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Altri quadri sequestrati in casa di mons. Bellifemine: 12 indagati
06 aprile 2004
MOLFETTA – 6.4.2004 Nuovi quadri recuperati (dipinti di valore inestimabile del 500 e 600) arredi sacri, antichi manoscritti, che si vanno ad aggiungere ai 4mila già ritrovati, nel luglio scorso, insieme con incunaboli e antiche pergamene, documenti storici relativi a un periodo compreso tra il 1296 e il 1965: sono alcuni degli oggetti trovati dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale al comando del ten. Michele Miulli, nell'abitazione (un palazzotto di 3 piani con 12 stanze) di mons. Graziano Bellifemine, morto ad 80 anni un anno fa a Molfetta, e in quelle di alcuni eredi. Si tratta di dipinti ad olio e su tavola, candelieri, reliquari ed altri oggetti sottratti a chiese ed enti ecclesiastici pugliesi e conservati negli anni dall'arciprete, insegnante di filosofia presso il seminario Vescovile di Molfetta. Nel corso di numerose perquisizioni, disposte dal sostituto procuratore Luigi Scimè del Tribunale di Trani, i militari hanno rinvenuto in casa dello scomparso prelato, un vecchio stabile di tre piani con decine di cantine e locali di pertinenza, centinaia di pezzi, tra quadri, statue, libri miniati e persino manoscritti, per un valore di oltre mezzo miliardo di euro. Si sta cercando anche di ricostruire la provenienza delle opere: Seminario vescovile di Molfetta, chiese della Morte (qui era custodita la grande pala raffigurante la deposizione di Cristo, rimossa in occasione del restauro) e di San Domenico di Molfetta, museo diocesano e dell'episcopio di Bitonto, seminario vescovile di Nardò, chiese S. Maria Amalfitana e del Carmine di Monopoli. Dodici persone, fra cui alcuni parenti del Bellifemine, sarebbero indagate dalla magistratura nell'ambito di un'inchiesta che nelle settimane scorse ha portato al blocco della vendita all'asta londinese di «Sotheby's» di un rarissimo «Codice Maurolico», manoscritto di un matematico messinese del '600, scomparso proprio dal seminario vescovile di Molfetta di cui mons. Graziano Bellifemine era stato anche per molti anni direttore della biblioteca (Nelle foto, alcune delle opere recuperate dai carabinieri, fra cui la pala con la deposizione di Cristo della Chiesa della Morte).
Il sacerdote era considerato un esperto di altissimo livello e veniva consultato da studiosi di tutto il mondo per ricerche e perizie. Indagini sono in corso anche in Canada e Stati Uniti per individuare e recuperare alcune opere che sarebbero state commercializzate anche dopo la morte del collezionista «monsignore». La notizia ha destato grande eco in città, dove don Graziano, come lo chiamavano tutti, era conosciuto e apprezzato per i suoi studi e la sua cultura. Probabilmente in questo caso non si può parlare di furti o trafugamenti di opere, come ha detto il soprintendente ai beni artistici Salvatore Abita ("si tratta di un vero e proprio mistero pugliese, anche perché non si può certo dire che Bellifemine trafugasse le opere") che venivano affidate ad occhi chiusi al sacerdote, per utilizzarle per i suoi studi. C'è chi ritiene che le opere rimanessero nell'appartamento di don Graziano, sia perché nessuno si ricordava di richiederle (forse per una scarsa attenzione della Chiesa ha avuto in passato verso il proprio immenso patrimonio, del quale mancava un inventario che solo recentemente si sta realizzando) e così se ne perdeva traccia, sia perché il monsignore pensava, a torto, di poterle conservare meglio che nei luoghi di origine. Ma sembra che tutti sapessero, ne parlassero sottovoce, ma nessuna denuncia ("tutti sapevano, ma non dicevano", è stato detto nella conferenza stampa convocata dai carabinieri a Bari e dal pm Scimè). Insomma, un amore maniacale per le opere di arte sacra che, però, ha finito per sconfinare nell'illecito: una sorta di cleptomania di uno studioso maniacale e collezionsita che, comunque, pur se non ammissibile o giustificabile perché sempre di sottrazione illecita si tratta, avrebbe dovuto spingere i parenti, almeno dopo la morte del monsignore, a restituire tutte le opere. Cosa che non è stata fatta, anzi sembra che qualche pezzo pregiato sia stato anche venduto, ecco perché oggi il pm li ha indagati per sottrazione e ricettazione delle opere.
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