Sinistra Italiana, Molfetta con l'amministrazione Natalicchio all'avanguardia per le politiche antiviolenza alle donne
MOLFETTA - Dopo l’omicidio di Sara di Pietrantonio, la giovane donna uccisa e data alle fiamme lo scorso 29 maggio dal suo ex fidanzato, si sono susseguiti altri tre femminicidi nel giro di quattro giorni. Manuela Baldo, 29 anni, di Spilinbergo; Federica de Luca, 29 anni, di Taranto; Alessandra Maffezzoli, 46 anni, di Verona. Il numero sale a 58 femminicidi dall’inizio del 2016.
«Il femminicidio non è una questione che riguarda la vita privata ma si impone come un tema di natura squisitamente politica – dice il gruppo di Sinistra Italiana di Molfetta -. Sono la punta di un iceberg, quella più drammatica e tremenda, di una cultura che marginalizza e assoggetta le donne, che reifica i loro corpi e li depriva dell’umanità e della sensibilità di cui dispongono, per farne merce a uso e consumo di tutti. I femminicidi sono questioni prevalentemente maschili, non riguardano le donne, ma la diffusa incapacità dei maschi di dialogare e ad affrontare frustrazione, rifiuto e dolore. I femminicidi sono “storie di povertà”, emotiva, psicologica, relazionale e culturale, di cui una società che cresce, e che ambisce a diventare ricca e in buona salute, deve farsi carico. I femminicidi riguardano tutti.
Nel 2012 ci sono stati 157 femminicidi; 179 nel 2013; 136 nel 2014; 128 nel 2015. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, pubblicato nel giugno 2015, la violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila sono le donne che hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, pari al 31,5% della popolazione femminile tra i 16 e i 70 anni; il 20,2% ha subìto una qualche forma di violenza fisica; il 21% di violenza sessuale; il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri. Le donne maggiormente colpite da episodi di violenze fisiche o sessuali sono quelle separate o divorziate: 51,4% contro 31,5%. 3 milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, pari al 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l'ha subìto dall'ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall'ex partner. La violenza, dunque, si esercita su più livelli, da quello fisico a quello psicologico.
“Ho perso il lume della ragione per un attimo. E’ come un interruttore accesso che si è staccato per pochi minuti” dichiara Jean Luc Falchetto, il barista di 53 anni che a Caprino Veronese ha spaccato la testa alla sua convivente. “Era un brav’uomo e di certo sarà già in paradiso” dichiara il parroco nell’omelia durante i funerali dell’uomo che a Taranto ha ucciso la moglie e il figlio prima di suicidarsi, mentre parenti e amici applaudivano il feretro dell’assassino. Allora, contro cosa lottiamo?
In Italia, rispetto ad altri paesi europei, le donne occupano ancora posti marginali – qualitativamente e quantitativamente – rispetto al genere maschile. Sono il perno attorno al quale si regge il nostro welfare, con effetti negativi devastanti: alti livelli di disoccupazione femminili, bassissimi tassi di natalità anche nel mezzogiorno ormai, rinuncia delle donne al protagonismo in ambito lavorativo anche per l’assenza di servizi di conciliazione pubblico/privato. Insomma siamo un paese che non investe sulle donne, che non promuove il loro ruolo attivo nella società e che sconta disposizioni e caratteri culturali che legittimano ancora, a pieno titolo, il ruolo secondario delle donne rispetto all’uomo nella società e nella famiglia.
La violenza è stata sino a qualche decennio fa legittimata come “pratica d’amore”, come un evento episodico e fortuito in cui una “normale” relazione di coppia poteva incappare, raccogliendo il silenzio delle istituzioni e delle “patrie potestà” genitoriali. Quale e quanto sottosviluppo culturale ci siamo portati dietro sino ad adesso? Non è dunque un caso che l’Italia nel giugno scorso abbia ricevuto un richiamo ufficiale dall’ONU per non aver fatto abbastanza per ridurre la violenza di genere.
E’ arrivato il momento di dire basta, di cominciare a promuovere campagne e discussioni pubbliche sul rispetto delle donne in quanto “soggettività altre”, sull’educazione all’alterità femminile come forma emblematica di “diverso da sé”. Promuovere il tema della “cura dell’altrA” - a ogni livello di educazione, formale e non formale, pubblico e privato – come questione politica, capace di avere effetti positivi in ogni sfera dell’agire e del vivere sociale.
E’ necessario agire nell’immediato, in primo luogo investendo in strutture e servizi che permettono alle donne di non restare sole quando decidono di denunciare. Ancora più importante è la battaglia di civiltà che bisogna intraprendere, a ogni livello del sistema sociale – scuole, famiglie, istituzioni varie – per rendere problematica una relazione, quella tra amore e violenza, i cui nodi è importante sciogliere pubblicamente e collettivamente. Nel frattempo è importante agire anche sul terreno della deterrenza di tali reati.
"Nei tre anni di amministrazione Natalicchio sono stati attivati processi significativi in questa direzione. E’ attivo lo sportello di ascolto gestito dall’Associazione Pandora nel locale comunale in via Preti, presso palazzo Turtur e viene finanziata la ristrutturazione del Centro Antiviolenza “Annamaria Bufi” in piazza Rosa Luxemburg" (foto).
E’ indispensabile che la politica, le politiche e le istituzioni educhino e si educhino sugli effettivi vantaggi di un mondo e di una società in cui le donne sono soggetti liberi, in cui “amare” non può e non deve più fare paura e in cui, invece di applaudire e compiangere un assassino, ci si concentra collettivamente sulla prevenzione di morti così “apparentemente” inspiegabili».