Subsahariani al Centro di Accoglienza: chiesto l'asilo politico ma il Comune nicchia
Si aspettavano i libici, invece sono arrivati i subsahariani. Sono a Molfetta già da una quindicina di giorni, ospiti del Centro di Accoglienza «Don Tonino Bello», che nei mesi scorsi ha già accolto i profughi tunisini, ora rimasti in 5, integrati con i nuovi arrivati, nonostante le difficoltà linguistiche e le differenze etniche. Non bisogna dimenticare che il Centro di Accoglienza continua la sua opera di servizio, incessante e silenziosa, per il povero: i volontari della Caritas, oltre al pasto serale per i poveri della comunità cittadina, preparano colazione, pranzo e cena per i profughi. Insomma, un’opera di carità umana in costante erogazione. Ma questo non basta. Ancora sorda la comunità molfettese e diocesana, nonostante gli appelli di aiuto rivolti dai volontari, un aiuto che nemmeno il Comune di Molfetta sa concretizzare in modo efficace, soprattutto per gli indigenti della comunità, limitandosi a mettere a disposizione un budget economico per la copertura delle spese nell’accoglienza dei profughi. Davvero troppo poco. Guinea (1), Mali (5), Ghana (1) e Costa D’Avorio (3) sono i Paesi di provenienza di questi ragazzi dai 19 ai 29 anni, per lo più impiegati nel loro paese presso Auchan oppure operai e piccoli commercianti. Impauriti, turbati e con poca voglia di parlare, di raccontarci il dolore che hanno vissuto e che stanno vivendo in questo momento. Sbarcati a Lampedusa nelle scorse settimane, hanno sostato nella tendopoli di Manduria (identificazione eseguita a Molfetta dalla Protezione Civile). Tutti richiedenti asilo politico, si fermeranno a Molfetta per 3-4 mesi (ma i tempi potrebbero allungarsi), in attesa di essere interrogati dalla Commissione Territoriale di Bari che dovrà stabilire se concedere il permesso di soggiorno per richiesta di asilo politico. Se la Commissione dovesse apporre un rifiuto, il richiedente potrebbe anche ricorrere al Tribunale, di contro sarà trasferito al C.a.r.a. di Bari (Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo) e inserito nel Sistema di protezione italiano per richiedenti asilo e rifugiati (S.p.r.a.r.). Con lo S.p.r.a.r., sarà possibile, per i Comuni interessati, accedere nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. I Comuni dovranno garantire interventi di accoglienza integrata, non solo vitto e alloggio, ma anche misure di orientamento legale e sociale e inserimento socio-economico. Intanto, i tunisini rimasti al Centro, tentano di trovare un lavoro a Molfetta, nonostante le possibilità siano davvero risicate. In molti casi, si tratta di pochi giorni o prove senza buon esito: per restare in Italia è necessario che il contratto di lavoro sia a tempo indeterminato, vera e propria utopia per gli stessi italiani. Lavoro a nero, il pericolo. Acquisto a nero del permesso di soggiorno, l’unica possibilità per restare in Italia: se questo dovesse accadere, sarebbe una profonda sconfitta per l’accoglienza che ha sempre caratterizzato la città di Molfetta.
Autore: Leonardo de Sanctis