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Sindaco e Parlamentare incostituzionale: la Consulta fa chiarezza. Azzollini sindaco “abusivo” per 10 anni
15 giugno 2013

O Sindaco o Parlamentare nazionale. Quello che a prima vista sembrerebbe un civile principio morale ed etico della nostra Repubblica parlamentare, paradossalmente non trovava spazio nel nostro ordinamento, almeno fino a pochi giorni fa. E molti parlamentari non hanno sentito il dovere etico di scegliere l’una o l’altra carica per poter svolgere correttamente uno dei due incarichi. A Molfetta abbiamo assistito all’arroganza e alla sete di potere e di accaparramento di poltrone del sen. Antonio Azzollini che ha ricoperto e svolto male le due funzioni, soprattutto quella di sindaco, abbandonando la città a se stessa per 10 anni e facendo il sindaco del week-end (e la città oggi lo ha punito, bocciando sonoramente il suo candidato sindaco Ninnì Camporeale, vittima sacrificale e forse incolpevole degli errori dell’ex sindaco). Al suo comportamento eticamente scorretto e riprovevole, ciò si è aggiunto, sempre nella sete di potere e di poltrone, quella di presidente della commissione Bilancio del Senato, che ha aggravato la situazione. Altro esempio di correttezza etica ebbe un suo predecessore al Senato, Enzo de Cosmo, che rinunciò alla carica di sindaco quando fu eletto parlamentare. La sentenza di cui parliamo, la n. 120/2013 della Corte Costituzionale, è del 5 giugno scorso e ha sancito che la carica di parlamentare non è compatibile con quella di sindaco di un centro con più di 20mila abitanti, dichiarando così illegittimo l’art. 63 del Testo unico degli Enti Locali nella parte in cui non prevede tale incompatibilità. In pratica, come Quindici ha più volte sostenuto, Antonio Azzollini ha ricoperto “abusivamente” la carica di sindaco di Molfetta per ben 10 anni. La Consulta, chiamata in causa dal Tribunale di Napoli in un procedimento inerente un’azione popolare promossa da alcuni contro il sindaco di Afragola volta ad accertarne l’incompatibilità “per contemporanea assunzione all’esito delle rispettive elezioni tenutesi entrambe nel mese di aprile del 2008” tra tale carica e quella di senatore della Repubblica italiana, non ha avuto alcun dubbio. E come avrebbe potuto averne, in effetti. Sarebbe stato irragionevole e illogico legittimare una chiara e palese contraddizione di fatto nel sistema. L’ordinamento prevede infatti che l’accettazione della candidatura a parlamentare comporti la decadenza della carica di sindaco di un comune con popolazione superiore a 20mila abitanti, ma non il contrario. L’articolo 63 del Dlgs 267/2000 (T.U. Enti Locali) non contiene alcuna previsione che sancisca l’ineleggibilità del parlamentare a sindaco e l’incompatibilità tra le due cariche. “La sussistenza di un’identica situazione di incompatibilità derivante dal cumulo tra la carica di parlamentare nazionale e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore a ventimila abitanti, in assenza di un peculiare motivo (enucleabile all’interno delle disposizioni impugnate ovvero nel più ampio sistema in cui esse operano) idoneo ad attribuirne ragionevole giustificazione ed a prescindere dal momento di assunzione delle cariche medesime porta (stante l’assoluta identità di ‘ratio’) alla declaratoria di illegittimità costituzionale della mancata specifica previsione di tale incompatibilità nella norma impugnata”, si legge in sentenza. La carica di sindaco richiede grande sforzo e assoluto impegno, ancor più se si tratta di un grande Comune. Non è pensabile che un incarico di tale portata possa essere adeguatamente compiuto in concomitanza con un’altra ulteriore e rilevante carica, come quella di parlamentare. Perché, in tal caso, le cose sarebbero due: o se ne trascurerebbe una, o si farebbero male entrambe.

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