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Un ingegnere di Molfetta, Andrea Missori, uno dei protagonisti della rivoluzione del 5G con Ericsson
14 ottobre 2020

MOLFETTA - Un ingegnere di Molfetta Andrea Missori, global key account manager per i servizi digitali Ericsson, è uno dei protagonisti della rivoluzione del 5G che trasformerà il nostro modo di telefonare, aiutando anche le persone con disabilità.
Ecco un articolo che spiega come.

 

Come il 5G trasformerà il nostro modo di telefonare

Di Dario D’Elia

Contributor

Ericsson investe nella tecnologia VoLte, che fa fare un salto in avanti ai sistemi di voice over Ip. E abilita le chiamate dai dispositivi Iot. Come fa Tim con Google Nest

La voce è nuovamente protagonista dell’innovazione del settore mobile, grazie alla tecnologia VoLte (Voice over Lte) e in prospettiva di quella VoNr (5G Voice over New radio). Si tratta sempre di veicolare le comunicazioni vocali tramite protocollo internet (Ip), ma la differenza è che nel primo caso si fa riferimento all’infrastruttura 4G mentre nel secondo alla 5G.

Sembra una banalità ma in Italia oggi buona parte delle chiamate vocali dei cellulari è gestita tramite le reti tradizionali. Il VoLTe è offerto per ora da Tim, Vodafone, ho. Mobile e Very Mobile. Il risultato è che chi dispone di uno smartphone compatibile – ormai la maggior parte dei modelli in fascia media e alta – gode di una qualità audio superiore (qui le differenze in termini di ascolto). E la possibilità di impiegare altri servizi digitali durante le sessioni di chiamata.

È questo il principale vantaggio attuale di questa tecnologia, ma le prospettive di sviluppo futuro sono ancora più affascinanti. Si pensi per esempio al nuovo servizio Tim Voce Smart con Google basato su tecnologia Ericsson, che è possibile proprio grazie al VoLte.

Telefonate con l’internet delle cose

A giugno Tim ha presentato il primo servizio in Europa che consente di effettuare telefonate direttamente dagli altoparlanti e display smart Google Nest, anche se il cellulare è spento. Gli abbonati residenziali, con un’offerta mobile prepagata attiva, possono gratuitamente abilitare alle chiamate sui dispositivi Google associando il proprio numero di smartphone.

Basta pronunciare “Ok Google, chiama…” unito al nome di un contatto in rubrica o il suo numero di telefono per chiamare un qualsiasi telefono mobile o residenziale. Il segreto è nell’ultima generazione di Ip Multimedia Subsystem (Ims) di Ericsson, una piattaforma che si innesta nel core network e che consente appunto di veicolare la voce su protocollo internet (Ip). Ovviamente su rete residenziale si fa da tempo, ma su mobile è possibile esclusivamente grazie allo standard VoLte.

La fase della convergenza

“Il termine convergenza è probabilmente abusato, ma in questo caso siamo davvero di fronte a una comunione fra mondo telco, Ip e dispositivi“, spiega a Wired Andrea Missori, global key account manager per i servizi digitali Ericsson. “Domani ipoteticamente potremo considerare un’automobile come un oggetto per gestire le chiamate a prescindere che disponga o meno di una Sim. E questo consentirà di effettuare e ricevere chiamate e gestire servizi voce (e non solo) con un’esperienza fluida, analoga a quella che abbiamo aiutato a implementare sui prodotti Google“.

IP Multimedia Subsystem

L’aspetto peculiare di questo scenario è che la piattaforma abilitante è l’Ip Multimedia Subsystem che oggi, per esempio, si occupa non solo di gestire la voce ma anche il funzionamento delle e-sim (che almeno fino a ieri pensavamo come soluzione fisica definitiva). Nella corsa tecnologica il destino sembra essere quello di passare all’etereo: abilitare dispositivi di ogni genere per comunicare, navigare e usare servizi eliminando il problema delle micro-attività gestionali lato consumer. “Un qualsiasi gadget o oggetto, che si tratti di un frigorifero, un altoparlante wireless o un’auto, domani potranno essere semplicemente legati a un unico contratto, lo stesso già impiegato per la propria utenza telefonica“, spiega Missori: “E basterà l’intervento su una applicazione software. Nulla di complicato“.

