Significato e criteri della Mostra
Durante la serata di inaugurazione della mostra “Quindici, Molfetta: 20 anni, 200 copertine” nella mia veste di allestitrice, ho rapidamente illustrato il criterio da me applicato per la corretta e gradevole fruizione di una mostra che è composta, oltre che dalle 45 splendide riproduzioni delle vignette di Michelangelo Manente, disegnatore storico di Quindici, anche dalle 10 splendide fotografie riproducenti scorci di Molletta del fotografo attualmente “in carica” per Quindici, Mauro Germinario, da 2 quadri del noto pittore Gaetano Grillo, cui sono state affidate le copertine commemorative del decimo e del ventesimo anno, e infine, corpus vero e proprio della mostra, da ben 93 riproduzioni di copertine che vanno dalle primissime alle ultime, selezionate per rilevanza, e su un formato comodo tanto per la gestibilità, quanto per la visibilità e leggibilità di queste riproduzioni, fattori, questi, rilevanti e atti a consentire il giusto rapporto con gli spazi della Sala dei Templari, unica location possibile per una mostra cosi complessa e articolata. Un ringraziamento speciale va al fotografo Mauro Germinario, che ha fotografato una per una, con uno splendido lavoro di post produzione dei files, tutte le copertine, dalle primissime fino all’avvento del digitale, senza il suo prezioso lavoro, infatti, non avremmo potuto presentare quella quantità di copertine, che, scelte dal direttore stesso, Felice de Sanctis, è d’uopo ricordarlo, sono annoverabili come quasi la metà delle 200 totali. Data la mole di materiale a mia disposizione, non ultimi, gli splendidi manifesti, anch’essi testimoni storico-grafici di tutto rispetto, il mio schema di strutturazione della mostra, si è occupato principalmente di ottenere un risultato di non soffocamento visivo, di percezione gradevole dell’insieme, e di corretta lettura di una poliedricità di dati complessi, dal forte potere evocativo, giocando all’incastro, concettual-spaziale più che con le semplici copertine di un mensile, con una produzione varia e rilevante, correlando il tutto di “legende”, sempre ad opera del direttore, illustranti lo scorrere degli anni e degli avvenimenti salienti in essi; nella mia accezione di un concept volto a dare una lettura sinottica dell’incedere del tempo, tra ali di copertine, ovvero tra le sponde laterali del grande corridoio principale della Sala dei Templari, le più vecchie da un lato e le più recenti dall’altro ma perfettamente “affrontate”, cioè disposte quasi l’une di fronte all’altre, ho disposto e ottenuto un fluire, un “continuum” di immagini piene di sentimenti e ricordi, che si rimandano, si citano, si dispiegano e si raffrontano tra loro, con logica e naturalezza, anche quando, terribili, come le due torri in fiamme del “Word Trade Center” o care, come il Vescovo Don Tonino Bello, e sempre eloquenti e interloquenti, con la memoria collettiva: ed ecco concretizzarsi, da un corridoio all’altro della Sala, una sintesi emozionale che ne equipara il senso visivo e grafico sino a dignità di arte contemporanea, laddove il segno del tempo è un messaggio ed ha la stessa natura del Segno di un artista sulla materia, che ne diviene opera. Una carrellata di esperienze convissute, quindi, per raccontare lo storyboard della mostra, nell’ottica del concept da me pensato ed eseguito per evidenziare il rapporto storico-visivo nel mood, cioè in quell’insieme di sentimenti ed emozioni, emergenti dallo scorrere stesso, di e, attraverso, immagini sempre impattanti. Una mostra al di là del consueto, senza tema di smentita, arte contemporanea dunque, e storia, civiltà: perché attraverso un giornale e le sue immagini, si può avere la lettura immediata, realmente contemporanea, della vita e della evoluzione, di una città cui è dedicato tutto il lavoro di cronaca e di analisi di questa, compiuto in 4 lustri.
Autore: Daniela Calfapietro