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Alla riscoperta degli antichi sapori a Molfetta: il grano arso Il mangiar sano d'oggi è quello dei nostri avi. Un sapore irrinunciabile la pizza al grano arso: un sapore arcaico, unicum di natura, genuinità, sole e splendore al Vecchio Gazebo di Molfetta
16 febbraio 2013

MOLFETTA - Da piatto dei poveri, originario del Foggiano, a squisite ricette per palati raffinati. In tempi ormai remoti, quando il grano era raccolto a mano, le stoppie erano bruciate e i chicchi, pochi, caduti a terra si bruciacchiavano. I latifondisti concedevano ai contadini il privilegio di raccogliere questi chicchi e di tenerseli (oggi si direbbe benefit). Dopo la macinatura, con la farina ricavata si confezionavano focacce e vari tipi di pasta. Era il grano arso.

La farina di grano arso nasce dalla tradizione contadina (e povera) nella Daunia pugliese di raccogliere i chicchi di grano rimasti a terra dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie. I chicchi di grano bruciati raccolti erano poi macinati in mulini a pietra o nei mortai a mano e uniti con una percentuale di farina bianca: così i contadini riuscivano a ottenere un buon quantitativo di farina per la cucina, comprandone solo una piccola parte (tra l’altro, a prezzi proibitivi).

Sbriciolato l’impero dei latifondi e abbassatosi il prezzo della farina, il grano arso è sparito dal consumo. Il suo ritorno, recente di qualche anno, si deve a ristoratori d’eccellenza e produttori che ne hanno riscoperto l’uso.

La farina di grano arso è una eccellenza gastronomica pugliese per il suo aroma e sapore inconfondibili e la sua versatilità in cucina. Naturalmente, quello prodotto attualmente è ottenuto in maniera diversa dall’originale, ovvero sfruttando la tostatura e non la completa bruciatura del grano. Quel che si ottiene, però, è pur sempre una farina dal gusto particolarissimo e dal colore scuro che caratterizza poi il prodotto finito.

Oggi il vecchio tipo di raccolta è proibito perché il grano bruciato in quel modo è cancerogeno, ma anche se non lo fosse, il costo della raccolta sarebbe proibitivo. Il grano arso moderno è semplicemente tostato al punto giusto per ottenere quel tipico sentore di affumicato. La tostatura del grano conferisce a questa farina dei profumi eccezionali che si sposano alla perfezione agli altri ingredienti della pizza per far risaltare il caratteristico gusto della Piazza al grano arso.

Un sapore irrinunciabile, quello della Pizza al Grano Arso, un unicum di natura, genuinità, sole e splendore, la cui degustazione è possibile al Ristorante Pizzeria il Vecchio Gazebo di Molfetta (via Guglielmo Marconi 18) grazie a Giuseppe Petruzzella e Domenico Piccininni, componenti dell’Associazione Pizzaioli Professionisti.

È opportuno abbinarla a condimenti dal sapore delicato. La Pizza Ghiotta al grano arso, con pomodorino soleggiato, autoctono, coppa di Martina Franca, rucola, scaglie di scamorza affumicata e mozzarella di Andria. Ma già il semplice utilizzo di farina con il grano arso, acqua, un pizzico di sale e lievitazione naturale, genera il classico ciccio, degustato appena sfornato, semplice, nudo è già di per sé gustosissimo, leggerissimo, gustato semplicemente senza alcun altro condimento, anche se gli abbinamenti con la classica pricoprak molfettese, sono un vero ed autentico ineguagliabile solletico per il palato.

Il grano arso presenta un colore nero e un aroma intenso e si mescola nella misura di 1:3 alla farina (usata per la preparazione di pasta, focacce, pane, ma soprattutto pizze). Importante è la lievitazione naturale con il lievito madre, ripreso di recente anche per le intolleranze al lievito industriale.

Al di là della moda, c’è una cosa che si cela dietro questa magica creazione: passione, pazienza e costanza. Del resto, Balzac scriveva: «la pazienza è ciò che nell'uomo più assomiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni». E il lievito madre con la sua lunga crescita e il suo sviluppo graduale rappresenta i ritmi pazienti della natura, contrapposti ai nostri decisamente frenetici.

Questo tipo di lievito è un impasto a base di farina, acqua e zuccheri che, mescolati tra loro e rinfrescati con costanza, fermentano spontaneamente. Questa fermentazione ha come effetto visibile la produzione di anidride carbonica che fa aumentare il volume dell’impasto producendo delle bolle interne. Così, semplicemente, complici il tempo e i rinfreschi (rabbocchi di farina e acqua all’impasto base), nasce il lievito madre. In sostanza, ogni volta che si procede a un rinfresco si toglie la metà dell’impasto e si aggiunge della nuova acqua e farina. Si rimescola il tutto e si lascia nuovamente riposare.

Sapori arcaici, che risalgono dall’oblio dei secoli e ritornano sulle nostre tavole con immutata fragranza, odori ancestrali mai sopiti, favolose miscellanee di culture mai sepolte del tutto dall’oblio del tempo. Ingredienti autentici, non solo piacere per il palato, ma arte del buon cibo e storia al Ristorante Pizzeria Vecchio gazebo di Molfetta.

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Autore: Nicola Squeo
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