra gli altri, Tommaso e Vittore Fiore, Matteo Altomare (poi Sindaco di Molfetta), Anna Teresa Altomare (unica donna naturalizzata americana), Salvatore Sallustio (espulso dagli Stati Uniti, finito in Russia e ivi fucilato come «nemico del popolo»), l’ex sindaco Francesco Picca, Nicola Altamura, Giacomo Augenti, Alessandro Guidato (o Guidati), Sergio Azzollini, Michele Nuovo, Corrado De Judicibus, Saverio De Gennaro. Nel testo si rinvengono pertinenti note esplicative e molte fotografie di atti significativi tra cui alcune pietose lettere al Duce – nella fiduciosa speranza di indurlo a risolvere incresciose situazioni – e toccanti comunicazioni con i famigliari: scritti sintomatici sia delle precarie condizioni individuali, spesso dolorose e commoventi, sia degli affetti e degli intimi sentimenti degli “schedati” contrari alla dittatura. La pubblicazione raggiunge lo scopo di rendere noti documenti che forse sarebbero rimasti ignoti all’ opinione pubblica e, col fluire del tempo, caduti man mano nell’oblìo. “Carte” che, invece, fanno parte della memoria collettiva ed é bene, pertanto, ricordarle affinché resti traccia della fede politica testimoniata dai nostri concittadini e trasmessa ai posteri auspicando una società migliore per “vivere in pace”. A loro, dunque, è da esprimere riconoscenza con l’apprezzamento per la coerenza e la tenacia nonché per i sacrifici personali e le privazioni di ogni genere. Anche per loro merito, infatti, è stato possibile raggiungere risultati di civiltà, libertà e democrazia che danno dignità a ciascun uomo e che spetta a noi difendere e portare avanti. © Riproduzione riservata

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