In ottica 5G, quindi con incremento di prestazioni su ogni fronte e flessibilità nell’impiego delle risorse a disposizione, vuol dire anche assicurare una qualità e una continuità del servizio vocale superiore rispetto a cui siamo abituati. “Mi piace fare l’esempio della telechirurgia a distanza. Diverse sperimentazioni nel mondo ci hanno confermato che è possibile via 5G ottenere una latenza adeguata per mettere un chirurgo nelle condizioni di operare un paziente in un luogo lontano. Al netto della robotica impiegata e della affidabilità richiesta alle reti in tale scenario, cosa succederebbe se le comunicazioni vocali con gli assistenti in loco fossero scadenti o a rischio di interruzione? Avremmo una metodologia all’avanguardia priva di una componente fondamentale: la voce, che rimane chiave in ogni attività umana di questo tipo”, sottolinea Missori.

VoLte nel mondo

L’ultima edizione del Mobility Report di Ericsson (giugno 2020) stima che entro la fine dell’anno vi saranno nel mondo circa 3 miliardi di abbonamenti con VoLte, mentre entro il 2025 sarà raggiunta quota 6,4 miliardi (di cui il 90% Lte e 5G). Complessivamente si parla di 210 reti di 100 paesi. In Europa gli abbonati raggiungeranno le 417 milioni di unità entro la fine del 2020 e fra cinque anni ben 913 milioni. Per di più già oggi vi sono più di 2.650 tipologie di prodotti compatibili, sebbene l’85% sia ancora rappresentato da smartphone. “In Italia si stimano diversi milioni di clienti VoLte quindi con servizi e dispositivi abilitati”, aggiunge Missori: “Per ora è offerto da pochi operatori, ma in futuro saranno di più“.

Abbonamenti VoLTE nel mondo

“Un tema centrale è legato all’efficienza, perché la diffusione del servizio VoLte è uno dei fattori abilitanti per lo spegnimento della rete 3G. La partita futura sarà tutta giocata su 4G e 5G, quindi non si potrà fare a meno di VoLte e VoNr. Per l’ambito aziendale vorrà dire poter disporre di canali di comunicazione vocali più sicuri, stabili e potenzialità di integrazione con altri servizi. Il mondo delle imprese ha esigenze molto diverse da quello consumer, si pensi anche solo allo scambio di documenti contestuale, regole intelligenti per la gestione di chiamata su differenti dispositivi, multi-utenze”, aggiunge l’esperto.

 Core network

Gli attriti fra gli Stati Uniti e Cina hanno fatto emergere un complicato dibattito sulla sicurezza delle reti, incluso il cosiddetto core network. In linea di massima può essere definito come un elemento chiave per una rete mobile e prossimo alle altre infrastrutture più sensibili di un operatore. Missori spiega che l’Ip Multimedia Subsystem fa parte del core network e fondamentalmente coopera con il dominio del database dell’operatore (dove ci sono tutti i profili delle utenze e non solo) e il packet core che si occupa di segnalare e intrastradare i dati sulla rete. Un po’ come avere tre unità principali che fanno funzionare i servizi sull’infrastruttura fisica.

“Se si manifesta un problema nel packet core o nell’Ip Multimedia Subsystem magari non arriva una chiamata a destinazione oppure non funziona internet, ma se succede qualcosa nella rete database dell’operatore sono guai seri. Quindi è evidente come tutto debba funzionare a dovere e in caso di emergenza non debbano esservi implicazioni per il cuore più delicato del network“, spiega Missori: “Dopodiché questo non vuol dire che il core network sia un monolite. I software di fornitori diversi possono convivere. Quando la partnership è consolidata, come con Tim, è più semplice gestire implementazioni, aggiornamenti e sviluppi. Non è un caso che siamo riusciti a portare a compimento il Voce Smart: c’è stato bisogno di grande impegno sia da parte di Tim che di Google. E il nostro ovviamente”.

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