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Umiltà e coraggio, l’eredità di Francesca Carabellese Le “magie” del violino di spalla nel ricordo dell’Orchestra Filarmonica Pugliese
15 aprile 2024

Come descrivere Francesca. In una parola, una Dea. Francesca era una che faceva magie, ma le faceva sul serio e noi le dicevamo che era un po’ maga. Diceva qualcosa e, poi, puntualmente quel qualcosa si avverava. Adesso cosa possiamo aspettarci da una che già in vita faceva magie? Un miracolo. Francesca Carabellese è stata una musicista molto dotata. Una violinista che, con garbo, grazia, bravura, ha portato musica e poesia in qualsiasi posto dove è stata, dalla scuola ai teatri, alle piazze, alle chiese, e in ogni persona che l’ha incrociata, dai suoi studenti ai musicisti con cui ha suonato, alle persone che hanno avuto il privilegio e la fortuna di incontrarla sul proprio cammino, come me. Toccava le persone con la sua musica e con la sua essenza. Per dieci anni, siamo stati fortunatissimi a poterla avere come nostro violino di spalla. Autorevole, rispettata da tutta l’orchestra, è stata una guida e ha saputo tenere unito tutto il gruppo. Se non lo sapessi, penserei che l’espressione ‘spalla dell’orchestra’ attribuita al primo violino, sia stata coniata per lei. Ma non era solo il suo immenso talento. La sua umiltà e il suo coraggio sono l’eredità che lascia alla sua orchestra. Un’orchestra che oggi suona col cuore a pezzi. Il viaggio in pullman verso Salisburgo di soli quattro mesi fa, con le tappe nei teatri di Sulmona e Cortona, decisamente era fuori dalla portata per lei. Non se lo poteva permettere, era stato assolutamente sconsigliato. Il suo fisico, così grandemente provato, non ce la poteva fare. Ma Francesca è come quel calabrone che non sa che la sua struttura alare non è fatta per volare e vola lo stesso. O, forse, lo sapeva, lucida com’era. Ma col fiato della gentilezza, col modo elegante che aveva lei di dire e fare le cose, ha scacciato i pensieri negativi, le parole, le cartelle cliniche. Avrà pensato allegramente, con la spensieratezza che si imponeva – e anche un po’ di sana sfacciataggine – ’aspettatemi qua, vi rispondo quando torno’. Leggera come una farfalla, in condizioni debolissime, ha affrontato tutto il tour. E ha volato con noi, fortuna che l’ha fatto! Racconto questo perché se voi l’aveste vista con quale stoicismo ha affrontato tutto quanto. E con quale discrezione ha voluto fare tutto da sola, senza dare fastidio, che era un po’ quello che faceva sempre nella vita. E se poi l’aveste vista con quale orgoglio, con che sorriso dolce e meraviglioso, quello che aveva lei, si è alzata in piedi davanti a tutta la sala. Era così orgogliosa di avercela fatta e di stare lì. Ho rivisto quelle foto e quel sorriso e mi è scoppiato il cuore, non so se di gioia o tristezza. Se mi chiedessero l’ultima volta che siamo stati felici? Direi lì. Nella ‘Sala Grande’ del Mozarteum, dove ora rimane un pezzo del nostro cuore. Penso a quel sorriso così fiero ma sempre buono. Lei, così piccola, in una sala così grande. E lei l’ha illuminata tutta. Di quel giorno, posso dire che non l’ho capito subito, ma ora sì: che la paura e il coraggio sono la stessa cosa, come la fragilità e la grandezza. La morte e la vita. La sua paura di non farcela, di non essere in grado, di non essere all’altezza (maledizione, ce l’aveva sempre! E, invece, lo è sempre stata, è sempre stata all’altezza di tutto e, semmai, siamo stati noi altri a non esserlo di lei) si è disintegrata. E’ scesa a patti con la sua forza e le ha ceduto il passo. Francesca, coraggiosissima, c’è stata. Piccolissima e grande. Quel coraggio è l’esempio per noi, adesso. Lo portiamo con noi, lo chiameremo a raccolta tutte le volte, d’ora in avanti, che dovremo affrontare le cose senza la sua saggezza. Dovremo imparare da soli a spostare delicatamente, come faceva lei, tutto ciò che c’è di negativo. Con gentilezza. Ecco. Lei era gentile, in tutti i significati che può avere questa paro-la. Era una persona buona e nobile. Ha cercato di fare del bene, molte volte ci è riuscita, specie con i suoi allievi. Riusciva in tutto quello che faceva, dal correre le maratone a cucinare il pane fatto in casa. A suonare in maniera sublime. Con me, è sempre stata immeritatamente e innecessariamente buona. E’ stato bello averla con noi. Adesso come la immagino? In uno dei suoi ultimi messaggi dall’ospedale mi ha scritto ‘più tardi, scendo a prendere il sole, abbraccio una betulla, ascolto Bach’. Non ci ha mai fatto credere che fosse la fine. Diceva, invece, “arrivo, aspettatemi”. La immagino proprio così, a fare le cose semplici che amava. Prendere il sole, andare a correre sul mare, sfornare qualcosa di fragrante, imbracciare il suo violino e suonare, ovviamente. Indossare uno dei suoi meravigliosi vestiti, pieni di lustrini e paillettes, e salire sul palco sorridente, nonostante tutto. Per quanto splendenti, non sono mai stati i suoi abiti a portare luce, ma lei. Forse me la immagino anche un po’ a sorridere di noi perché lei era estremamente spiritosa, anche pungente ai limiti della spigolosità, a volte. Era vera, libera, intelligente. Tanto intelligente da lasciar correre la maggior parte delle cose, quelle per cui noi ci arrovellavamo. Francesca è sempre stata una che meritava di più, eppure era felice di tutto quello che aveva e assaporava ogni vittoria, anche la più piccola, come fosse la più grande. Non ha mai pensato di non venire a un concerto solo perché si trattava di un evento minore o si svolgeva in un luogo misero e ‘sgarrupato’. Non ha mai fatto niente ‘tanto per farlo’. Lei faceva le cose ‘per bene’, sempre con passione. Era una che non si risparmiava e accettava tutte le cose nel modo migliore, compresa la malattia che l’ha estenuata e, ultimamente, le ha concesso ben pochi momenti di pace. Indossava sempre il suo vestito più bello. E’ stata sempre fiera di tutti i risultati raggiunti costati tanto lavoro, spesso anche dolore e sofferenza. A noi restano i suoi insegnamenti, la sua eredità della cui cercheremo di essere adeguati. E, poi, non ci resta che aspettare quell’appuntamento che ha lasciato in sospeso. “Non vado da nessuna parte senza di voi”. Lo ha detto solo qualche mese fa. E, infatti, noi la porteremo in ogni concerto, in ogni teatro, in ogni trasferta. Lo so, noi la ritroveremo.

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