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Vito Zaza, dal Silenzio al Mistero Viaggio nelle “maternità violate” al Museo diocesano
15 maggio 2024

“Vito Zaza, dal Silenzio al Mistero. Viaggio nelle maternità violate” è il titolo della bella nuova mostra temporanea promossa dal Museo diocesano a 10 anni dalla scomparsa dell’artista. Composta di tre sezioni, comprende l’esposizione permanente delle sale Zaza dedicate a Mara e Diana con opere degli anni ’80 e ’90; i “Frammenti” ed i “Reperti”, serie di grafiche colorate che ripercorrono il vissuto, a volte doloroso, ma ricco di speranza e di bellezza incomparabile; il “Silenzio”, ovvero le 20 terracotte a indirizzo sociale. Il 5 maggio 2014, la Città di Molfetta e l’Arte perdevano l’artista Vito Zaza (1939-2014), le cui opere sono esposte in varie città d’Italia e all’estero, avendo partecipato a molte mostre personali e collettive, nonché vincitore di numerosi concorsi nazionali ed internazionali. In questa occasione la Fondazione Museo Diocesano, in accordo con la famiglia Zaza e con il patrocinio e sostegno della Diocesi di Molfetta-Ruvo- Giovinazzo-Terlizzi e dell’Amministrazione Comunale della Città di Molfetta, ha dedicato una mostra di sculture inedite e su tematiche mai trattate prima dall’artista, realizzate a partire dalla seconda metà del 2010. Si tratta principalmente di 20 opere scultoree in terracotta che costituivano e costituiscono un percorso dalla duplice chiave di lettura: da un lato la scelta di attenzionare i drammi delle maternità nei “pianeti dimenticati” e, dall’altro, l’immersione in un labirinto che manifesta – e al contempo nasconde – la trasformazione avvenuta negli ultimi quindici anni della vita dello scultore. A seguito, infatti, della tragica scomparsa delle due figlie, Mara e Diana, si era ritirato presso la Trappa delle Tre Fontane a Roma in isolamento spirituale. La sala museale della Trappa divenne punto di arrivo di un duplice movimento: verso il cuore della comunità monastica e verso il cuore della società di oggi. L’ispirazione a questa serie di opere viene da un articolo che Zaza aveva letto e chiosato come “importantissimo”, un articolo della rivista Jesus (agosto 2009) a firma di Vittoria Prisciandaro, dal titolo “Una rete per le donne”. È una rete internazionale – Talità Kum (‘Alzati’) – di religiose cattoliche che lottano contro il traffico di donne costrette a prostituirsi. Vito Zaza è colpito da un tale impegno di frontiera, che comporta non pochi rischi. La narrazione della giornalista coinvolge il diplomatico Luca Attanasio, che diverrà tristemente famoso perché ucciso in Congo nel 2017, e la scrittrice Patrizia Caiffa, impegnata a promuovere un’era di consapevolezza e di “responsabilità indiretta”, cioè di un nuovo principio volto a rendere ogni essere umano responsabile del cambiamento del mondo. L’artista è scosso dalla vastità del fenomeno, che si aggrava in occasione di eventi internazionali come Olimpiadi e mondiali di calcio, e che coinvolge trasversalmente Paesi di tutte le latitudini. L’articolo cita Taiwan, Messico, Afghanistan, Tailandia, India, Guatemala, Sudafrica, Australia. La tratta di esseri umani lo impressiona fortemente e lo spinge a tirar fuori tutta la sua carica passionale e tramutando la sua arte in impegno sociale. Zaza aveva immaginato ogni aspetto di questa mostra, suo lascito al futuro, quasi consapevole di non poter essere in grado di vederla realizzata, ma per la quale aveva già suggerito, insieme ai suoi più stretti collaboratori e amici, il titolo da adottare: il silenzio, perché quella è la voce di Dio, ma anche, nel suo essere un progetto umanitario, il dover dar voce a chi una voce non ce l’ha, a chi sta in silenzio, ma in quel silenzio urla, come ha detto il direttore del Museo don Michele Amorosini. L’esposizione, dal 3 maggio all’8 settembre 2024, avrà luogo nei nuovi ambienti del Museo diocesano di Molfetta, recentemente acquisiti alla struttura museale diocesana e già oggetto di pregevoli iniziative