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Alla ricerca della chianca perduta: il diporto molfettese delle basole
15 luglio 2012

Le pietre non hanno voce. Si straziano quando è violata la loro storia. Sono pepite d’oro pregiate. Rappresentative della storia della città di Molfetta, ma prodotti preziosi del mercato nero: 80 euro quelle bianche, valore inestimabile le laviche (colore scuro). Oppure 150 euro per metro quadrato. Gran parte del manto stradale cittadino, soprattutto quello risalente al primo nucleo urbano fino all’espansione urbanistica del primo Novecento, è tappezzato di basole, soprattutto di pietra lavica. Non è un mistero che elementi così pregiati e unici nel panorama contemporaneo dell’edilizia possano scatenare particolari appetiti da parte di soggetti senza scrupoli, soprattutto per la pavimentazione di aree private (ville, ristoranti, ecc.). Per questo motivo, quando le ruspe hanno iniziato a sradicare le basole laviche dall’incrocio semaforico tra via Roma, via Edoardo Germano e Corso Margherita, sono stati i cittadini stessi a segnalare a Quindici l’anomala procedura. Il dissesto della strada e la tutela della basole, la motivazione di uno svellimento senza senso. Come se questo dissesto si potesse contrastare con l’asportazione del basolato e l’uso di pietrisco stabilizzante, e non con il ricollocamento di quei lastroni che hanno resistito per quasi un secolo (di solito, l’asfalto dura appena qualche anno). Del resto, quelle basole hanno un preciso significato storico, perché collocate nei tessuti formalizzati su griglie geometriche ottocentesche e di primo ’900. Eliminato l’asfalto depositato in passato, sarebbe stato opportuno ripristinare tutto il basolato intorno a piazza Cappuccini. Anche il confezionamento attento delle basole depositate per due giorni nei pressi dell’incrocio ha destato qualche perplessità. Molta cura, troppa per delle basole che non saranno più ricollocate nella loro destinazione naturale. Chi saranno i fruitori di quelle basole, i cittadini che ne sono i legittimi proprietari o “destinatari ignoti”? Domanda semplice, ma angosciante. UN MERCATO DELLE BASOLE? Quelle basole sono state trasportate su un lungo camion fino al deposito del PalaPanunzio il 22 giugno mattina, dove sono state accantonate. Qualche giorno prima, forse proprio dopo l’articolo di Quindici online, solo i bancali erano stati numerati (29 il numero maggiore per quasi 10-11 basole ciascuno). Il 28 giugno sono iniziate le operazioni di pulizia del basolato nell’area adiacente lo svellimento, di solito congestionata dalle auto parcheggiate. Una lenta operazione che, a quanto pare, dovrebbe concludersi con l’asportazione delle basole laviche, sostituite da pietrame stabilizzante. L’ennesimo scempio. E anche i lavori di rifacimento del manto stradale su via Madonna dei Martiri, iniziati il 2 luglio, si concluderanno con la rimozione delle basole e la posa di stabilizzante (nonostante l’area sia oggetto di varie infiltrazioni per la Lama Scotella che scorre da via Terlizzi fino al porto). La destinazione ufficiale sono i depositi comunali. Quindici ne ha individuati solo due: il PalaPanunzio e la Scuola primaria Zagami. Sotto gli occhi dei cittadini, ma soprattutto all’aperto, esposte anche al furto. La maggior parte delle chianche sono gettate alle rinfusa, tranne le nuove sagomate. Anzi, molte basole antiche sono pure rotte. E non si capisce come i lavori di sradicamento forzato abbiano provocato la rottura di gran parte delle basole, che hanno resistito per secoli alla pressione di carri, autobus, camion e auto. Esistono altri depositi oltre a quelli individuati da Quindici? Infatti, non è possibile che tutte le vecchie basole sradicate con la forza da Molfetta negli ultimi anni (ad esempio, da via Respa, dalla piazza di via Amente nel centro antico, da alcune strade del centro antico stesso per il rifacimento della rete fognaria, dall’ex mercato ortofrutticolo) siano appena un fatiscente mucchio di appena 200-300 elementi. Tra l’altro, uno dei progetti dell’amministrazione Azzollini doveva essere la riqualificazione del quadrilatero commerciale (Corso Umberto I - Piazza Principe di Napoli - Corso Margherita di Savoia - Via Vittorio Emanuele II - Via Baccarini - Via De Luca - Via XX Settembre - Via Bari), che avrebbe inevitabilmente interessato Corso Umberto: con il necessario svellimento delle antiche e pregiate basole laviche. Solo ammodernamento del decoro urbano o dietro questo improbabile progetto si nascondevano altri interessi? Del resto, non sono mancati negli ultimi anni in Puglia furti e danneggiamenti (volontari o meno) che hanno favorito il proliferare del mercato nero e dei profitti illeciti. Ad esempio, a San Vito dei Normanni sono scomparse delle basole dai depositi comunali. Anche a Bitonto, nei pressi della Porta Baresana, per alcuni lavori di cablatura pare siano svanite le basole rimosse e sezionate come mattoncini. Infine, il furto di basole, chianche e pavimenti da una villa ottocentesca a Mola di Bari o la sparizione di quelle rimosse dal lungomare Colombo nel 2010. L’elenco sarebbe infinito. Addirittura, già dal 2003 la Procura della Repubblica di Trani aveva avviato accertamenti su alcuni episodi accaduti ad Andria: un’ingente quantità di basole scomparsa e probabilmente ricettata, poi sostituita dall’asfalto. Molte associazioni, Comuni e giornali pugliesi si stanno adoperando per denunciare sparizione e vendita al mercato nero delle basole. E Molfetta potrebbe essersi trasformata (se non lo è già) in un giacimento inesauribile per l’espatrio illegale. Materia che potrebbe essere discussa in un Consiglio comunale per chiarire una situazione che, apparendo poco trasparente, insospettisce i cittadini.

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