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8 Settembre 1943: il miracolo della Madonna a Molfetta
Sergio Ragno e Giovanni Magarelli
07 settembre 2020

MOLFETTA - Definire il 1943 l'anno nero della storia della nazione italiana non è lontano dalla verità.

Gettati nella mischia (10 Giugno 1940) dall'illusione di Mussolini di ottenere una vittoria rapida e indolore con cui far pesare sul piatto della bilancia qualche migliaio di morti dei presunti colloqui di pace. Gli eventi furono in totale disaccordo con il suo pronostico. L'Esercito, la Marina e l'Aviazione erano in ogni fronte inferiori agli avversari per preparazione, mezzi e armamenti. Essi potevano contare solo sul coraggio personale, così finirono per soccombere contro la preponderante potenza nemica. Ancora nel mondo campeggiano monumenti con scritto: mancò la fortuna, non il valore.

La debacle del regime fascista, che da vent'anni imperava, avvenne nell'estate del 1943: il 25 Luglio Mussolini fu destituito dal gran consiglio del fascismo ed arrestato per ordine del Re Vittorio Emanuele III. Presidente del Consiglio divenne il generale Pietro Badoglio, che da un lato mantenne l'alleanza con la Germania, dall'altra intavolò colloqui di pace con gli anglo-americani. Fu lo stesso Badoglio, con un messaggio registrato, a dare l'annuncio via radio dell’avvenuto armistizio: era l'8 settembre 1943.

Quando nella città di Molfetta fu ascoltato il comunicato, la popolazione credette che la guerra fosse finita e che la Madonna dei Martiri, nel giorno della sua commemorazione, avesse compiuto un miracolo. Non fu così. Gli anglo-americani risalivano a fatica la Calabria mentre i reggimenti di fanteria tedeschi occupavano le maggiori fortezze della regione. Toccava ai militari italiani presenti nella regione scegliere da che parte stare.

Per meglio comprendere gli eventi di quei giorni terribili abbiamo raccolto la testimonianza orale del signor Giovanni Magarelli, spettatore di un evento di microstoria locale confermato anche da altri protagonisti della vicenda e dagli archivi dei militari e dei Carabinieri.

Da ragazzo, Giovanni lavorava presso un’azienda tessile sita nell'attuale fabbrica di san Domenico, che nel maggio 1943 fu spostata in un capannone su via Bisceglie, ove ora sorge la Cittadella degli Artisti. La piccola impresa produceva indumenti militari ed aveva i seguenti dipendenti: il capo sarto era il maestro Leonardo Cormio (diplomato alla scuola sartotecnica di Milano), il sarto tagliatore era il sig. Onofrio Giovine, le lavoranti sarte le signore Teresa, Ornella e Vincenza. Giovanni si occupava del confezionamento finale. La sede fu spostata per fare spazio ai locali di infermeria per i soldati degenti, in quanto presso la chiesa di san Domenico stazionava un reggimento italiano. La nuova sede su via Bisceglie si trovava accanto ad una postazione militare italiana con a capo un sottotenente.

Era il 15 settembre quando Giovanni udì l'allarme della sentinella di guardia ed uscì dal capannone incuriosito dal suono. Fuori, assistette a quella che definisce una scena indimenticabile: militari italiani avevano fermato un camion tedesco con a bordo cinque militari della Wehrmacht. Questi scesero senza opporre resistenza e si sedettero tranquilli, ma nel veicolo trasportavano un fucile mitragliatore, casse di munizioni e casse di viveri. Il più anziano dei tedeschi prese anche a fumare da una pipa. Secondo Giovanni: l'atmosfera aveva qualcosa di surreale in quanto militari germanici sembravano indifferenti, obbedendo all'ufficiale italiano che senza alcun timore li disarmava. Dalle altre testimonianze sappiamo che i cinque tedeschi furono presi come prigionieri e condotti presso la locale caserma dei Carabinieri, retta dal sergente maggiore Augusto Caccioppoli.

Giovanni non poté vedere questa cosa perchè un soldato italiano, con cortesia, gli chiese di rientrare al sicuro del capannone. Egli dunque conclude il suo racconto con questa considerazione: immagino che stanchi di fare i guerrieri preferirono di prendere la strada del Sud per poi arrendersi e mettere fine agli ordini di quel pazzo di Hitler.

Nei giorni successivi la resa, la Puglia divenne quella che i militari chiamano "terra di nessuno" cioè lo spazio che separa due eserciti. Questo perchè i soldati presenti in Puglia, guidati dal Reggimento di Fanteria Piceno (formato sopratutto da ragazzi nati nel biennio 1923 -1924 e reclutati in Puglia), combatterono accanitamente contro le armate tedesche per liberare le città in cui erano nati e cresciuti. Il 9 settembre la città di Bari fu affrancata, dopo asperrimi combattimenti, dai coraggiosi soldati e civili messi insieme dal generale Nicola Bellomo. Questo valoroso ed impavido barese sarà fucilato nel 1945 dagli inglesi, in quanto il generale voleva denunciarli per violazione degli accordi internazionali sul possesso di armi chimiche (si ricordi il Disastro di Bari del 2 Dicembre 1943).

Il 12 settembre i tedeschi trucidarono a Barletta dodici persone (dieci vigili urbani e due netturbini) in ritorsione alla resistenza offerta dalla città durante il primo assalto, andato respinto. In quegli stessi giorni iniziarono ad affluire reparti britannici sbarcati a Taranto. Gli scontri si concentrarono intorno all'aeroporto di Gioia del Colle e presso Trani. Il 18 settembre fu evitato un nuovo eccidio a Trani grazie all'intervento deciso dei giovani del Reggimento Piceno. La fine delle lotte campali in Puglia avverrà solo il 28 Settembre, quando fu conquistato l'aeroporto di Foggia.

Mentre il Sud si liberava e l’Italia si divideva in due, in Istria avvennero i primi infoibamenti, divenuti massicci alla fine della guerra.

Per Molfetta, invece, la guerra finì l’8 settembre del 1943. Infatti i tedeschi lasciarono la città senza spargimenti di sangue e con atteggiamento di sottomissione. Furono liberati i campi su via Giovinazzo nei pressi del “Paolo Poli” e presso lo spiazzale dove sorge l’attuale istituto scolastico San Giovanni Bosco. La colonna di carri armati “Tigre” e camion si avviò verso via Bisceglie scortata dai nostri soldati e Carabinieri. Alcuni reparti si diressero verso la stazione passando per Corso Umberto abbandonando casse di munizioni durante la ritirata.

Le campane suonarono tutto il giorno a festa, i balconi furono addobbati con lenzuola bianche. Subito dopo arrivarono gli anglo-americani prendendo il posto dei tedeschi. Tutti gridarono al miracolo della Madonna per aver salvato la nostra città.

Ci vorranno due anni di lotte terribili e cruente per riunire la nazione e pacificare il mondo: l'epilogo avvenne il 2 settembre del 1945, con la resa incondizionata del Giappone, ultima delle tre potenze dell'asse a cedere, settantacinque anni fa.

dott. Andrea de Gennaro

Eredi della Storia - ANMIG  

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