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Una piazza senz’anima
15 settembre 2024

La Piazza delle meraviglie, che l’assessore Piergiovanni autoesaltandosi con il sindaco Minervini, elogiava il giorno dell’inaugurazione, è in realtà una piazza senz’anima. Una piazza inutile. Certo il progetto, come di solito concepito dagli architetti, è bello, ma non tutti possono essere Renzo Piano che lega la bellezza, alla funzionalità, all’uso quotidiano, allo studio approfondito del luogo, della sua storia, del suo carattere e del modo in cui viene fruito e percepito dagli utenti. Non sappiamo se gli amministratori, nell’affidare l’incarico, avessero commissionato queste caratteristiche, oppure avessero lasciato carta bianca ai professionisti. Non sappiamo se il progetto finale sia stato corretto, modificato, immaginato per l’uso pratico, quotidiano. Una cosa è certa: la piazza oltre che a mancare di un’anima, manca anche di una visione futura. Sembra un allestimento teatrale per una rappresentazione scenica annuale, quello della Festa patronale della Madonna dei Martiri. Ma per il resto dell’anno rischia di restare un ampio spazio senza volto e senza funzionalità: non ci sono alberi (pensate i solerti progettisti hanno previsto una grande area verde, con oltre 250 querce, nell’ambito del programma “green”, ma non nella piazza, bensì alle spalle, in attesa che passino almeno una ventina d’anni per vedere crescere gli alberi). Sappiamo quanta poca cultura del verde abbia l’amministrazione comunale, contro la quale si è costituito un Comitato Difesa Verde e Territorio con migliaia di cittadini che chiedono meno cemento e più giardini (da manutenere, non da abbandonare come accade in città e col famoso parco Baden Powell dove fummo facili profeti il giorno dell’inaugurazione). Con le giornate assolate che ormai costituiscono la prevalenza del nostro territorio in virtù dello stravolgimento climatico in atto, destinato ad aumentare sempre più la temperatura ambientale, la piazza rischia la desertificazione. Se a questo aggiungiamo la mancanza di panchine indispensabili nel lungo percorso fino alla Basilica, più che una passeggiata ristoratrice, diventa una via crucis penitenziale. Se era questo l’intento dei nostri amministratori, il risultato è pienamente riuscito. Ma se era altro, il fallimento è evidente. Del resto quando un’opera pubblica non piace ai cittadini che ne devono essere i primi fruitori, ammettere l’errore è d’obbligo. Ma l’autocritica non appartiene alla cultura di questa amministrazione “ciambotto”, che fa dell’esaltazione la propria cifra politica e dell’egolatria uno stile di vita. I cittadini? Che mangino brioche. E i social, moderni termometri del consenso, si sono scatenati contro questa piazza. Chi provvederà a tutelarla dai vandali, dalle scorribande in bici o in auto? Si metterà un agente della polizia locale, ora che è armato, a vigilare anche di notte? Oppure ci si limiterà al solito inutile cartello che vieta la sosta e il transito sul grande marciapiede? Il sindaco, come al solito si appellerà al senso civico della popolazione, oppure immaginerà, come sempre, che di questa piazza si sono riappropriati (per fare cosa? ndr) gli abitanti come il salotto di casa dove stare in piedi per la mancanza di panchine e aggiunge è “un luogo fisico che si fa estensione della Chiesa, che si fa Comunità”. E’ uno strano modo quello di Minervini di immaginare la Comunità: non l’insieme di persone che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi comportamenti e interessi, ma cittadini che condividono quello che fa l’amministrazione anche se non lo sentono proprio. Ed è quello che avviene nei giardini, nei parchi vandalizzati, pieni di rifiuti e abbandonati, proprio perché non li sentono propri, non si identificano in essi, li considerano imposti dall’alto, senza il loro coinvolgimento. E’ già, il coinvolgimento dei cittadini: un verbo che non appartiene al dizionario politico di questa amministrazione, perché per chi guida la città, sono i cittadini che devono adeguarsi alla volontà di chi governa, non il contrario. Strano concetto di chi si riempie la bocca di democrazia ad ogni piè sospinto. “Qui, in questa piazza si ferma il tempo. Non è una costruzione fisica, è una costruzione di comunità. E noi questo vogliamo costruire. La voglia di stare insieme, l’orgoglio di appartenere ad una città”. Belle parole, anche se ripetute ad ogni inaugurazione di opera pubblica, come una cantilena imparata a memoria, anch’essa senz’anima, senza reale sentimento: la freddezza di parole messe insieme una dopo l’altra ad effetto scenico, ma che non toccano il cuore della gente per la loro freddezza retorica. Il progetto della piazza, potrà piacere agli “amici del mattone”, agli amanti del calcetto libero, che ora hanno uno spazio sufficiente per esibirsi, un regalo ai gestori dei ristoranti mobili che potranno sistemarsi sulla piazza riempendola di sedie e tavolini per servire hamburger, panzerotti, porchette a go go. Magari il Comune potrà dare un’altra concessione clientelare, a quattro soldi, per gestire la piazza In questa piazza si potranno certamente realizzare grandi concerti, manifestazioni finali di campagne elettorali (anche se la partecipazione della gente ai comizi è sempre più scarsa, ma con qualche gettone si può sperare di riuscire a riempirla), tornei di calcetto, pattinaggio sul ghiaccio e chi più ne ha più ne metta. Ma, per favore, non mischiamo il sacro col profano, è molto improbabile immaginare una simil piazza San Pietro (forse questa era l’intenzione di qualche politico). Oppure no. Il tempo ci dirà se avevamo ragione o se ci sbagliavamo. Per ora non c’è una realizzazione condivisa dalla maggioranza della città che si è espressa negativamente e questo è indice di spreco di soldi pubblici, che sarebbero stati più utili per altri bisogni sociali del territorio. Considerando soprattutto le priorità, che non sono una nuova piazza. Non bisogna far prevalere sempre e solo i facili entusiasmi immediati, per poi produrre più problemi che soluzioni. Come dicevamo all’inizio: manca una visione e si rischia l’effetto boomerang. Manca la sostenibilità. Manca un’anima.
© Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
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