Storie di donne borghesi nella Molfetta dell'800
Un libro di Cecchini e Gambardella
C’è qualcosa di puro e di antico nel recente passato della nostra città. Ed è tutto nel libro “Storie di donne - aspetti della vita femminile a Molfetta tra `800 e inizi `900” scritto da Alba Cecchini e Paola A.M. Gambardella (Nuovo Centrostampa 2012). Vibrazioni di un passato antico ma, a guardar bene, contemporaneo. Elisabetta Cozzoli, Angelina Cappelluti, Rosaria Scardigno: tre donne molfettesi che hanno scritto parte della vita della città. Donne dell’alta borghesia molfettese dell’800, p r o t a g o n i - ste di vicende trascritte negli atti notarili studiati dalle Autrici, con autentica passione. La stessa che scorre nelle storie di vita di queste donne, che ci riportano in una Molfetta pura, antica, quella delle cartoline da collezione con una Villa Comunale imberbe e gli edifici che appaiono giganteschi su strade con pochi o nessun passante. Immagini e persone da un passato che è ancora in gran parte sotto i nostri occhi, ma così diverso e forse irriconoscibile. Ma quella purezza di certo non c’è più, forse cancellata dalle stesse ruspe che hanno divorato la bellezza del Palazzo Cappelluti, voluto proprio da Angelina Cappelluti, considerato un esempio illustre di architettura neoclassica e ridotto a rudere da abbattere per far posto all’attuale edificio, che ne conserva tristemente il nome. E poi la scuola, la campagna, la vita in una città rurale e attiva, sensibile all’educazione dei giovani, che si preoccupava di fornire agli scolari indigenti gli strumenti per studiare. O che presagiva, in una pruderie tutta ottocentesca, le più grandi infamie per le scolare, se si non si fossero tenute a distanza le scuole maschili da quelle femminili, gestite dalle suore. O la battaglia di un direttore illuminato come Saverio de Candia, che coraggiosamente si rifiutava di fare retrocedere le maestre alle classi inferiori, perché ritenute inadatte all’insegnamento dei ragazzi più grandi, oltre all’essere retribuite meno dei maestri. C’è un che di antico e di puro, di nobile e ingenuo nelle azioni di queste donne dell’800 molfettese. Sferzante e assolutamente moderna, invece, la voce di Rosaria Scardigno, che va oltre gli studi linguistici che l’hanno resa nota. È sua, infatti, “La Voce delle donne”, il quindicinale da lei fondato e diretto, di cui nel libro è riprodotto un commovente frontespizio. Vi si legge, sotto il titolo “Le vinte”, la storia di Ida Menotti, vittima di un uomo violento, che se non fosse morta sarebbe stata uccisa ugualmente dalla condanna morale della società. Questo si legge, sul frontespizio de “La voce delle donne”, del 15 aprile 1904. C’è da chiedersi se due secoli siano passati davvero per tutti, anche quando la Scardigno altrove dice che “nella nuova epoca, in cui la conoscenza è universale, come la sete del sapere, alla donna che vuole apprendere invano si opporranno dei pretesti per arrestarle il cammino”. Un passato da disvelare necessariamente, alle donne e agli uomini molfettesi, per ritrovare le radici del futuro e magari anche un po’ di orgoglio.