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Sparatoria notturna al Bahia Beach uccisa una ragazza di 19 anni Reo confesso l’omicida La magistratura: aggravante mafiosa ALLARME SICUREZZA. Feriti quattro giovani. Regolamento di conti tra bande rivali baresi
15 ottobre 2024

Cresce l’allarme sicurezza a Molfetta, con presunti risvolti mafiosi, come ritiene la magistratura. Non si sono spenti i riflettori sul lido Bahia Beach, che di sera si trasforma in discoteca, dove, la notte di sabato 21 settembre, è stata uccisa una ragazza di 19 anni, Antonella Lopez, da un proiettile indirizzato al suo accompagnatore Eugenio Palermiti, esponente di un clan mafioso del quartiere Japigia di Bari e nipote del boss omonimo. L’omicida, individuato dai carabinieri, grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza, perché dagli interrogatori omertosi non è emerso nulla è un giovane barese di 21 anni Michele Lavopa. L’omicida è stato catturato dai carabinieri nella sua casa del quartiere San Paolo e dopo l’interrogatorio e ha confessato. Secondo la sua versione, si sarebbe recato in discoteca con la fidanzata e alcuni amici «senza alcuna intenzione belligerante», ma di aver portato con sé una pistola «per difendersi da eventuali aggressioni, come spesso accade nei locali notturni baresi». Nel corso della serata ci sarebbe poi stata una lite con il gruppo di Palermiti (con tanto di offese e minacce) e, secondo Lavopa, il Palermiti avrebbe a un certo punto tentato di estrarre una pistola, “scatenando la sua reazione di fuoco”, sparando almeno sei colpi con una pistola calibro 7,65. Dopo gli spari, Lavopa sarebbe fuggito a piedi dal locale e sarebbe tornato a casa in macchina con due amici, ora indagati per favoreggiamento perché avrebbero nascosto l’arma del delitto. Oltre che di omicidio, Lavopa deve rispondere del tentato omicidio nei confronti di altre quattro persone ferite in modo non grave tra le quali il fidanzato della vittima, Eugenio Palermiti. Lavopa soprannominato «Tupac», come il rapper statunitense ammazzato a Las Vegas nel 1996, avrebbe raccontato di aver notato la presenza nel locale notturno del gruppo. Erano vicini al posto in cui si trovava lui e la sua comitiva. Per questo, avendo già avuto precedenti tensioni, per non essere infastiditi, lui e i suoi amici avrebbero deciso di spostarsi in un’altra area del locale. Ma durante questo spostamento, sempre secondo le sue dichiarazioni, il suo gruppo avrebbe subito offese e minacce dalla comitiva di Palermiti. Quest’ultimo, secondo Lavopa, nel corso della lite, avrebbe tentato di estrarre un’arma e perciò lui avrebbe reagito sparando con la sua pistola. La vittima innocente, Antonella, che è la nipote di Ivan Lopez ucciso in un agguato nel 2021, ha avuto la sfortuna di trovarsi nella traiettoria dei proiettili. Lavopa nell’interrogatorio ha aggiunto di essere «pentito» per quanto fatto e «dispiaciuto» per la morte della ragazza. A riferirlo, nelle due ore di interrogatorio dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Francesco Vittorio Rinaldi, che ha convalidato il fermo e riconosciuto l’aggravante mafiosa, come chiesto dall’Antimafia, è stato proprio il 21enne del San Paolo. La ruggine fra Palermiti e Lavopa risalirebbe, secondo l’omicida, a ben sette anni fa per una provocazione subita. Lavopa, per questioni legate a relazioni sentimentali, sarebbe stato vittima di un pestaggio avvenuto al Fortino, a Bari, da parte del gruppo di Palermiti che fu filmato e fatto circolare in chat, con l’intento di umiliarlo. Sette anni dopo, Lavopa non ha dimenticato l’offesa e avrebbe reagito con la sparatoria al Bahia. La giovane Lopez, quindi è una “vittima innocente” come hanno precisato il procuratore aggiunto Francesco Giannella e il sostituto della Dda che coordina le indagini dei carabinieri Federico Perrone Capano. «All’indomani di questa tragedia ci sono tante cose su cui riflettere, a partire dalla facilità con cui si introducono armi in questi locali e quindi sulla necessità di capire creare le condizioni di una maggiore sicurezza, ma su questo serve la collaborazione dei gestori dei locali» ha affermato Giannella in una conferenza stampa. «Poi c’è da farsi domande – ha aggiunto – sulle ragioni per le quali i giovani usano questi territori per affermare la propria caratura criminale». «Monitoriamo episodi di questo tipo da almeno due anni – ha precisato il Pm Perrone Capano – e l’aspetto inquietante è che i giovani rampolli delle casate criminali hanno individuato le discoteche per dimostrazioni di forza». Il sostituto procuratore dell’Antimafia, Federico Perrone Capano, ha spiegato che «ci sono i giovani rampolli di queste casate criminali che ormai hanno individuato la discoteca come luogo in cui passare la serata e, in qualche modo, dare manifestazioni di forza se vogliamo. Perché tutti i soggetti coinvolti in questi episodi, che stiamo cercando di mappare – ha detto – sono le ultime generazioni di famiglie note». E ha concluso con una nota amara: «La cosa che ha un po’ inquietato è che abbiamo ascoltato sostanzialmente dei bambini, tutti quasi gli attori della vicenda sono poco più che 20enni». «Il fil rouge che lega tutti questi episodi – ha messo in evidenza Giannella – è sempre lo stesso: la manifestazione spudorata e aperta di violenza, di prevaricazione, di prepotenza e pure di bullismo se vogliamo dire, ma il bullismo è una espressione veramente molto limitativa, che serve ad affermarsi e a dimostrare a tutti chi sono, e che pasta sono fatto». Giannella ha raccontato come l’omicidio Lopez, sia solo uno degli episodi «che si ripetono da molto tempo, non necessariamente con gli stessi protagonisti in locali i cui gestori sono incapaci di garantire la sicurezza al loro interno. Certo una riflessione, ha concluso Giannella, va fatta anche sulla disponibilità di armi, su come vengono introdotte all’interno dei locali e sulla poca sicurezza». Anche l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, ha scritto una lunga lettera per commentare a mente lucida l’efferato omicidio di Antonella Lopez: «Non possiamo chiudere gli occhi e delegare solo alle forze dell’ordine, alla magistratura, un impegno che argini il dilagare della loro azione. Anche noi, come singoli e comunità civile, ecclesiale, siamo chiamati a operare scelte di vita che sappiano esprimere, con autorevolezza, il no alla compiacenza, a forme di compromesso, e a ribadire un forte impegno educativo delle istituzioni, di tutti, che possa nutrire le nuove generazioni in ordine a una cultura più comunitaria, meno individualista e autoreferenziale». © Riproduzione riservata

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