“A do’ a’ da’ scij’?” “A coltivare il mio sogno!” il regista Sergio Rubini a Molfetta
Il calendario delle visite pastorali del Vescovo Mons. Domenico Cornacchia programmate per l’anno corrente si arricchisce di un Maestro pugliese, originario di Grumo Appula: l’attore, regista e sceneggiatore Sergio Rubini. Fortunatissimi i ragazzi dell’Istituto Professionale “Don Tonino Bello” di Molfetta che hanno avuto modo di interagire con il regista Rubini, insieme ad una rappresentazione di giovanissimi alunni della scuola secondaria di I grado “Domenico Savio”, che hanno accompagnato col violino l’ingresso dei due ospiti. Calorosi i saluti della Dirigente scolastica Maria Rosaria Pugliese: “Il grande regista Fellini gli disse che era uguale alla sua foto, rappresentazione di sé stesso, complimento che sottolineava la sua indole di persona vera, sincera e trasparente, ragion per cui lo scelse anche per rappresentare sé stesso nel film che rese giustizia alla sua vita ricca di successi, frutto di impegno nei valori e nell’affermazione personale”. Affettuose e nostalgiche le parole del Vescovo Domenico Cornacchia: “E’ immensa la gioia che provo nel tagliare il nastro proprio nella scuola con il nome di Don Tonino Bello. Gioia incrementata dalla presenza di Sergio Rubini, mio ex alunno al liceo scientifico di Altamura, uomo della nostra terra”. Dopo un videoclip di introduzione alla figura dell’attore Rubini, frutto di una collazione dei momenti più importanti e simpatici della sua carriera, il maestro si è pronunciato così: “Sono emozionato e contento di essere qui. L’aneddoto raccontato dalla preside Pugliese mi riporta subito alla fatidica domanda, che riecheggia tra le strade della nostra amata Puglia, «‘a do’ è ca’ ‘a da’ scij?». E’ una domanda che assume la funzione di un’iniezione letale, una domanda che immobilizza. Io sono dell’idea che se un ragazzo cova un sogno, quella domanda paralizzante potrebbe bloccare qualsiasi voglia di evadere. Io non sono d’accordo, voi andate dove volete, ve ne dovete fregare! Mi sono sentito un diverso e ho dovuto andar via per potermi esprimere al meglio e non soffocare la mia vocazione: siate diversi perché nella diversità, nella deformità che sia, è presente il quid che vi distingue dalla massa”. Le parole incoraggianti del regista Rubini hanno destato meraviglia ed interesse nei giovani alunni, i quali hanno posto delle domande all’ospite d’eccezione. I pugliesi sono sempre stati categorizzati come ignoranti. Che ruolo ha avuto il dialetto nella sua formazione personale? “A 18 anni sono entrato in una scuola di recitazione, luogo in cui ho seguito mol-ti corsi di dizione che mi hanno fatto comprendere come e dove accentare le parole e hanno affievolito la mia cadenza. Ma poi ho capito che la mia cadenza non deve essere completamente estirpata perché fa parte della mia personale visione del mondo, quindi ho iniziato un percorso di recupero della lingua e del dialetto che mi ha riportato a rivalutare quello di Grumo Appula e il dialetto pugliese in generale. Sono dell’idea che ognuno di noi debba intraprendere un viaggio fisico o mentale che lo porti ad allontanarsi dalle proprie radici per poi tornare vittoriosi, come Ulisse ad Itaca, con un bagaglio culturale arricchito”. Se dovesse scegliere tre fotogrammi della sua vita, quali sceglierebbe? “Sicuramente sceglierei il momento in cui ho compreso la mia vocazione: avevo 15 anni e mio padre mi aveva chiesto di recitare come attore in uno dei suoi lavori teatrali, gli dissi di sì e decisi di diventare un attore; l’incontro con Fellini già citato, ma anche e soprattutto l’incontro con un regista esordiente. Entrambi avevano alcuni tratti in comune: la passione e la vocazione per il teatro, il cinema, erano portatori dello stesso amore. Questo mi ha fatto capire che in ogni regista esordiente c’è un grande regista e in ogni regista c’è un regista esordiente”. Consiglierebbe alcune dritte per il successo? “Gli insuccessi sono la vita, i successi sono le luci nella notte. I successi si fondano sugli insuccessi: la vita è fatta di insuccessi: tanti errori, tanti insuccessi portano al successo, al risultato finale. Io ritengo che il successo non sia diventare ricchi e famosi, ma andare in giro con fierezza, assomigliare a sé stessi ed essere in pace con ciò che si è e con le persone che ci amano”. Che ruolo ha avuto l’amicizia nella Sua vita? “Ho avuto e ho ancora un grande amico Michele, che è il mio punto di riferimento da una vita e per la vita. Gli amici sono i fratelli che ci scegliamo, abbiatene cura”. L’intervento dell’attore si è concluso con la lettura in vernacolo grumese di una poesia di Giacomo D’Angelo, poeta grumese, suo amico, che elenca tutti i soprannomi delle famiglie che abitavano Grumo. La conclusione dell’iniziativa ha visto la consegna di due ritratti dell’attore, fatti estemporaneamente da due alunne dell’indirizzo grafico della scuola e l’oscar personalizzato dell’Istituto “Don Tonino Bello”, il tutto intonato dalla meravigliosa “Alleluja” di Leonard Cohen suonata dalle bravissime alunne della scuola media “Savio”.