nei mesi scorsi, ed è promossa dalla Ati “Arte in Arte” di cui la Fe- ArT società cooperativa è capogruppo e coordinatrice dei servizi, con il contributo critico della prof.ssa Anna D’Elia, già docente presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Ad impreziosire l’esposizione delle opere di Zaza i contributi artistici di Roberto Lusito, fotografo molfettese di grande sensibilità, e di Enzo Quarto, giornalista e volto noto della televisione regionale, autore dei testi poetici pensati per guidare lo spettatore alla fruizione delle opere. Alla serata inaugurale hanno partecipato il sindaco Tommaso Minervini, il Vescovo diocesano Mons. Domenico Cornacchia, in contatto video Mons. Pietro Maria Fragnelli, Arcivescovo di Trapani e amico dell’artista, nonché il giornalista Enzo Quarto, il critico d’arte Anna D’Elia e il direttore del museo don Michele Amorosini. L’ingresso è gratuito negli orari di apertura istituzionali del Museo. Info e prenotazioni per gruppi al 348 411 3699 o scrivendo a info@museo-diocesanomolfetta.it La prof.ssa D’Elia ha ricordato come l’impegno sociale sia stato il movente più forte dell’attività artistica di Vito Zaza che, lavorando, redime il dolore. L’artista smuove le coscienze di fronte all’indifferenza e trasforma la sostanza inerte in vita. Zaza dice che non basta l’impegno sociale, devi renderlo credibile. Le opere danno una sensazione di quiete ritrovata e il linguaggio fortemente simbolico dell’arte comunica l’incomunicabile. Ecco perché occorre mettersi in ascolto di ciò che non è percepibile, quando l’arte si spinge alla soglia del mistero. E qui Zaza celebra la donna come custode della vita rappresentata nell’arte di muoversi torcendosi, una caratteristica delle sue opere. Maternità e dolore nelle formelle di Zaza. La maternità non è scelta a caso – secondo Enzo Quarto – perché è un elemento base della ricerca di Zaza. La ricerca della rinascita, la forza di individuare nella maternità la possibilità di rinascere, è questo il percorso magnifico di Zaza, con le sue opere di una bellezza incomparabile che racconta la fragilità umana. La stessa rottura diventa il seme della rinascita e il bisogno di raccontare la sua ricerca e la rinascita dalla sofferenza. La maternità è un frammento della vita, il più bello, il più prezioso, il più fragile e alla maturità che Vito Zaza ha dedicato tutto il suo ultimo tempo su questa terra, inondandoci di amore e bellezza come solo una nascita a una nuova vita può rappresentare. Si muore per rinascere da una vita distrutta, complicata, amareggiata, sconfitta. Solo dalla rottura col passato, si può osservare la bellezza del frammento che guarda al futuro, il particolare che dà senso al nostro cercare affannoso e a volte inconcludente e nel dettaglio delle piccole cose che si può capire l’immensità. Vito già lo aveva capito e me lo aveva comunicato con la dolce franchezza di chi sapeva, dentro di sé, di non avere tanto più tempo in terra. Il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini ha evidenziato il graffio sulla realtà di oggi dell’opera di Vito Zaza, un artista importante fra i protagonisti del 900 che con le loro creazioni continuano a parlarci e a scuoterci con la rappresentazione di problemi così forti e drammatici. Per il vescovo mons. Cornacchia è importante il binomio dal silenzio al mistero che suscita la contemplazione. Le cose belle si dicono nel silenzio, come ha ricordato anche Papa Francesco e gli artisti sono chiamati ad andare oltre e ci indicano la ricerca dell’altro in questo mistero da cui proveniamo e a cui andiamo incontro. In conclusione, la moglie di Vito Zaza, la signora Elisabetta de Candia ha ringraziato tutti coloro che hanno voluto e contribuito con passione alla realizzazione della mostra. “Avete onorato Vito, l’artista, ma soprattutto l’uomo, che è stata una bella persona e io sono fortunata e ringrazio il Signore di avermi dato un uomo come lui”. © Riproduzione riservata

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