Tommaso Minervini: una nuova stagione per il centrosinistra della cultura progressista
In occasione del primo incontro pubblico, per le prossime amministrative organizzato da PD&SEL alla sede dell’Unione in Corso Umberto, subito dopo le elezioni politiche, Quindici ha intervistato Tommaso Minervini, tra i candidati al Senato di SEL, che con un linguaggio fin troppo politichese, a volte criptico, sembra non solo ribadire la necessità di ricreare l’essenza politica del popolo progressista locale, ma anche rivendicare per il duo politico PD&SEL la primogenitura del cambiamento a Molfetta (glissando sugli aspetti sociali del cambiamento e sul candidato sindaco nominato dai due partiti del centrosinistra molfettese). Sebbene, per certi versi, mal si comprende l’essenza di questo cambiamento in termini fattuali, riportiamo l’intervista sicuri che i lettori, futuri elettori, siano in grado cogliere i tratti salienti del paventato mutamento partitocratico della sinistra. Queste politiche hanno segnato la risalita del centrosinistra a Molfetta e una flessione del consenso per il centrodestra. Sarà un trend elettorale che pensa si ripercuoterà anche sulle prossime elezioni amministrative? Come pensate di cavalcarlo? «Queste elezioni hanno semplicemente confermato che esistono due pilastri fondamentali della politica locale: da un lato quello progressista, aperto al cambiamento e al collettivo alla città, dall’altro quello conservatore della destra, chiuso negli apparati. Intorno a questi due pilastri si costruirà la nuova fase e la nuova stagione amministrativa a Molfetta, che non è soltanto amministrativa ma è anche storica politica culturale generazionale. Dobbiamo vedere la situazione con un occhio nuovo questa è una fase nuova che comincia». Sarà possibile scavalcare gli avversari politici a Molfetta, in primis il centrodestra che ha presentato alla città il suo candidato già a gennaio? «Noi viviamo questa fase come una fase di rilancio di una stagione nuova del centrosinistra molfettese della cultura progressista. A noi interessa solo questa sfida. Non la vediamo in termini di competizione con un nemico o con un avversario, ma come la necessità di ricostruire un tessuto collettivo politico del centrosinistra e un tessuto connettivo del centrosinistra». Tenuto conto, quindi, che lo scenario politico è cambiato, perché la “vecchia politica” è stata incapace di dare risposte concrete agli elettori, in che modo state attuando il cambiamento al vostro interno? E sopratutto se lo state attuando? «Il cambiamento lo stiamo attuando mettendo due partiti importanti insieme, negli ultimi tempi non sempre uniti, fondandoli in un comitato e un collettivo comune. Questo è un fatto importante, le decisioni non sono più assunte dalle assemblee di partito, ma nei collettivi nella gente. Tra l’altro, abbiamo indicato una nuova generazione a rappresentare una fase nuova. Se mettessimo insieme questi elementi, saremmo già estremamente innovativi». Come si inserisce SEL in questo cambiamento e che ruolo ha all’interno dell’unione? «SEL ha il ruolo di diluirsi nel collettivo, rappresenta i valori, tiene testa alle problematiche della sinistra valoriale culturale moderna che si pone il problema del governo. SEL rafforza la sua identità nella sinistra costituendo una nuova identità, ora che tutto il mondo, tutto il Paese chiede il cambiamento e noi abbiamo solo capito tutto questo e anticipato di poco i tempi». Quindi in questo scenario la candidatura dell’avv. Bepi Maralfa con il suo movimento indipendente quanto pensa che possa influire sull’elettorato molfettese, oramai palesemente mutato rispetto alle ultime elezioni amministrative? «Innanzitutto, noi rifiutiamo lo schema di una partita fra apparati. Anzi, ci interessa relativamente cosa vorrà fare il candidato Maralfa, gli facciamo i nostri migliori auguri. È un pezzo importante della società civile, ma noi stiamo chiamando il popolo progressista a un cambiamento di fase e, quindi, a un collegamento collettivo e non più individuale. Non è più la singola persona che si presenta, ma è un popolo che deve cambiare. È una mentalità culturale nuova e una sfida nuova. Ecco perché questo tipo di impostazione tra avversari è un’impostazione da vecchia politica, come se nulla stesse cambiando». Stesso discorso, quindi, per ciò che riguarda il Movimento 5 Stelle. «Esattamente».