Torre Calderina disastro ambientale
Giunta l’ennesima lettera di protesta e denuncia alla redazione di Quindici, questa volta fi rmata dall’Unita Locale Operativa Provinciale di Bari Marevivo. Ancora una volta il giornale decide di inviare sul posto uno dei suoi, a guardare, per l’ennesima volta. Sulla strada famiglie che scelgono di passeggiare sul luogo semplicemente perché le alternative scarseggiano. Ma la situazione è sempre più tragica e la cittadinanza non nasconde il suo sdegno. Eppure, ad interrompere la linea dell’orizzonte c’è la storica Torre Calderina; fi n lì la sinuosa linea di confi ne, tra terra e mare, che riserva al visitatore cale e gentili penisole mentre più dietro c’è il sentiero asfaltato, stretto, ed incorniciato su entrambi i lati da erba di campo e muretti a secco. Il sole del mezzogiorno illumina come luce cinematografi ca una vista bella come una diva ma che, mettendo a fuoco, si scopre violentata da decenni di regia mutevole ma visibilmente incapace di porre rimedio a quanto si staglia innanzi. Mentre le strada frana lentamente verso la battigia, che dovrebbe essere valorizzata essendo vero e proprio patrimonio per una città adriatica, quello che rimane della carreggiata viene inghiottito dalle recinzioni a secco, anch’esse teoricamente ricchezza di una città mediterranea. Ma i muretti, non manutenuti, stanno inesorabilmente crollando, inghiottendo i rifi uti sparpagliati sulla camminata. Il paesaggio che si mostra racconta che quelle che potrebbero essere fonti di turismo, ricchezza e vanto per la nostra società si stanno ripiegando su se stesse, scivolando in un mare che riserva, per la terraferma, ormai, solo schiuma tossica, per la più elementare legge del contrappasso. Non è azzardato parlare di disastro ambientale per il tratto di costa che dal cantiere del porto giunge sino alla torre. Il disastro, per defi nizione, è tale se ad essere interessata è un’ampia zona ad interesse naturalistico e dai fatti specie viventi, animali, uomini e/o vegetali ne traggono svantaggi. A livello di dimensioni dell’area, più di un chilometro di costa, le richieste sono senz’altro soddisfatte e per quanto riguarda i disagi essi sono enormi. L’acqua maleodorante, artifi cialmente spumosa, bagna la linea costiera incredibilmente erosa, mai protetta, né ripulita dalle alghe in putrefazione. Il classico odore di mare è altresì coperto da acqua maleodorante che scorre in un piccolo torrente, a cento metri dalla torre, ormai da decenni e che la popolazione ha ormai accettato. “Sono anni che la situazione è questa – commenta un uomo, che con suo fi - glio e sua moglie è intento in una ‘passeggiata’ – e tutti sanno”. Grandi elettrodomestici e quintali di plastica, ed ancora, materiali ferrosi e lapidei. Lo stato d’abbandono è totale dato che a Cala S. Giacomo quelle che un tempo erano due zone verdi stanno scomparendo in un blob di cemento, asfalto e sterpaglie mentre i ladri, lentamente, portano via i muretti che un tempo recintavano le due aree. Tutti sanno, opinione pubblica e politici, di tutti i ranghi e di tutte le razze, ma nessuno ha mosso un dito per sottrarre questa diva dalle mani di chi da decenni la violenta. Si rimarrà indiff erenti a questo articolo, al grido d’aiuto di chi presto non avrà più nulla da off rire.
Autore: Sergio Spezzacatena