MOLFETTA - Nessuno ne parla. La televisione tace. Eppure per il taglio degli stipendi parlamentari è possibile votare anche a Molfetta entro il 26 luglio. È dell’Unione Popolare (UP), con l’appoggio di Italia Libera Lista Civica Nazionale,l’iniziativa di raccogliere le 500mila firme necessarie per abrogare l’art. 2 della Legge n.1261/65 che disciplina le indennità spettanti ai membri del Parlamento: «Nello specifico il suddetto art. 2 definisce i compensi relativi alla diaria ed alle spese di soggiorno a Roma dei parlamentari - spiega l’UP sul suo sito -. Avrebbe dovuto, e potuto, essere un segnale importante per il Paese se i Parlamentari stessi avessero rinunciato a tali compensi. Ma, visto che ciò non è accaduto, allora saremo noi cittadini elettori a provare a far diventare realtà tale richiesta».
Non sono semplici spiccioli, ma ben 48mila euro di risparmio per ogni componente del Parlamento. Le firme raccolte al Municipio di Molfetta sono poco meno di cinquanta e a livello nazionale appena 200mila firme contro le 500mila richieste. Un controsenso, considerando che molti sono i cittadini che vorrebbero firmare per manifestare il loro dissenso verso gli stipendi da capogiro dei parlamentari italiani in questo clima di nera recessione.
Rimane, però, una certa confusione su dove e quando firmare, anche perché, contemporaneamente alla raccolta firme indetta dall’UP, ne esiste un altro indetto dal Comitato del Sole che, oltre alla diaria, punta a privare della casta di altri privilegi ed indennità.
Ancora una volta è il web che si dimostra l’unico mass-media svincolato da ogni censura. Le televisioni non ne parlano, forse manipolate dai potentati politici cui l’argomento non gioverebbe. Il popolo del web, invece, ha lanciato il passaparola, soprattutto attraverso i social network. Eppure, le notizie sono confuse e in contraddizione.
È uno scempio pensare che lo stipendio lordo di un parlamentare italiano sia di circa 10mila euro lordi, escluse varie indennità e privilegi che li esentano da molteplici spese. L’oggetto in discussione riguarda la diaria di soggiorno pari a circa 3500 euro (non sarà troppo per un affitto?), esentasse, di cui godono anche quei parlamentari che hanno un’abitazione a Roma e che, quindi, non dovrebbero sostenere le spese di affitto per l’alloggio. Persino il governo Monti e la presenza della Commissione Giovannini, incaricata di equiparare lo stipendio dei parlamentari italiani a quello dei colleghi europei, non è stata in grado di sradicare dalla casta tutti questi sconsiderati benefici nel tragico clima di crisi economica.
La sottoscrizione è iniziata il 12 maggio e i cittadini molfettesi potranno recarsi fino al 26 luglio presso l’Ufficio Relazione con il Pubblico (URP) di Palazzo Giovene in Piazza Municipio. Successivamente si provvederà a consegnare al segretario generale dell’UP il modulo con le sottoscrizioni (foto). Ma pochi sanno di questo referendum “anti-casta” e tantomeno della raccolta-firme a Molfetta: nessun politico e partito l’ha pubblicizzata (in caso contrario è stato un semplice e debole merus flatus vocis).
I motivi possono essere tanti. Ad esempio, una influenza dall’alto per bloccare o coprire la raccolta-firme, mentre si continuano a spremere le tasche dei cittadini, come accade a Molfetta dove l’Irpef è aumentata del +0,15% su disposizione del sindaco senatore
Antonio Azzollini, si tassano i
box auto e le casse comunali raschiano il fondo, dopo il taglio di 8 milioni di euro dallo Stato per i finanziamenti dei lavori del porto.Oppure il silenzio può essere motivato da una serie di “
anomalie” che la raccolta-firme presenterebbe.
Si stanno sollevando numerose critiche per una possibile strumentalizzazione politica ed elettorale del referendum stesso da parte dell’UP, movimento totalmente sconosciuto, se alcuni suoi esponenti avrebbero dichiarato di consegnare le firme solo a gennaio 2013, rendendo però il procedimento illegittimo. Infatti, il referendum potrebbe essere bocciato dalla Consulta, in base all'art. 31 della Legge n.352/70: «Non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime».
Inoltre, una riduzione dei compensi ai parlamentari è già stata vergata nero su bianco da modifiche successive al Decreto Legge n.98/11. Ecco perché il referendum appare non del tutto giustificato: basterebbe, invece, una legge di 2 righe. Tra l’altro, la consultazione popolare costerebbe alle casse dello Stato milioni di euro, cancellando quel risparmio ottenuto dall’abolizione della diaria.
Infine, non si spiega il silenzio che circonda questa iniziativa. A parte i mass-media, dove sono i politici che hanno fatto dell’anti-casta il loro grido di battaglia, come Grillo e Di Pietro? Forse non vogliono pubblicizzare un partitino che potrebbe crescere con questa battaglia, oppure non ritengono che l’iniziativa meriti il loro appoggio (ma dovrebbero spiegarne le ragioni).
A Molfetta nessun partito o movimento ha espresso un suo parere politico in merito. Altro che svecchiamento della politica e riduzione della spesa politica. Ognuno difende i propri interessi e resta arroccato nella sua torretta d’avorio.
© Riproduzione riservata