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Addio a don Franco il sacerdote uomo del popolo
15 dicembre 2022

Non credo. Iscriverò i miei figli al Catechismo ma non credo, non parteciperò alla messa. Si dice che le grandi amicizie nascano dagli scontri e questo fu, in realtà, l’esordio della nostra. E non poteva essere altrimenti perché don Franco Sancilio era, in primis, uomo del popolo, intelligente e sensibile talmente tanto da capire che l’uomo aveva bisogni materiali primari, ancor prima dei conforti religiosi. Don Franco Sancilio è andato via, troppe cose aveva ancora da fare, troppi i poveri da seguire, troppi i giovani da accompagnare nel cammino della vita. E sono proprio loro i più sgomenti, i più addolorati. La notizia della sua morte giunge al mattino presto, da un messaggio di un figlio lontano, da una foto che lo ritrae mentre riceve il battesimo. “Mamma don Franco è morto”. La notizia si diffonde, complici i social che, per questa rara volta, diffondono un dolore vero, sincero. E non solo la comunità del quartiere della Parrocchia San Domenico, è a piangerlo, ma un’intera città, tutta la Diocesi perché don Franco è stato un antesignano sempre ed in tutto. “Quest’anno non voglio partecipare a pranzi interminabili, scambiare auguri non sinceri, ricevere regali riciclati. Ho pochi giorni disponibili, ma quest’anno voglio far vivere ai miei figli un Natale vero, con uno spirito di fraternità, però, ricorda che non verrò a messa”. Don Franco capì la mia fame, il bisogno di chi voleva sentire il Natale, tornare allo spirito della fratellanza, alzarsi da quelle tavole apparecchiate piene di cibo, circondate da persone che dividevano, durante l’anno, solo quelle poche ore che precedevano la mezzanotte, per poi tornare ad ignorarsi per il resto dell’anno, che non voleva più essere come quei personaggi dei presepi che si tirano fuori dagli scatoloni, per poi essere riposti e ripresi dopo un anno. Capì che c’era un vuoto, derivante da un dolore, capì che bisognava riempirlo e così fu. Dal 25 dicembre di quell’anno e per tutte le feste per molti anni a seguire, la mia famiglia prestò servizio alla mensa sociale dei poveri, la mensa che Don Franco aveva fortemente voluto ed allestito. L’impatto fu violento. Entrai accolta dalla compianta Giulia e subito sentii il calore del suo sorriso, lo stesso che l’ha accompagnata fino alla fine. E mentre preparavamo da mangiare con quello che era stato donato, i miei figli erano a messa, erano ministranti. Dopo il Vangelo, Don Franco li fece avvicinare, abbracciandoli. “Sapete dove sono i genitori di questi ragazzi? Sono alla mensa a preparare da mangiare agli ospiti. La mamma mi dice sempre che non crede perché ha avuto un grande dolore ma il Signore l’ha benedetta perché questo gesto le vale tante messe”. E nella Chiesa, durante la messa di Natale, scoppiò un applauso per quella famiglia la cui mamma non credeva. Don Franco era nato lo stesso giorno e lo stesso anno di mio padre. Quando vedevo lui, mi immaginavo come sarebbe stato mio padre, se le mani di mio padre sarebbero state come quelle di don Franco. Avevo un’unica certezza, il sorriso. Ero assolutamente sicura che sarebbe stato lo stesso. Don Franco era così, capace di avvicinare chi aveva perso la fede in Dio, capace di far tornare a credere nelle persone, capace di raccogliere e accogliere i bisogni dei giovani, di organizzare per loro attività e gite che diversamente non avrebbero potuto permettersi, capace di coinvolgere i pochi esercizi commerciali affinché donassero qualcosa da mettere in palio come premi per lotterie il cui fine era il sovvenzionamento di attività parrocchiali. E come dimenticare la sua giovialità durante le serate in parrocchia. Pochi euro per acquistare il panino e un bicchiere di vino, la musica garantita dai ragazzi della parrocchia con i mezzi portati da casa ed era festa. E la malinconia inevitabilmente assale per un tempo che non c’è più. E soprattutto perché non c’è più lui. Ad perpetuam memoriam. © Riproduzione riservata

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