Anche la marineria di Molfetta martedì alla manifestazione sulla pesca a Bari
MOLFETTA - Le marinerie pugliesi sono nuovamente in stato di agitazione, con i pescherecci tristemente ancorati
in porto, per risvegliare e sollecitare l’attenzione degli organi di governo verso questo settore,
ingiustamente criminalizzato e bistrattato, verso una condizione di insostenibilità economica e
sociale che rischia di desertificare un settore di grandi tradizioni e saperi, che, almeno in aree e
territori costieri sensibili alla pesca, ha rappresentato da sempre l’asse portante della loro economia
e dello sviluppo.
Il complesso e articolato quadro normativo comunitario e nazionale in materia di pesca, infatti, con
le accelerazioni degli ultimi anni, in termini di nuova politica gestionale della pesca, controlli e
relativo quadro sanzionatorio, sta mettendo a dura prova la sostenibilità del sistema pesca pugliese,
già fortemente debilitato da una condizione di crisi che, muovendo dall’impatto delle misure del
regolamento mediterraneo e dalle conseguenze del caro gasolio, ha ormai assunto carattere di
strutturalità.
Con il regolamento (CE) 1967/2006, in primis, recante “Misure di gestione per lo sfruttamento
sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo”, nell’intento di realizzare un contesto
gestionale specifico per il mediterraneo, e muovendo da una strategia precauzionale, sono state
adottate specifiche e assai impattanti misure volte a proteggere e conservare le risorse ittiche e gli
ecosistemi marini al fine di garantire uno sfruttamento sostenibile:
- gestione dello sforzo di pesca con piani di gestione nazionali e comunitari
- individuazione di habitat protetti e zone di pesca protette
- restrizioni e requisiti relativi agli attrezzi
- nuova dimensione minima delle maglie delle reti
- taglie minime di sbarco
Su questo complesso di regole di forte impatto per il nostro sistema pesca e mai completamente
compreso e accettato dai nostri pescatori, in quanto ritenuto non coerente con le caratteristiche,
anche ambientali, del nostro sistema pesca, ma anche perché, pur in un contesto di risorse
condivise, si tratta di misure cogenti e penalizzanti per i soli paesi comunitari, si è strutturata la
nuova politica comunitaria in materia di pesca e la nuova Organizzazione Comune dei Mercati, che,
in un complessivo approccio eco-ambientale tendente al massimo rendimento sostenibile, ha
imposto misure finalizzate ad una ulteriore riduzione dello sforzo di pesca e della capacità di pesca
dei pescherecci unionali, attraverso piani di gestione pluriennali, nuova disciplina dei rigetti, taglie
minime di riferimento per la conservazione, misure di adeguamento della capacità di pesca alle
possibilità di pesca disponibili, misure tecniche sugli attrezzi, metodi di pesca selettivi, misure di
fissazione e ripartizione delle possibilità di pesca, tracciabilità.
Tutto questo quadro normativo comunitario e nazionale è ulteriormente e gravemente appesantito
da una normativa sui controlli asfissiante e fortemente impattante, con una complessa ed articolata
serie di adempimenti, spesso inutili ma comunque oltremodo gravosi per unità di piccole
dimensioni, con un ridottissimo numero di lavoratori imbarcati. Il relativo quadro sanzionatorio si
sta rivelando sempre più devastante e destabilizzante, improntato com’è ad una funzione dissuasiva,
i cui effetti depressivi sono in ogni caso accentuati dalle disposizioni in ordine alla ammissibilità e
condizionabilità degli aiuti pubblici.
Si tratta, purtroppo, di un contesto ancora in evoluzione, in quanto è stato recentemente adottato, nel
nostro Paese, un nuovo piano di gestione pluriennale per la cattura delle risorse demersali e per i
piccoli pelagici, con ulteriori misure di riduzione spazio – temporali, mentre è in fase avanzata di
discussione una proposta della Commissione di profonda revisione, in termini ancora più
destabilizzanti, del regolamento controlli.
Il nostro settore è chiamato, quindi, a misurarsi con un nuovo scenario normativo e operativo, un
nuovo contesto veramente difficile e di forte impatto, che sta profondamente incidendo
sull’equilibrio economico delle imprese e dell’intero comparto.
Molte imprese di pesca sono in condizioni di forte debolezza economica e si vedono costrette,
purtroppo, a scelte depressive di abbandono nell’impossibilità di intraprendere i necessari ma
gravosi processi di adeguamento, ristrutturazione e riconversione, particolarmente difficili e
complessi in un contesto di profonda crisi strutturale del settore.
Non può negarsi, infatti, che le ulteriori, pur necessarie misure di riduzione dello sforzo e della
capacità di pesca, ritenute improcrastinabili a seguito di evidenze scientifiche che testimonierebbero
il forte stato di sofferenza di gran parte delle risorse ittiche in mediterraneo, associate ad una
eccessiva rigidità delle scelte gestionali ed a un programmato ma ingiustificato irrigidimento dei
controlli e delle conseguenti sanzioni stanno compromettendo seriamente la redditività delle
imprese di pesca e la loro capacità di resilienza. La funzione dissuasiva del penalizzante quadro
normativo sanzionatorio sul rispetto della PCP rischia di superare le stesse attese comunitarie
portando le imprese non tanto alla dissuasione dall’infrazione quanto alla dissuasione dalla stessa
continuazione dell’ attività di pesca.
“Tutelare il merluzzo non può e non deve voler dire mortificare il pescatore e la sua
famiglia”, come pure ”Diventare un pescatore responsabile non può e non deve voler dire diventare
un imprenditore irresponsabile incapace di creare reddito per se e il suo equipaggio”.
E’ forse giunto il momento di pensare ad un radicale cambiamento delle politiche comunitarie
e delle scelte gestionali nel mediterraneo ed in particolare in adriatico, ricercando una
maggiore coerenza con le specificità, anche ambientali del nostro sistema pesca e trovando
finalmente un delicato, difficile, ma necessario equilibrio tra sostenibilità ambientale e
sostenibilità economico sociale.
La marineria di Molfetta è anche disposta ad ospitare a bordo osservatori nazionali o comunitari che
verifichino l’impatto e la coerenza ambientale con il nostro sistema pesca delle nuove normative e
vuole partecipare alla costruzione di questo difficile, ma indispensabile percorso, verso nuovi e
moderni criteri di sostenibilità, basato su valori e principi di partecipazione, responsabilità e
autogestione del settore, per evitare o arginare le gravi ripercussioni di tipo occupazionale,
economico e sociale delle politiche e misure comunitarie fortemente improntate alla sostenibilità
ambientale ma poco attente alle esigenze delle imprese di pesca.
Questa, ne siamo consapevoli, è l’unica via possibile: quella dell’equilibrio, della partecipazione,
della responsabilità, capace di coniugare i prioritari valori di sostenibilità ambientale ed eco
sistemica con quelli non meno significativi e importanti di sostenibilità economica e sociale
dell’attività di pesca.
Dobbiamo creare un nuovo contesto normativo e gestionale capace di realizzare una nuova pesca,
responsabile, sostenibile, pronta ad accettare e sostenere le sfide di competitività che i nuovi
scenari, anche di mercato, impongono.
Martedì 8 ottobre la marineria aderisce alla manifestazione
prevista a Bari chiedendo la costituzione di un tavolo di
emergenza permanente al fine di analizzare le numerose
problematiche del settore.