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Albania, l’assalto ai container La testimonianza dei molfettesi a Mamurras
15 ottobre 1999

di Tiziana Ragno Si è molto parlato, nelle ultime settimane, di una missione arcobaleno improvvisamente diventata, agli occhi dell’opinione pubblica, una macchina poco efficiente e piena di disfunzioni, dopo essere stata, per interi mesi, simbolo di quell’occidente ricco, solidale e tempestivo. In realtà sin dall’inizio alle porte del Kosovo si sono spesso consumati atti di sciacallaggio ai danni dei container colmi di aiuti per le popolazioni profughe: erano all’ordine del giorno a detta di chi in Albania ha vissuto direttamente l’esodo. “Spesso mi è capitato di vedere container aperti e assaliti dai ragazzini in cerca di cibo, forse spinti solo dal reale bisogno: lì, sul porto di Durazzo, la sorveglianza mancava, i soldati, anche italiani, erano dislocati nel centro della città”. E’ la testimonianza di Anna de Candia, un’infermiera molfettese che ormai da sei anni trascorre tutti i periodi di ferie in Albania, a Mamurras, presso la missione che portano avanti le suore di don Grittani, insieme a don Carmelo la Rosa. Anna de Candia ha descritto una situazione in Albania di totale libertà d’azione delle mafie più o meno organizzate e tutte però saldamente radicate; situazione sempre presente, anche al momento della gestione degli aiuti umanitari che sono irrimediabilmente finiti nella morsa dell’illegalità e del clientelismo sfacciato: “Proprio a Mamurras tutto ciò che arrivava dalle organizzazioni internazionali era affidato per lo smistamento al figlio del prefetto e non è difficile immaginare i suoi criteri di distribuzione”. Se a tutto questo si aggiungono le lungaggini burocratiche, diventa comprensibile la scelta di non affidare alla “Missione arcobaleno”, se non per il trasporto in nave, gli aiuti raccolti tra i molfettesi e inviati in tre fasi diverse con la collaborazione dei vigili urbani della nostra città. A gestirli, quindi, sono state direttamente le suore di don Grittani, barcamenandosi tra l’altro fra le altalenanti disposizioni doganali. “Per l’ultimo carico di aiuti abbiamo dovuto nascondere i detersivi – ha detto Anna de Candia – perché improvvisamente si vietava l’accesso a questi prodotti per favorire il mercato interno: anche questo è sciacallaggio, politico e legittimato”. Anna de Candia adesso è già tornata in Albania per la ventiseiesima volta: l’aspetta una capillare campagna di vaccinazione organizzata dai Cavalieri di Malta, in Mirdita, la regione più povera dell’Albania, una zona montagnosa ed impervia. In questi anni soprattutto a Mamurras è stata assidua e sistematica la sua presenza di infermiera, impegnata anche in campagne di prevenzione destinate a giovani e bambini. Ci ha detto che lo fa per niente né le interessa che si sappia, ma tutti le sono riconoscenti e la sua sola ricompensa è l’affetto di quella gente disposta anche a sacrificare quel poco che hanno. A volte un vaccino può valere una gallina che non si può rifiutare.
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